Charles Ives, 150 years after birth/ The Unanswered Questions, la risposta risiede nel silenzio

Charles Ives indossa il suo onnipresente cappello fedora, circa anni '40. Ph: Courtesy danburymuseum.org

Charles Ives nasce a Danbury, nel Connecticut, 150 fa, e precisamente il 20 ottobre 1874, muore a New York nel 1954. Lo ricordiamo pensando a un suo lavoro capitale in quanto anticipatore della tecnica dodecafonica: The Unanswered Questions (1908). La partitura fu ritrovata solo nel 1930, la prima esecuzione avvenne nel 1951 e fu premiata solo nel 1984.
E’ una delle composizioni più enigmatiche di sempre. Si tratta di una sovrapposizione di tre strati distinti, cioè di tre linee melodiche indipendenti dove ogni una di essa ha il suo proprio tempo e tonalità.

Un insieme di tre piani musicali contrastanti e sovrapposti che richiederebbero tre direttori d’orchestra per ogni uno di loro. Dei quali due di queste linee melodiche sono tonali e una atonale, ma è opportuno notare che nel 1908 siamo distanti dalla Dodecafonia della Scuola di Vienna.

I tre strati totalmente separati sono: l’orchestra d’archi, una tromba, quattro flauti.
L’orchestra suona sempre piano, non c’è mai un crescendo e rappresenta l’indisturbata solitudine del nulla. Si presenta senza alterazioni in chiave, il che fa pensare a una tonalità di do maggiore, ma in realtà l’orchestra suona in sol maggiore. (!)

La tromba pone per sette volte la stessa domanda, non perde mai la pazienza di fronte all’inutile insistenza dei flauti. L’eterno quesito dell’esistenza.

I quattro flauti, che assumono ruolo dell’umanità, rappresentano le risposte inadeguate e disperate. Per sei volte tentano di risolvere il quesito sbagliando risposta, fino a perdere del tutto il significato. La prova della loro disperazione sta nella graduale accelerazione che va da adagio, andante, allegretto, allegro, allegro molto, presto. E nel loro uscire di sincronizzazione con gli altri strumenti fino ad arrivare ad una desolante rassegnazione.

L’impostazione dei tre estratti dell’orchestra asseconda naturalmente il valore pitagorico del
numero 3, in quanto sintesi del pari e del dispari il che ci fa pensare che il 3 non rappresenti laperfezione. La composizione ascia aperte delle possibilità, non risolve, bensì alimenta l’enigma.

Ma qual’è la domanda? E perché sette volte?
Il 7 è visto da Pitagora come il numero Magistrale, è ingenerato cioè non generato da
moltiplicazioni. I Pitagorici chiamarono il 7 Telesforo, portatore lontano.

Charles Ives era un ammiratore del filosofo R.H. Emerson (1803 – 1882) della corrente
“Trascendentale”, autore del poema “The Sphynx”, il quale affermava che Dio non deve rivelare e neppure rispondere a nessuna verità. Quindi le domande sono incentrate sul perenne quesito dell’esistenza. Ma l’insistenza delle trombe esprime la richiesta continua di un chiarimento.

Le domande di Charles Ives hanno risposte sbagliate, non sono all’altezza della complessità concettuale di un linguaggio volutamente figurabile che doveva affrontare il mistero sublime della creazione. La risposta più appropriata è che talora una domanda può essere migliore di una risposta.