Gli sguardi di Valentine de Saint-Point

Nello sguardo dell’Officina dei Corpi Fantastici

Una seducente ragazza bionda, con il camice rosa, introduce V nella sala d’attesa, costituita da una stanza quadrata con il pavimento nero. È completamente avvolta dagli specchi delle pareti. Questi continuamente mutano i colori dei riflessi attraverso le luci, che alterano i contorni degli oggetti presenti. V non riesce a comprendere come possano modificare così velocemente le loro tonalità, anche se gradualmente si stabilizzano sulle variazioni del rosso e dell’azzurro.

Le oscillazioni delle luci entrano gradualmente dentro di lui. Tranquillizzano il suo smarrimento iniziale, fino a farlo sentire a proprio agio in questa atmosfera. Si accorge allora che, al centro del soffitto, c’è un piccolo occhio circolare, da cui entra un fascio di colore bianco acceso. Che s’irradia nella stanza, non essendo soggetto alle variazioni delle luci intorno. Si fissa poi su di lui, seduto su una sedia metallica: come per guardarlo. Questo occhio di luce costituisce una presenza rassicurante per il suo sguardo.

Il dottor Faust XXX entra nella stanza, all’improvviso, dopo un’attesa indecifrabile. È giovane, alto e robusto. I suoi lunghi capelli biondi sono raccolti con un codino. Colpisce l’attenzione di V, quando si siede davanti a lui, la barba che gli incornicia il volto: è totalmente bianca. I suoi occhi tendono a specchiarsi nei suoi, fissandoli attraverso le pupille trasparenti.

“Buon giorno, cosa posso fare per lei”, domanda. Ha una voce che nasconde, seppure attraverso la gentilezza formale, un tono autoritario che indispettisce V.
“Buon giorno dottore. Vorrei che mi costruisse una bambola con il corpo che abbia la morbidezza della pelle umana. Che possa riscaldarsi con il mio contatto. Vorrei anche che abbia il volto e lo sguardo di questa donna…” – esclama -, mentre gli porge un’immagine di Valentine, aggiungendo poco dopo “Vorrei che abbia anche un casco nero di capelli e un corpo slanciato e sinuoso di un’altra donna…”. A questo punto gli propone l’immagine di Valentina, la protagonista del fumetto di Crepax.

Il dottor Faust XXX sorride: “Una bambola di morbido lattice, sensibile al contatto esterno, con l’effige composta da immagini femminili diverse, è una costruzione abbastanza semplice, già realizzabile oggi nel mondo. Non è un’opera meritevole di uscire dall’Officina dei Corpi Fantastici e da me”.

“Sì, ha ragione…” – risponde V fra l’imbarazzato e l’infastidito per il suo persistente tono di sufficienza, che lo induce a chiarire meglio il concetto. “Le sue sembianze riguardano solo l’aspetto esteriore. Ciò che ricerco veramente è che questa bambola possa animarsi con le onde elettromagnetiche del mio desiderio, divenendo colore nell’azione stessa. Io vorrei entrare in relazione spiritica con Valentine, collegandomi a speciali occhiali di attraversamento medianico e galattico. Potrei così attribuire a queste onde infra-sensoriali una possibilità di comunicare con l’aspetto variabile della bambola”.

“Fantastico!” – risponde il dottore, che aggiunge dopo un prolungato silenzio: “Questa opera potrebbe essere costruita nella mia Officina, anzi ne diventerebbe il capolavoro, il suo culmine di ricerca. È lo sguardo inaccessibile che diviene un contatto-gioco. Per realizzare questo lavoro ho però necessità di un super-giocatore addestrato, che non può che essere lei. Anzi non puoi che essere tu, in quanto, se accetterai, non sarebbe più possibile alcuna distanza di ruolo tra di noi. Per tutto ciò non chiedo compensi…”.

“Perché dici – esclama d’istinto V – se accetterai? Se sono venuto qui per chiederti questa bambola che possa vivere in una dimensione altra, dovrei ora accettare qualcosa per la sua realizzazione senza che tu esiga un compenso?”

Il dottore gli risponde: “Ciò che chiedi, come già ti ho detto, non è solo qualcosa che desideri. La sua realizzazione rappresenterebbe anche l’opera massima espressa dall’Officina dei Corpi Fantastici. È la sintesi di un processo che coinvolge molteplici possibilità di contatto: non solo quelle con un essere umano, ma anche con un vissuto che oltrepassa la vita stessa. Se sei venuto a chiedere la sua realizzazione, significa che hai già dentro di te la possibilità di esserne il naturale conduttore. Io ho la possibilità di realizzare il tuo sogno-gioco, ma non saprei poi condurlo. Tu hai bisogno di me, io di te”.

“E allora?” – incalza V.

“Tutto ciò significa che noi, se realizzeremo questo progetto, saremmo legati in maniera indissolubile. Quindi se vuoi ciò, dovrai accettare di appartenere per sempre, e ripeto per sempre, all’Officina dei Corpi Fantastici con la sua eterna e maledetta giovinezza. Tu non dovrai invecchiare mai. Vuoi tutto ciò?”.

V è consapevole che l’esaudimento di questo suo desiderio significherebbe legarsi a una eterna unione con l’Officina dei Corpi Fantastici.
“No, non posso accettare questa dipendenza” – risponde -, guardando le pupille trasparenti del dott. Faust XXX. Queste gli rimandano il rosso e l’azzurro che aveva visto in precedenza fluttuare nell’ambiente.

Il dottore lo congeda dicendogli: “I colori, che ora vedi nelle mie pupille, sono quelli delle tue onde di desiderio che, di volta in volta, proietti fuori di te. Sei sempre tu… L’occhio, da cui usciva il raggio di luce bianca, che ti tranquillizzava, era il mio sguardo che ti spiava attraverso la luce. Tutto quello che vedi è sempre un’apparenza. Esiste solo nel tuo desiderio. Se tu ritornerai in futuro a chiedermi questa bambola con le sue pulsioni extra-sensoriali, io non sarò più disponibile a realizzarla per te. Addio V”.

“Addio dottor Faust XXX! Tu sei ancora soggetto alle seduzioni della condizione umana. Ce la farò da solo. Forse ho cercato solo qualcuno come te per poter rianimare l’Essere Alieno dentro di me. La realizzazione di ciò che desidero è già nelle mie possibilità di visione e di contatto x, oltre le scelte dannate. La maledizione deve essere solo un mezzo per risvegliarci divini e non dipendenti per sempre a un desiderio”. 
V si sente arrogantemente felice di aver potuto affermare questa verità, uscita dalla sua bocca con impeto naturale.