La danza dei nuovi soli del terzo millennio

La danza dei nuovi soli del terzo millennio
Loie Fuller nei suoi veli danzanti

L’assolo nel ‘900 è stato la via maestra per inventare la danza moderna, da Lamentation di Martha Graham ai veli illuminati di Loie Fuller, “la farfalla elettrica”, alla potente Hezentanz di Mary Wigman.

Ricerche per trasmettere poi la propria esperienza di forme e contenuti nuovi ad altri corpi, creando lavori di gruppo con nuove poetiche.

Alla svolta del secolo, però, spesso la forma del solo è stata vista come rinuncia a sfide più grandi.

Oppure, come ripiego per mancanza di mezzi adeguati ad affrontare progetti più ambiziosi.

Oggi, dopo una fase di azzeramento di linguaggi, l’assolo torna a mettere a fuoco l’apertura a inedite vie di esplorazione.

Bellezza, efficacia, fiducia nei mezzi espressivi del corpo in performance tornano adesso prepotentemente in scena con molti artisti di diversi paesi e di diverse generazioni.

L’assolo nella danza: Torino, Milano, Rovereto

A Torino Danza un portfolio di solisti ha fatto l’andatura: Momentum di Cristina Rizzo per Megumi Eda, giapponese, ex ballerina per la rivoltosa Karole Armitage, distilla bellezza ed eleganza interiore, come già al debutto nei luminosi spazi del Lac di Lugano.

En son lieu di Christian Rizzo per Nicolas Fayol ridisegna la break dance con sofisticato minimalismo.

Wo-Man del senegalese Amala Dianor per sé o per una ballerina (man o woman come da titolo) evidenzia come più linguaggi, afro, street, contemporary, si fondono in perfetta armonia, personalizzata, su misura.

A Milano Oltre la canadese Louise Lecavalier, già Musa dei La La La Human Steps e già partner di David Bowie-ballerino, ha presentato Stations.

Louise ha declinato in quattro capitoli la sua splendida danza matura, di 63enne indomita, capace di dosare in proporzioni ideali fluidità, controllo, meditazione e ossessione.

Bellezza e virtuosismo per sempre.

Al festival Oriente Occidente di Rovereto, Carlo Massari ha portato avanti il ciclo Metamorphosis, da Larva a Sapiens, guardando all’istinto animale che alberga nell’essere umano e nella sua imperfezione.

Il “doppio solo” di Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi, impavidi sbandieratori sincroni in grigio al museo MART, sia live sia in video, con Aerea e Silver Veiled, mostra la perfezione di un’intesa di rigore stupefacente, evocando virtuosismi e sportività antichi.

L’assolo nella danza: Firenze, Roma

A Fabbrica Europa di Firenze, il performer ivoriano Oulouy ha incarnato nei modi della danza urbana The very last Northern White Rhino, ideato per lui dall’argentino Gastón Core, ispirato all’osservazione degli ultimi esemplari di rinoceronte bianco sopravvissuti nel caos ambientale che ci sommerge.

Anche Cuba ha proposto intrecci tra danza di strada hip hop e azioni inclusive di rinascita, “scambiandosi la pelle”, nel progetto Juntarte, supportato da COSPE, a cura di Rafael Gonzáles Muñozel, direttore dell’Associazione Hermanos Saíz, e di Cristina Rizzo, con l’apporto di performer LGBTIQ+, fatto molto significativo nella realtà socio-politica della Isla Grande: una collezione di soli da condividere.

A Roma Europa, in arrivo dalla Fondation Cartier, Soa Ratsifandrihana, francese di origine malgascia, già interprete per Anne Teresa De Keersmaeker, in Gr oo ve, gioca con gli spazi vuoti che amplificano il flusso felice e profondo della sua danza.

Al Campania Teatro Festival un solista-rapper, Sly (Sylvère) Johnson, personalità di punta della scena hip hop parigina, dialoga con video e suono, in Echos di Mathilda May, autrice, attrice e regista.

L’assolo nella danza: le novità dall’America

Karole Armitage, la “punk ballerina”, già direttrice della Biennale Danza di Venezia, a Seul ha orchestrato Overstory Ouverture, una collana di soli interconnessi dalla musica a cura di Tod Machover, sul tema della necessità di un nuovo rapporto, risanato, tra umanità e natura.

All’Opéra de Lyon Lucinda Childs ha firmato un solo per Noëllie Conjeaud nella serie Danser encore!, una volta ancora nel solco del suo Dance, capolavoro postmodern creato nel 1979 con musica di Phil Glass e video di Sol LeWitt.

Trajal Harrell ha portato alla Triennale di Milano la nuova fluidità di genere USA in Dancer of the Year, come il premio ricevuto dalla rivista tedesca di punta “Tanz Magazine” nel 2018, diventato il titolo dello spettacolo che lo ha lanciato nel panorama top della post-avant garde.

Performer ardimentoso, Harrell ha incorporato in questo suo solo le danze notturne da club.

Si tratta del voguing e del butoh giapponese. Questo fa del corpo il protagonista di un rito sacrificale, mixando questo e altro in un clima altamente emozionale ed eccitante, eroico e disturbante.

Richard Move, fluido e geniale, già aveva incarnato la divina Martha Graham.

Il coreografo ha chiuso il cerchio dei soli di ieri e di domani, in una performance diventata leggendaria.

Questi assoli innovativi, e consapevoli del presente, sono il crogiuolo di invenzioni fertili a venire.

Essi pescano in danze nate fuori dalla scena o innestate in una diversa visione del teatro e della danza. Tutto questo è il segnale di un’attenzione all’ambiente, ma non solo. Queste performance esprimono le danze di tutti i continenti, di tutte le diversità e di tutte le età. Queste danze imprimono un’energia potente all’invenzione cinetica e interpretativa di corpi diversi dal solito.

Non solo giovani, non solo occidentali, non solo perfetti.

 

Della stessa autrice: Balletti da smontare, La Bella Addormentata

Articolo precedenteNet Animal/ ChatGPT è un dispositivo?
Articolo successivo#Cani
ELISA GUZZO VACCARINO
Laureata in filosofia, ha insegnato storia ed estetica della danza in università italiane e straniere e alla scuola di ballo della Scala di Milano. Si occupa di danza per Quotidiano Nazionale, periodici e riviste specializzate, scrivendo anche libri. Collabora con la Biennale Danza di Venezia e il Premio Carla Fendi di Spoleto. È membro del Consiglio Superiore dello Spettacolo presso il Ministero dei Beni Culturali.