Oriente e occidente, a proposito della Biennale di Chengdu

Se prendere parte all’organizzazione di una Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea rappresenta per un curatore uno dei passaggi professionali più complessi, va detto che una tale iniziativa in Cina introduce ad una serie di nuovi e del tutto inediti passaggi. Giunta alla XII edizione dal 16 luglio al 16 novembre 2023), la Biennale di Chengdu si sviluppa su due monumentali sedi espositivo-museali, il Chengdu Tianfu Art Museum e il Chengdu Museum

of Contempotaty Art. Sono indipendenti per struttura ma collocati in stretta relazione spaziale, La Biennale si misura con una popolazione urbana di oltre venti milioni di abitanti che è ben in grado di intercettare e attrarre, grazie ai caratteri di indipendenza dovuti alla sua posizione geografica sull’asse Pechino/Shangai e lungo lo sviluppo costiero che raggiunge Hong Kong.

La sua collocazione sud-occidentale nella Provincia dello Sichuan, posta all’interno dell’immenso paese asiatico, le ha permesso quell’indipendenza di scelte critico-espositive e un’autonomia operativa riconosciuta trasversalmente dagli artisti e dai collezionisti, dai Direttori dei Museo e delle

Fondazioni private, ma anche dai responsabili delle Case d’Asta ai funzionari del Sistema Art Investments. Una proposta caleidoscopica in cui poter riconoscere valori

internazionalmente consolidati accanto a apporti inediti e che ha suggerito al direttore artistico Lv

Peng (professore al Sichuan Fine Arts Institute, Chongqing) di circoscrivere l’area tematica della Biennale alla Time Gravity, per poi insistere sul confronto e sulla contaminazione tra linguaggi diversi in un’ottica costantemente aperta sul mondo. Il senso della cosiddetta internazionalità ha uno scopo preciso in questo caso: diffondere e fare percepire una città costantemente permeata dallo spirito umano.

 

Da sinistra a destra:  Andrea B. Del Guercio, Marta dell’Angelo, Concetta Modica, Antonio Ievolella, Silvio Cattani

 

Sulla base di questo posizionamento anomalo e imprevedibile, la Biennale di Chengdou aveva già

raccolto nella 39ma edizione del 2021, quindi in pena pandemia, un milione di visitatori. Per la presente edizione

si punta ad oltrepassare i tre milioni di presenze.

Il percorso espositivo si articola attraverso otto sotto-sezioni tematiche in cui la Dimensione del Tempo sembra espandersi tra passato, presente e futuro, contrassegnata da

mirati approfondimenti iconografici e da una serie di definizioni fondate sulla specificità dei materiali di supporto e sull’auto-rappresentatività delle singole tecnologie.

La percezione generale e tutti gli approfondimenti monografici denunciano la volontà curatoriale di

evitare confusione nei ruoli e nelle competenze, cercando in particolare di escludere le diffuse genericità in cui la cultura autoreferenziale dell’arte si dibatte da lungo tempo in Europa.

Significativo appare il dato che degli artisti invitati, circa duecentocinquanta da tutto il mondo, siano

state accuratamente scelte le opere ritenute strettamente utili ai caratteri e ai valori perseguiti

dalla 39ma esposizione e dalle singole sezioni in cui sono state collocate. Le otto aree tematiche vengono

indagate attraverso la presenza di opere che diventano opinioni visive in grado di consentire ai fruitori libere soluzioni interpretative. Questo lavoro di preventiva e severa selezione non pesa negativamente sul processo espositivo. Piuttosto, ha permesso di evitare ripetizioni e di escludere la tentazione di eccessi, volgarità, soluzioni retoriche, per articolare un percorso in cui ogni autore e ogni opera

ha un suo spazio di fruizione indipendente senza escludere il fil rouge che è il Tempo: archeologia in situ, forze incorporate, potenziale, presenza, tempo umano, linea del tempo, tempo geologico, profondità del tempo, tempo cosmico, curvatura del tempo, rapporti sociali, uomo e

tecnologia, natura e uomo, gravità…

Dalla dimensione interna a quella esterna, dal contesto

antropologico a quello analitico, il Tempo è diventato il terreno prezioso dello studio e della ricerca.

