Il romanzo
Portare sulla scena il complesso romanzo “Trilogia della città di K.” dell’ungherese Ágotha Kristóf è operazione delicata. Costruito su tre episodi, la trama si fonda sull’asciutto stile della scrittrice la quale, soprattutto nel primo blocco intitolato “Il grande quaderno”, assume il ruolo di cruda e sterile descrittrice dei fatti. La Kristóf si concentra sulle sole e necessarie parole per raccontare una storia che, con pochi dialoghi, prende forma in virtù di frasi brevi e incisive.
Nel secondo blocco intitolato “La prova”, i dialoghi si fanno un po’ più fitti senza mai prevaricare l’impersonale punto di vista del narratore. Ciò consente al lettore di valutare i personaggi e le loro storie con chiarezza e senza libere interpretazioni. Nell’ultimo blocco, “La terza menzogna”, ci si addentra nella verità, il lettore viene accompagnato in una nuova lettura dei fatti. Cambia il modo in cui la trama si è dipanata, ma non l’epilogo. I dialoghi sono più sciolti pur rimanendo confinati al ruolo di comprimari rispetto alla prosa asciutta che racconta solo l’imprescindibile.
Dal romanzo alla scena
La messa in scena del romanzo è la nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, in prima nazionale al Teatro Studio Melato fino al 21 dicembre. L’attrice protagonista, Federica Fracassi, è anche ideatrice del lavoro per la cui realizzazione coinvolge il collettivo Fanny & Alexander.
La Fracassi non lascia mai lo spettatore indifferente: è in grado di passare dalle vesti della scienziata che abbiamo visto nello spettacolo Carbonio (innovativa produzione del Piccolo Teatro di due stagioni fa) ai ruoli multipli del testo della Kristóf. Con a sua lunga ttività nel mondo del teatro l’attrice sceglie di non limitarsi alla sola recitazione e fonda assieme ad altri il Teatro I di Milano, con spettacoli di nicchia e qualità, bloccato poi dalla pandemia.
Il collettivo Fanny & Alexander nasce nel 1992 ad opera di Chiara Lagani e Luigi De Angelis. Potremmo dire un nome un destino: come nel film omonimo di Bergman del 1982, nel quale i protagonisti sono due bambini che nascono da una famiglia di teatranti, la Lagani e De Angelis sono artisti di teatro, però aperti all’innovazione e alla sperimentazione.
Lo spettacolo distilla il meglio della recitazione della Fracassi, l’ottima drammaturgia della Lagani e la regia di De Angeli il quale ha anche curato la messa in scena. Trasferire in teatro un romanzo a episodi è una grande sfida. Il linguaggio della parola scritta è diverso da quella recitata. Quest’ultima si basa su una doppia mediazione, quella drammaturgica e quella interpretativa Ciò implica una sorta di “traduzione” del romanzo che può risultare più o meno chiara, più o meno corrispondente all’originale. Ogni adattamento richiede di compiere delle scelte dalle quali dipende l’esito qualitativo finale.
I tre libri
Nel caso del testo della Kristóf la scelta è stata fortunata: “Il grande diario” è proposto in forma di racconto, come nel testo. Federica Fracassi avanza lentamente dal fondo della scena e si siede sulla sedia accanto allo scrittoio – unici arredi della scena – irriconoscibile. I suoi lunghi capelli rossi sono nascosti da una parrucca scura con frangetta e grandi occhiali tondi su viso. Inizia il suo racconto e le parole che pronuncia sono quelle di una donna straniera, dell’Est diremmo. La somiglianza con l’immagine che la sovrasta, su uno dei tanti monitor che discendono dall’alto, è forte. La donna riprodotta è l’autrice del romanzo, che scompare dal monitor mentre questo risale verso il soffitto e Federica Fracassi inizia a raccontare la storia. A lei, nei panni della scrittrice, è demandato il compito di descrivere i fatti con la stessa fredda concisione che troviamo nel testo originale.
Tempi e spazi
La Fracassi, la Lagani e De Angelis quasi sempre rispettano il testo della Kristóf. “Trilogia della città di K” è un lavoro di precisione sui tempi e sugli spazi. Nel testo nulla è lasciato al caso come accade nella messa in scena realizzata al Piccolo. In un momento della terza parte potrebbero emergere talune fragilità a livello dei dialoghi che sono molto serrati, ma distinti, discinetici, fra due coppie di attori. La conseguenza sarebbe di non riuscire a creare appieno un fluente dialogo incrociato, sia pure fittiziamente. Ma ciò non toglierebbe nulla all’elevata qualità del lavoro.
