La purezza del bianco, Han Kang

La purezza del bianco, Han Kang, Il libro bianco
La locandina della presentazione di "Il libro bianco" di Han Kang, Adelphi Edizioni, 2025

Han Kang, Premio Nobel per la letteratura 2024

La delicatezza di Han Kang ha riempito il Teatro dal Verme di un silenzio intenso. Un premio Nobel per la letteratura, proveniente da un paese così distante sia geograficamente che culturalmente dall’Italia, è riuscito a catturare tutta l’attenzione del pubblico che, lo scorso 5 novembre, partecipava alla presentazione del suo ultimo testo editato in Italia da Adelphi.

Dalla Corea del Sud in Europa

Han Kang, originaria di Gwanjiu, città situata nell’estremo sud della Corea del Sud e caratterizzata da un clima oceanico, porta con sé le atmosfere di estati umide e piovose. Per chi viene da lì, il clima dell’Europa orientale può essere quasi piacevole, almeno fino all’arrivo dell’autunno, quando già alla fine di settembre la neve scende abbondante e copre ogni cosa.

Quel bianco, così avvolgente, diventa per Han Kang il punto di partenza per scrivere qualcosa – sia un saggio, un diario o, come risponde lei stessa al suo editore, “un romanzo” – sul colore che racchiude tutti gli altri: il bianco, simbolo di purezza, dei dolcetti di riso, dei piccoli indumenti portafortuna, delle farfalle e della nebbia.

Varsavia, Han Kang e la nascita di “Il libro bianco”

Nel 2014 Han Kang accetta l’invito della sua traduttrice polacca e partecipa a un programma di residenza per scrittori a Varsavia, organizzato dalla Facoltà di Studi Orientali dell’Università e sostenuto dall’Arts Council Korea.

Inizia così una nuova quotidianità con il figlio tredicenne. Affitta un appartamento, lo iscrive a una scuola internazionale e si immerge nell’atmosfera di Varsavia, città ricostruita sulle macerie della guerra, dove il vecchio e il nuovo ancora dialogano nelle crepe degli edifici. In questa nuova vita, Han Kang trova finalmente un momento di pace dopo la fatica della scrittura di “Atti umani”. Ed è proprio qui, in questo luogo lontano, che prende forma il cuore del libro pubblicato oggi da Adelphi: “Il libro bianco”.

Il colore bianco

A prima vista, il senso di quest’opera così diversa dai romanzi precedenti non appare subito chiaro. La storia e il suo significato affiorano lentamente, spesso attraverso ciò che non viene detto, fino a quando, per contrasto, emerge con forza il pensiero rivolto a una sorella maggiore vissuta solo poche ore. La scrittrice ripercorre la nascita prematura di questa sorella mai conosciuta: la piccola, appena venuta al mondo, viene avvolta in fasce bianche, protetta dal freddo e dall’ignoto, mentre l’odore della madre e il bianco delle fasce diventano per lei l’unico conforto, come i dolcetti di riso della tradizione coreana.

Questa sorella, mai conosciuta ma sempre presente, rappresenta un peso per l’anima della scrittrice, che esprime con delicatezza la gratitudine per la propria vita che si muove costantemente tra presenza e perdita. In coreano, il termine “Huyn” indica questo particolare bianco, l’intreccio tra vita e morte, diverso dal bianco candido dello zucchero filato (“Hayan”). Diventa così il vero oggetto della sua narrazione: “Se tu fossi ancora viva, io non starei vivendo questa vita” (“Il libro bianco”, p.135).

Per Han Kang, il bianco rappresenta quel confine invisibile tra passato e futuro, una soglia che ci invita ad accettare ciò che verrà senza poterlo rifiutare.

Il libro, costruito con brevi paragrafi che sembrano riflessioni legate da un filo sottile, si avvicina più a una raccolta di preghiere che a un romanzo tradizionale. Nelle pagine del testo, la purezza delle parole diventa uno strumento di riconciliazione e di ricerca di pace interiore, permettendo all’autrice di fare i conti con se stessa.

Han Kang, 흰 (Bianco), 2016, pubblicato in Italia con il titolo Il libro bianco, Edizioni Adelphi, 2025