I temi indicati dalla Biennale di Chengdu devono essere osservati in quest’ottica, condizionata da

un processo “in regress”, in cui lo sguardo dell’artista volge all’indietro, verso la memoria in quanto materia viva, persistentemente contemporanea, così che anche il futuro non può essere inteso se non come frutto del passato.

1 Lu Peng, A History of China in the 20th Century, Palgrave Macmillan London 2023

 

La presenza degli artisti europei nel contesto espositivo asiatico e specificatamente cinese ha fatto ricordare la dimensione del Tempo la cui natura e sostanza eminentemente classica ha una lunga storia, all’insegna del principio del work in progress, in cui tutti i processi espressivi hanno seguito un percorso dettato dall’accelerazione innovativa e seguito una

successione cronologica al cui interno sono intervenute le costanti contaminazioni tra aree geografico-culturali diverse anche se tra di loro indipendenti. La contaminazione e lo scambio di informazioni tra gli artisti di territori diversi ha sollecitato le trasformazioni e il cambiamento, operando spesso vere e proprie rivoluzioni del gusto e dimostrando di operare per una storia dell’arte strettamente collegata alla dimensione del tempo vissuto da ogni singolo artista. L’intero percorso dei linguaggi visivi ha vissuto epoche di frammentazione dei linguaggi e stagioni di ricompattamento estetico, con diffusioni ora localizzate ora globalizzate.

Sotto la spinta di quel terremoto che fu l’espressionismo tedesco siamo costantemente in rapporto

con il patrimonio esperienziale nella successione delle avanguardie che hanno interrotto questo

procedere sistematico e sostituito la dimensione del work in progress con il work in regress, e suggerito la necessità di invertire il processo creativo e di orientare i sistemi linguistici all’interno delle dinamiche espressive più intime e personali, fino alla sensibilità e alla dimensione psicologica,

e al recupero della sostanza depositata nelle aree tematiche attraverso una corrispondenza emozionale. L’enorme patrimonio accumulatosi in diciannove secoli di storia, vissuto in costante accelerazione, è diventato terreno di indagine e di ripensamento. Tutte le questioni fino ad allora

trattate sul piano storico sono tornate ad essere rilette; l’introspezione è diventata un processo

costantemente perseguito, il volano per una cultura dell’arte universale che annulla definitivamente la separazione tra occidente e oriente, riconsegnando l’analisi critica al contributo espressivo delle singole personalità.

Sa la predominante presenza di artisti cinesi può sembrare un limite, in realtà permette di

vedere raccolte personalità e linee di tendenze, aree di comunicazione sempre più nitidamente

caratterizzate da valori comuni, da un patrimonio iconografico ereditato e rivisitato, tuttora in grado

di agire sulla sensibilità estetica-contemporanea. Il patrimonio contemporaneo cinese si rivela

ormai del tutto indipendente dalla dipendenza da quello occidentale, avendo progressivamente

acquisito una coscienza espressiva nella quale l’esperienza socio-culturale personale si confronta

e si qualifica attraverso il sistema internazionale di comunicazione dell’arte. (Il Museo Irpino di

Avellino ha appena inaugurato la mostra “China. Kaleidoscope of Art”, a cura di A. B. Del Guercio e L.

Zhang articolata su tre sezioni).

Se il tema della calligrafia tradizionale cinese è trattato nell’’opera di Xu Bing, Wang Dongling, nella sezione “Instant Eternity” (curatore Wang Shaoqiang) ci sono i caratteri di una vera e propria scuola in cui antiche e nuove grammatiche coesistono lungo uno sviluppo spaziale che

unisce il quaderno posto sul ripiano di un banco ad immense pareti di carta. Anche la pittura di

paesaggio trova nei dodici metri di Su Xinping, nella sezione Future Archaeology (curatore Wu Hongliang) soluzioni espressive che ne ridisegnano la presenza nell’attualità con risultati importanti. In questa stessa sezione le tracce di uno straordinario patrimonio archeologico affiorano, e in molti casi si avvertono, pur restando nascoste, e spesso si precisano attraverso supporti diversi, dalla costante presenza della cultura della carta al legno alla resina, alla pittura ad olio. È il caso delle piccole sculture di Jiao Xingtao e della frammentazione di Luo Min.