Dinamismo pluridirezionale
Si comprende che vi è stata una grande preparazione. La ricerca dei piani di lettura del testo, la traduzione su diversi strati linguistici e l’interpretazione, intersecandosi, ha portato a un eccellente risultato. La regia ha scelto parole che si traducono in immagini, ora accompagnate dal sonoro, ora mute. Esse provengono dai molti monitor sospesi e disseminati sul centro del palco del Teatro Studio Melato, un luogo che dà il suo contributo proprio per la sua pianta circolare. Una scelta che conferisce al lavoro un dinamismo pluridirezionale obbligando il pubblico a seguire molti piani visivi (dal vivo e sui monitor). Una scelta che peraltro provoca lo spettatore verso diverse angolazioni e interpretazioni poiché le immagini giocano sulla prospettiva e sulla profondità.
L’eterodirezione
Lo spazio del Teatro Studio Melato amplifica il gioco di luci, ombre e suoni e consente di aggiungere al live le registrazioni che danno consistenza ai personaggi presenti solo virtualmente sui monitor, con particolare efficacia. Il lavoro risulta molto sofisticato anche grazie alla scelta dell’eterodirezione. Niente studio a memoria del copione: gli attori sono dotati di auricolari a cui arriva la propria voce registrata in ordine alle battute e le indicazioni dei movimenti scenici. Una scelta coraggiosa, che richiede capacità attoriali straordinarie. Un esperimento che Fanny & Alexander porta avanti da più di un decennio, in grado di ottenere il completo straniamento dell’attore e la sua compenetrazione nelle parole e nelle azioni del testo. Esso entra nel corpo degli attori e ne fuoriesce attraverso la recitazione, con le parole. L’attore diventa il “corpo delle parole” che è proprio il titolo del programma della stagione 23/24 del Piccolo Teatro.
“Trilogia della città di K.” è un testo bellissimo e crudele sulla menzogna, sulla verità, sul dolore e sulla gioia, reso sulla scena con estrema intelligenza e qualità artistica, a dispetto della durata (circa tre ore compreso un breve intervallo). Ma meno di così era impossibile data la complessità del testo che, forse, è meglio conoscere preventivamente, nonostante ciò tolga la magia della scoperta.
Piccolo Teatro Studio Melato fino al 21 dicembre 2023
Trilogia della città di K.
un progetto di Federica Fracassi e Fanny & Alexander
tratto dal romanzo omonimo di Ágota Kristóf
adattamento e drammaturgia Chiara Lagani
regia, scene, luci, video Luigi De Angelis
costumi Gianluca Sbicca
musiche e sound design Mirto Baliani ed Emanuele Wiltsch Barberio
allestimento multimediale Michele Mescalchin
scultura di scena Nicola Fagnani
con
Federica Fracassi Ágota Kristóf, Clara, Madre vecchia, Madre del sogno
e con (in ordine alfabetico)
Andrea Argentieri Sottoposto, Peter, Joseph l’ortolano, Vecchio curato, Uomo dell’ambasciata, Uomo del sogno, Medico, Disertore, Padre del sogno
Consuelo Battiston Yasmine, Sophie, Signorina dell’albergo, Infermiera, Antonia, Donna incinta
Alessandro Berti Lucas/Claus
Lorenzo Gleijeses Ufficiale, Victor, Michael l’insonne, Klaus
con la partecipazione in video di
gemelli bambini Leone Maria Baiocco
gemelli adolescenti Yari Montemagno
madre Marta Malvestiti
padre Fausto Cabra
nonna Anna Coppola
Libraio/calzolaio Giovanni Franzoni
Labbro Leporino Cloe Romano
Curato Renato Sarti
Ufficiale Mauro Milone
Attendente Alfonso De Vreese
Bambini Vittorio Consoli, Domenico Iodice, Nicolò Latte Bovio
Ragazzi Andrea Bezziccheri, Ion Donà, Edoardo Sabato*
Soldato Lorenzo Vio*
Cugina, infermiera Giada Ciabini*
Madre internata Federica Fracassi
Sarah Nina Romano
Suora Chiara Lagani
e le voci di
Gemelli bambini Vittorio Consoli
Labbro Leporino Virginia Consoli
Fantesca Chiara Lagani
Padre Jasmine Woody Neri
Klaus Renzo Martinelli
Chandra Livia Candiani ha prestato la sua voce al personaggio di Mathias
*allievi del corso Claudia Giannotti della Scuola di Teatro Luca Ronconi del Piccolo Teatro di Milano
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa