Quelli di Biagio Caravano sono corpi svuotati, ridotti all’osso. Letteralmente. Triennale Teatro ha di recente presentato, nell’ambito del festival Fog, la performance “Human“, lavoro del musicista, performer, danzatore e fondatore – con Michele Di Stefano – del collettivo mk, presente in tutti i principali festival di arti performative italiani e stranieri (Biennale di Venezia, Torino, Usa, Uk).
Il collettivo mk
La parola d’ordine del collettivo mk è contaminazione e Caravano lo applica al meglio in Human, un progetto nel quale l’immersione visiva nei corpi, progetto dell’artista visivo Lorenzo Basili, è mediata dalla percezione uditiva. Le immagini della prima scena, proiettata su un enorme schermo mostrano un cranio (il retro della tenda del palco, il lavoro ha luogo nel retro del palcoscenico, come sempre accade per performance “intime”, con un numero di spettatori limitato – circa 120).
Suono e materia, “Human”
Il commento musicale è pulsante. Le immagini sono radiografie ruotate, mosse, deformate. L’esterno e l’interno di quel cranio sono ripetutamente esibiti da angolazioni diverse e improbabili. L’uomo il suo involucro diventano un gioco caleidoscopico, un ballo forsennato di immagini che si rincorrono, si elidono, ritornano, scompaiono alla velocità del suono elettronico creato in diretta da Caravano.
L’artista è nel centro del palco, la sua silhouette si intravede mentre manovra la consolle. Dietro di lui un bacino umano (radiografica), scomposto, destrutturato, ricomposto e zoomato. Il suono scandisce le fasi del progetto, diviso in sezioni legate dalla presenza/assenza dell’uomo. Ciò che appare è il simulacro di ciò che siamo: privati della confezione, siamo solo formazioni di calcio variamente elaborate, accoppiate, incastrate. Oltre al calcio e altri minerali, l’uomo è la massa gelatinosa degli organi che Caravano mostra con ironia e sarcasmo. Gli organi scappano dalla cornice, si allungano, si accorciano, ricompaiono, colorati.
Dalla materia alle parole
Dal corpo scheletrico alle parole: Caravano inserisce elementi visivi che evocano la creazione e la distruzione. È il caso della “Scena rossa” che, lentamente, con un effetto visivo potente perché lento e ineluttabile (come il destino umano), si tramuta in macchia nera, schermo e pavimento. Poi arrivano le parole che, al ritmo del suono di Caravano, si vedono, si nascondono, occupando sempre più lo schermo, fino a riempirlo: è l’elenco degli elementi ossei e degli organi.
Eccocì là, a tutto schermo, onde sonore, un elenco di parole e poco altro. L’uomo ridotto ai minimi termini, l’uomo ricreato, suono e materia, attraverso la carica immaginifica di Biagio Caravano.