Anche l’esasperazione tecnologia del primo decennio del nuovo secolo, che aveva caratterizzato una significativa parte dell’informazione e contrassegnato i grandi eventi espositivi internazionali, appare nel presente ricondotta a un più corretto equilibrio, manifestando le sue inter-relazioni con la cultura pittorica che a sua volta si presenta rinnovata presso le nuove generazioni. (Il MART di Rovereto ne darà conto a dicembre con una ricca esposizione Global New Painting curata da Lv Peng stesso). Significativa la presenza di Li Yongzheng con un lavoro che trascrive e predispone

la mappatura della condizione umana articolandola tra la cinematografia, la pittura, l’installazione e la scultura.

 

Se la spettacolarità è un dato anticipato dalle dimensioni monumentali dell’architettura museale, di fatto essa si conferma ma al suo interno e solo nelle aree a ridosso delle grandi pareti a vetro proiettate sul Tianfu Art Park, mentre la più gran parte delle opere sono collocate all’;interno di un

tracciato spaziale articolato e mai prevedibile, alternativamente ora ampio ma mai dispersivo, poi

 

con frazioni più intime e raccolte. Queste disarticolazione di forme ha permesso di alternare spazi esclusivamente monografici ad altri in cui le opere vivono quella che potremmo definire una contaminazione abitativa. Lo spazio permette una frequentazione diretta delle opere collocate cosicché anche in presenza di manufatti ingombranti, la fruizione avviene in un clima di familiarità, senza quella dose di alterità che troppo frequentemente nasconde l’inconsistenza culturale; un rischio che Lv Peng conosce perfettamente e che decide di evitare in accordo con lo staff

curatoriale. Gli artisti contemporanei lavorano sempre con una mentalità sperimentale. Tali opere possono facilmente stimolare il pensiero e la partecipazione del pubblico. L’obiettivo dei curatori e degli organizzatori di mostre è come bilanciare lo sperimentale e il rapporto tra la popolarità delle idee artistiche, al fine di raggiungere lo scopo della biennale urbana, di migliorare il livello culturale della città. La Biennale di Chengdu sta lavorando secondo questa strategia (L.Peng).

Il museo della Biennale di Chengdu

In questo clima ho aderito su invito di Lv Peng a partecipare alla progettazione della Biennale di Chengdu ritenendo necessario, come è mia prassi, fare riferimento ad una dimensione aperta dell’arte contemporanea europea ed italiana in specifico caso, con l’obiettivo quindi di evitare il

ripetersi di scelte artistiche prevedibili e ripetitive, condizionate da strategie espositive orientate dal

sistema della comunicazione e del mercato. La ricchezza della cultura artistica internazionale, ad

oriente come occidente, a nord e a sud pel pianeta, esattamente in corrispondenza con la

dimensione complessa del patrimonio storico, è in grado di rivelarsi attraverso un’infinità di autori e nel nostro caso si specifica con coloro che sono qui coinvolti. Ogni artista e ogni opera rappresentano un tassello specifico del panorama globale, un mirato approfondimento di una realtà espressiva

complessa e sfaccettata, testimone imparziale della relazioni tra l’io individuale e la dimensione collettiva; ogni e diverso contributo, dalla pittura alla scultura all’installazione di un manufatto, dal processo di accumulo iconografico alla sua rarefazione analitica, introduce al percorso di fruizione dell’arte esposta, vista sia singolarmente ma anche rapportata al contesto collettivo, e inserita sezione per sezione all’interno della Biennale.

