Bergman, “Scene da un matrimonio”
Più di cinquanta anni fa Ingman Bergman portava sul piccolo schermo del secondo canale della televisione svedese il suo “Scene da un matrimonio”, lavoro antesignano delle serie televisive odierne.
Andava in onda l’11 aprile 1973 con il primo di sei appuntamenti. Una coppia, Marianne (Liv Ullmann) e Johan (Erland Josephson) dialogano attorno al proprio vissuto comune. Per ogni puntata un’ambientazione diversa e nuove questioni che emergono intorno al loro rapporto di coppia. Il registro di Bergman, minimalista nella scenografia ed essenziale nella sceneggiatura, vuole avviare il dibattito pubblico intorno al rapporto di coppia e all’istituzione del matrimonio.
Il matrimonio, fenomeno sociale
È la parola ad avere il ruolo principale mediata dalle figure dell’uomo e della donna che sono gli strumenti per la descrizione del matrimonio, una sorta di metafenomeno. La lingua copre ogni altro dettaglio stilistico. Le scene sono uno sfondo incolore, i costumi non aggiungono alcun elemento estetico. L’estetica è limitata al linguaggio e il fine ultimo è scorgere – nella disillusione dell’eternità del desiderio – la vera forza del rapporto a due: l’amore.
Da Bergman a Vogel
Bergman assume il piccolo schermo come finestra dalla quale guardare il mondo. Ma il lavoro, nato per il teatro, non manca di richiamare la sua origine. A richiamare il teatro, adesso, è Raphael Tobia Vogel che ripropone il difficile lavoro bergamiano al Teatro Franco Parenti con l’adattamento teatrale di Alessandro d’Alatri e le scene di Nicolas Bovey.
Due attori in scena: Sara Lazzaro e Fausto Cabra. Una scenografia scarna, secondo la tradizione di Bergman, con arredi semplici e funzionali tipici della tradizione nordica. La scena rappresenta un interno, la casa dei protagonisti, una scatola chiusa che incornicia il palcoscenico metaforicamente trasformato nel luogo claustrofobico nel quale si svolge l’azione. E la casa diventa potente deuteragonista della storia di Marianna e Giovanni, muovendosi ed evolvendosi di pari passo alle trasformazioni interiori che animano Giovanni e Marianna. La vita di questa coppia, apparentemente serena e appagata, è smossa da significativi avvenimenti che aprono ferite mai rimarginate sia nell’uomo che nella donna. Le cicatrici si aprono come le crepe che, sempre più profonde, affiorano dalle pareti della casa.
Sara Lazzaro, Fausto Cabra e la ruvida verità
Lentamente i due scoprono di covare risentimenti reciprocamente, di avere sostituito la propria verità con quella raccontata dall’altro nel tentativo di nascondere le dissonanze fra pensiero e azione. Le identità vere dei due, nascoste sotto il tappeto come la polvere, emergono in un crescendo di odio l’uno verso l’altra sino a raggiungere l’acme in una violenza verbale e fisica. I ruoli dei due si invertono e il soggetto fragile prende il sopravvento mutando le regole del rapporto.
“Scene da un matrimonio”, i protagonisti
Sara Lazzaro è Marianna, madre di Caterina e Eva – che non vedremo mai in scena – e moglie di Giovanni, l’attore Fausto Cabra. La Lazzaro è l’attrice perfetta nel ruolo della dolce e remissiva Marianna, sensibile e attenta, donna ferita che diventa pericolosa quando l’equilibrio del matrimonio vacilla. La Marianna della Lazzaro è l’incarnazione della donna e della moglie che la società borghese ha relegato al ruolo secondario e che lentamente si trasforma in soggetto consapevole.
Fausto Cabra interpreta Giovanni esaltandone i tic dell’uomo in carriera e le qualità di padre e marito affettuoso, ma un po’ “affettato”. È un uomo diviso fra un’occupazione di rilievo nella società e la famiglia, verso la quale mostra una dedizione secondo i codici convenzionali. La regola sociale e la volontà interiore si scontreranno nelle intimità dei due che, con modalità simili ma risultati di crescita personali molto differenti, avranno lo stesso esito, la sconfitta.
La ripetizione reinventata
Il vincolo fra la donna e l’uomo, con o senza il suggello del contratto legale, è indissolubile. Gli anni di condivisione fra Marianna e Giovanni non hanno prodotto solo dissapori celati, hanno anche creato le basi per una profonda conoscenza reciproca, baluardo protettivo per l’una e per l’altro.
L’azione ha luogo nell’arco dei sette anni di separazione fra Marianna e Giovanni, sulla stessa scena che, grazie ad una straordinaria coreografia studiata nei minimi dettagli, è modificata con l’intervento in diretta dei tecnici, i quali cambiano costumi e arredi muovendosi silenziosamente, con grazia, fra gli attori e gli oggetti.
Ognuno dei sette quadri di cui si compone il lavoro è accompagnato da cambi di luci e dalla colonna sonora con solo piano (ispirazione minimalista alla Philip Glass) efficaci e impattanti sul pubblico con la loro (apparente) semplicità. Tutto studiato dalla regia maniacale di Raphael Tobia Vogel che non crea vuoti di scena, non richiede eccessi agli attori neppure nelle scene più crude e comunica al pubblico un messaggio efficace e diretto.
Il lavoro di Vogel, ispirato a Ingmar Bergman e aggiornato anche in ordine allo slang colorito, coglie il significato contemporaneo dell’opera originale conferendole un quid politico che mai deve mancare nel lavoro teatrale.
Una bellissima operazione corale nella quale non si può che dare meriti a tutti, dagli attori che sanno stare nei ruoli e nei ranghi, al regista meticoloso, ai tecnici. E tutti giovani.
Scene da un matrimonio, Teatro Franco Parenti fino al 24 marzo 2024
di Ingmar Bergman
traduzione italiana Piero Monaci
adattamento teatrale Alessandro D’Alatri
regia Raphael Tobia Vogel
con Fausto Cabra e Sara Lazzaro
scene Nicolas Bovey
luci Oscar Frosio
musiche Matteo Ceccarini
costumi Nicoletta Ceccolini
contenuti e montaggio video Luca Condorelli
produzione Teatro Franco Parenti
In accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di Joseph Weinberger Limited, Londra,
per conto della Ingmar Bergman Foundation
© Josef Weinberger Ltd, www.josef-weinberger.com
www.ingmarbergman.se