Bellezza, una parola chiave

non corrispondono al reale, il mondo non è retto da ordine e armonia, l’eccedenza è significativa quanto il presupposto di totalità che la logica invoca.

Si possono per Gödel dare persino proposizioni di forma aritmetica semplice vere ma indimostrabili nel sistema. La coerenza non risolve la verità. Questione di non poco conto.

Questo è il terreno nel quale il primato del discreto che era già presente nella riflessione sui paratosi sin dai presocratici, riemerge non per ragioni storico/ evolutive, ma per il collasso che subisce il presupposto totalizzate e universalistico della metafisica. Il digitale non nasce oggi, ma era una opportunità sempre presente, una opzione, rimossa e riemersa con la potenza di ciò che viene da molto, molto lontano.

In sintesi con metafora: il digitale, la tecnologia più invasiva e potente che il mondo abbia mai visto all’opera, ha l’anima (siamo nella metafora, no?) di Dersu Uzala, il piccolo uomo della steppa, senza età, che insegna agli ingegneri a muoversi nella steppa, dove la tecnica finisce per perdersi. Il piccolo uomo che si incontra con la tigre e le parla, forse pensa che la tigre è bellissima, ma non ha alcun bisogno di raccontarlo a nessuno.

Liberarsi dagli universali è sempre possibile e non serve affatto dimenticare come si “conta” e“misura” il mondo e le sue cose e non significa affatto liberarsi di ciò che ognuno di noi trova bello. Significa non farne una foglia di fico, una idolatria.

Significa riconoscere che il sorriso che nasce quando si guarda una persona che si ama ha una profondità che nessun idolo sa offrirci, stando dalla parte del discreto, cioè delle singolarità, riducendo per quanto possibile la presunzione di ciò che trascende, sapendo che i linguaggi, compresi i linguaggi informatici, non corrispondono immediatamente al mondo e alle sue possibilità, aprendo così, proprio nel rapporto tra le parole e le cose e tra noi e gli altri, lo spazio possibile di libertà.

Il digitale non è altro da ciò che siamo, è tecnologia come biologia e biologia come tecnologia, nell’inevitabile orizzonte di ciò che chiamiamo umanità.

La prossima parola? Forse Caos.