Il ponte, tra sospiri e non

La prima di copertina del testo Ermeneutica del ponte, titolo in bianco su sfondo blu chiaro.

La globalizzazione sembrava potesse rendere superflua l’idea di ponte. C’era il dubbio che non avessimo più bisogno di quella metafora e forse neanche della struttura fisica di un ponte di reale collegamento. Ad affrontare la lettura di un volume recente dedicato a questo tema, edizioni Mimesis/Ermeneutica, ci conferma invece l’importanza della metafora del ponte, anche oggi in tempi di forti interdipendenze.

L’idea per questo “Ermeneutica del ponte” viene da Silvio Bolognini, intellettuale di lungo corso, professore all’Università Cattolica di Milano e ora professore straordinario di Giurisprudenza e Psicologia all’Università e-Campus. Una ricca schiera di autori dei più diversi campi disciplinari offrono, quasi esaustivamente, elementi di approfondimento, di nuove ottiche speculative, di raccordi tra l’antico e il contemporaneo, di verifica del tema nel rapporto tra globale e locale.

Lo stesso Bolognini, che ne è anche il curatore (l’iniziativa editoriale parte infatti dal CE.DI.S., Centro studi di ricerche sulle politiche del diritto e sviluppo del sistema produttivo dei servizi, da lui diretto presso l’e-Campus), contribuisce con tre saggi: sulle politiche di Life Long Learning, sul rapporto reale-virtuale, su government e governance. Ma già la sua introduzione offre un ventaglio analitico di approccio a questa tematica. Si tratta, infatti, di una sorta di premessa alle varie aree in cui il tema del ponte è stato calato e sviscerato: giuridica, filosofica, antropologico-culturale, estetica e simbolica, artistico-espressiva, economica, pedagogico-educativa, psicologica, socio-politica.

Bolognini sottolinea la vocazione del ponte “ad essere metafora nella funzione creativa e cognitiva”, in relazione al suo vasto background sociologico. Il curatore non manca, certo, di richiamare la semiologia e il valore emblematico del termine pontifex, commentando, con Julius Evola (Gli uomini e le rovine e gli orientamenti) che “evidentemente non si trattava della costruzione di ponti materiali, ma della funzione di stabilire un collegamento – un simbolico ponte – fra il mondo degli uomini e il mondo sovrannaturale”. Insomma, il lettore troverà un appassionante network di richiami letterari (Kafka e il suo racconto ), filosofici (Heidegger), e anche sociologici, giuridici, e altro. Pierre Dalla Vigna indaga “ll ponte dei rinnegati. Mediazione culturale e tradimento” (di particolare interesse il paragrafo intitolato “Traduttori e traditori”).

Tra oriente e occidente si muovono Andrea Scarabelli (a proposito di Julius Evola) e Flavio Caroli (“Il ponte teso nell’era della globalità”, in relazione all’arte). Dalla riflessione semiologica sull’oggi di Carmelo Strano si passa a “Immagine del ponte in Wittgenstein” di Michele Lavazza. Marco Marinacci tratta, in un saggio, del movimento artistico Die Brücke, e, in un altro, della metafora del “ponte lanciato tra generazioni” a proposito del dipinto tizianesco “L’allegoria della prudenza”.

Materiali per una ricerca, dice il sottotitolo del libro. Ma non mancano le occasioni per una lettura interessante, a dispetto del terreno accademico, in quanto vari autori hanno puntato a dar conto di una visione proiettiva in rapporto alle rivoluzioni del nostro tempo. Un esempio è “Attaccamento e disturbi alimentari: un ponte tra il sintomo ed il funzionamento”, tema che ha impegnato Barbara Poletti, Cristina Zarbo, Agostino Brugnera, Luca Pievani, Angelo Compare.