Gioele Dix e la provocazione di Gaber

Giole Dix e la provocazione di Gaber
Gioele Dix, Courtesy Teatro Franco Parenti

Giorgio Gaber e Gioele Dix

La biografia di Gioele Dix sembrerebbe lontana dall’impeto rivoluzionario e pacifista che animava la prosa, la musica e la mimica di Giorgio Gaber.

Gioele Dix inizia la sua storia teatrale con il personaggio “sempre, costantemente incazzato” dell’automobilista. Ricordiamo le sue sagaci, feroci battute nelle quali molti si sono ritrovati. Ad esempio, il guidatore che è guerriero sulla piana di Poppi, monta una quattro ruote anziché a cavallo e usa la lingua tagliente anziché la spada per falciare le teste degli avversari. D’altronde “ne uccide più la lingua che la spada”, dice una credenza popolare.

Gioele Dix e le parole di Giorgio Gaber

Come se andare sulla strada, ieri e oggi, fosse come andare in guerra. E di guerra, di rivoluzione, di tute blu, di architetti che costruiscono case, di politici con la faccia e le mani pulite, pare non esserci più traccia. Il racconto di Dix si ispira ai testi di Gaber/Luporini, testi sempre politici, inequivocabili. Parole musicate o parlate a cui solo Gaber poteva dare un volto, metterci la faccia, la sua, angolosa, ma della persona con gli occhi buoni, votato a risvegliare le coscienze addormentate.

L’ultimo tributo di Gioele Dix a Gaber

Nello spettacolo di Dix “Ma per fortuna che c’era il Gaber”, c’è l’ironia sulla vita reale, sui tic degli italiani: una costante del Giorgio Gaber che calcava i teatri milanesi (il Lirico, oggi a lui intestato o lo Smeraldo scomparso con l’arrivo dei tre piani di Eataly e lì ricordato con le gigantografie dei più importanti concerti).

Il lavoro, in scena fino al 21 maggio al Teatro Franco Parenti – l’ultimo realizzato su Gaber da Gioele Dix a partire dal 2004 – serba molte sorprese. Nel ventennale della morte del Signor G, l’attore milanese David Ottolenghi, in arte Gioele Dix, porta molte novità. Queste traggono origine dalla visione dell’archivio della Fondazione Gaber, dall’apertura dei cassetti”, generosamente concessa a Dix. E il pubblico di Gaber, che Gioele Dix conosce e sa essere Gaber-addicted,  ascolta con curiosità il testo, mai portato sul palco, che parla del figlio di genitori separati, soggiogato dalla fasulla (o vera?) sofferenza del padre che non paga gli alimenti alla moglie.

Così come si appassiona all’inedita canzone d’amore, scritta due volte con necessarie ed opportune modifiche che i tempi richiedevano, nella quale la parola che fa la rima nella prima stesura non c’è. Immaginiamo bene quale sia, e infatti la parola “amore” compare nella seconda versione riveduta e corretta.

Recitare e cantare Gaber

Gioele Dix, in un’epoca nella quale i critici non danno più un giudizio, si merita un plauso. Accompagnato da due musicisti, Silvano Belfiore alle tastiere e Savino Cesario alle chitarre, Dix realizza uno spettacolo che non è un revival. Non è neppure un banale tentativo reinterpretativo che, data l’originale e indiscussa unicità di Gaber, sarebbe stato fallimentare ab-origine.

Si tratta, in realtà, dell’urgenza a recitare e a cantare (pur non essendo un cantante professionista) i testi di Gaber. Le copie vengono sempre un po’ male, ed è per questo che Dix imbocca una strada più difficile. Consapevole della propria distanza da Gaber, si avvicina – più di quanto pensi – ai modi artistici e contenutistici di Gaber. Il risultato è un bellissimo lavoro nel quale Dix trasgredisce il suo abituale stile originale a favore di una maggiore pacatezza interpretativa e di un’ironia non irruenta e aggressiva. Gaber rimane pur sempre uno dei suoi Maestri, ancora oggi.

Ma meno male che c’era il Gaber, di e con Gioele Dix, al pianoforte Silvano Belfiore, alle chitarre Savino Cesario; produzione Giovit/ Centro Teatrale Bresciano. Al Teatro Franco Parenti, Milano, fino al 21 maggio 2023.