Sulla base ampia di nomi la Biennale ha invitato otto autori rappresentativi di una geografia culturale che copre l’estensione estetica dell’Italia, dal sud al nord, tra Roma e Milano, introducendo all’interno delle sue diverse sezioni,

quei passaggi espressivi la cui dimensione emblematica si fa testimone della contemporaneità europea, evitando luoghi comuni e soluzioni scontate: il Territorio e la Storia, l’ ndividuo e la società, sono i dati su cui si ritrovano collegati Antonio Ievolella – la scultura traccia del tempo

umano, delle sue passioni e dei suoi sacrifici – Silvio Cattani – la dimensione spirituale del colore

nell’architettura – Marta dell’Angelo – l’intelligenza estetica della mano e del corpo – Gabriele Di

Matteo – rileggere a trecentosessanta gradi e scoprire attraverso l’arte l’estensione dei dati presenti

nel pensiero –  Concetta Modica – quando l’opera trae memoria dall’esperienza del fare della Terra

  • Bruno Ceccobelli, Gianfranco Notargiacomo – la forma del suo dipingere produce lo stato di

libertà del colore, la vitalità, la palpitazione e la profondità -, Giovanni Tommasi Ferroni – la

sconfinata passione per la bellezza della pittura e per la sua estesa cultura -, così che di ognuno estrapoliamo uno specifico valore linguistico, un estratto estetico, un tratto narrativo di riflessione, una testimonianza posta in perfetto equilibrio tra il passato e il presente, dalla cui unità nasce la

dimensione contemporanea dell’arte.

Quello che posso aggiungere sul piano della riflessione e del contributo critico, in attesa di poter analizzare anche il Catalogo della Biennale non ancora giunto in Europa, riguarda l’dea che insieme e separatamente gli artisti invitati sono in grado di testimoniare, uno stato dell’arte

contemporanea italiana al cui interno interagiscono questioni tematiche e soluzione espressive che

hanno, pur nella dimensione globale dei linguaggi visivi, alcune specificità e mirate competenze.

Vorrei inquadrare il complesso dei valori in una condizione culturale antropologica, dove intendo che i riferimenti tematici e le soluzioni iconografiche poste a monte di ogni singola opera risultino un humus fertile, pronto a riaffiorare, a tratti manifestandosi in tutta la sua sostanza estetica, a tratti  mimetizzandosi nelle pieghe del manufatto, esplicandosi concettualmente nella processualità: altezza artistica della città determina l’altezza spirituale della città, e il problema fondamentale che la Biennale Urbana deve risolvere è realizzare la civiltà della città nell’era della globalizzazione (L.Peng). Future Archaeology; (curatrice Wu Hongliang ). Chen Yang / Dai Yun / Deng Xiao / Timm Ulrichs /Gabriel Rico / Jiao Xingtao / Jing Xiaolei / Li Chen /Lin Gang / Lu Zhengyuan / Luo Min / Na Buqi / Peng Wei /Giovanni Tommasi Ferroni / Qiu Zhijie / Ren Rong / Shi Hui /Su Xinping / Sun Pujian / Tang Hui / Tang Mingxiu /UFO Media Lab / Wei Kui / Ursula Neugebauer / Xiao Quan /Xiao He / Xu Lei / Xu Yongmin / Adam Sébire / Zhai Yongming /Gianfranco Notargiacomo / Zhang Yongji / Zheng Jiang /Zhong Biao

A Thought in A Gaze (Curator Ji Shaofeng)

Bruno Ceccobelli / Chen Nan / Chen Qi / Chen Shuxia /Deng Jianjin / Ding Yi / Fang Lijun / Fu Zhongwang /Guo Wei / Han Jianyu / Jiang Heng / Li Hui / Liang Yu /Liu Jin'an / Liu Qianyi / Ma Liuming / Matteo Basilé /Meng Luding / Meng Tao / Shen Qin / Shi Lei / Wang Ling /Wang Guangyi / Wang Huanqing / Wang Jiazeng /ei Guangqing / Xie Xiaoze / Xu Wentao / Xue Song /Yang Guoxin / Yang Maoyuan / Yuan Xiaofang / Zhang Lian /Zhao Nengzhi / Zhi Min

Spatial Perception (Curator Zhang Zikang)

Gan Jian / Huang Yishan / Kishio Suga / Jiang Jie /Loris Cecchini / Richard Deacon / Liu Wei / Lu Yang /Shan Fan /

Shao Yinong / Shen Shijing / Shirazeh Houshiary /Steven Holl Architects / Tan Yingjie / TAO Dance Theater /Wang

Gongxin / Wang Xiaosong / Wu Xiaohai / Yan Lei /Zhang Xiaoxue / Zhu Pei / Zhu Xiaodi

Sensing the Unknown (Curator Philipp Ziegler)

AATB / Ani Liu / Fouilloux & Mélodie Mousset /Anna Manankina / Bernd Lintermann & Derek Hauffen /Daniel Canogar / ecoLogicStudio / Guo Cheng /Yunchul Kim / Kerstin Ergenzinger /Christa Sommerer & Larent Mignonneau /Lam Pok Yin / Lin Ke / Liu Chuang / Liu Wa /Marc Lee & Iris Qu Xiaoyu & Shervin Saremi /Michael Bielicky & Kamila B. Richter / Quadrature /aaajiao / Universal Everything / Justine Emard

The sight of the stars make me dream (Van Gogh) (Curator Philip Dodd)

Alicja Kwade / Eduardo Paolozzi / Antony Gormley /Katie Paterson / Liu Xin / Piero Golia / Georges Méliès /Rachel Rose / Stefan Gierowsk / Thomas Ruff /Sean Scully / Hsiao Chin / Aleksandra Mir / John Hoyland Istant Eternity (Curator Wang Shaoqiang) Nam June Paik / David Hockney /He Duoling / Li Huasheng / Maggi Hambling /Pang Maokun / Georg Baselitz /Chun Kwang Young / Sui Jianguo /Wang Dongling / Wang Tiande /Wernher Bouwens / Xu Bing / Xu Liaoyuan /Yuan Yunsheng / Zhang Enli /Zheng Chongbin / Zhou Chunya / Zhu Jinshi

Echoes of the Earth (Curator Yu Ke)

Josef Achrer / Ai Jing / Antonio Ievolella / Chen Wenling /Duan Junhao / Fan Bo / Hans Op de Beeck / He Yunchang / Hong Lei / Concetta Modica / Krista Israel / Larry Fink /Li Han / Li Meng / Liu Yanchen / Mao Tongqiang /Miao Xiaochun / Mou Huan / Jonathas de Andrade /Giovanni Ozzola / Suzan Drummen / Wang Luyan /Silvio Cattani / Xi Jianjun / Xie Ke / Alessandro Cinque /Yin Xiuzhen / Norito Udagawa / Zed Nelson / Zhan Wang /Zhang Xiaogang / Jenny Walsh / Zhou Hoho

Where the Heart Goes (Curator Xiang Liping)

Venerable Master Hsing Yun (Respectfully Invited) /Bertrand Lavier / Cai Yinkun / Che Jianquan / Fu Xiaotong /Fu Bailin / Gabriele Di Matteo / Li Gang / Li Zhenhua /Lin Junting / Lu Pingyuan / Marta Dell'Angelo /Nathalie Djurberg & Hans Berg / SETH / Shi Zhiying /Su Chang / Susan Philipsz / Sun Liang / Wang Chuan /Wang Hui / Yang Jiechang / Yang Sydney /Stanley Wong /Nobuaki Takekawa

Constellations (Curator Jiang Jun)

Chen Qiulin / Chen Xiaoyi / Jeongju Jeong / CoLAB /Gu Zhiyong / He Liping / Hu Renyi / Jin Jiangbo /Kang Haitao / Klaus Merkel / Li Bangyao / Li Shun /Li Yongzheng / Qi Lan / Qiang Guanghao /Wang Zhenghong / Xu Yongcheng / You Dongkun /Yuan Gong / Yuan Xiaotian /Zhang Zengzeng / Zhou Li / Zhou Wei