Speciale Ucraina/ Il fallimento dello spirito di Yalta

Ucraina, il fallimento dello spirito di Yalta
Di TUBS - Opera propria Crimea in Ukraine.svg (di TUBS), CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19908297

Una guerra che porti Mosca ad annettersi l’Ucraina orientale è possibile. È invece improbabile che rinasca la logica della divisione dell’Europa e del mondo in zone d’influenza superata dalla storia.

Ucraina, la logica bipolare non governa più le relazioni internazionali all’inizio del terzo Millennio

La situazione ai confini fra Russia e Ucraina non è soltanto una crisi politica e militare che investe l’Europa dell’Est. Purtroppo è anche un tentativo fallimentare di far riemergere quello spirito di Yalta che si è estinto con il crollo dell’Urss. Sono passati quasi 80 anni da quella storica conferenza in cui si diede per scontato che il mondo, e soprattutto l’Europa, sarebbero stati divisi in due zone di influenza: quella occidentale, capitalistica e liberale, egemonizzata dagli Usa, e quella comunista, egualitarista e dittatoriale guidata da Mosca.

Le nazioni che si collocavano in tali aree avrebbero goduto di una sovranità limitata. E così è stato. Con il crollo dell’Urss i Paesi europei che avevano subito la sua egemonia hanno rivendicato e ottenuto la propria indipendenza e una piena sovranità. Altri, e cioè la Bielorussia e l’Ucraina, più legate a Mosca per ragioni storiche, linguistiche, religiose e antropologiche, hanno incontrato difficoltà nel definire la propria posizione.

Ucraina, l’Unione Europea non è pronta a un allargamento troppo costoso

L’Ucraina ha voltato decisamente le spalle al Cremlino sperando di essere accolta in un’Unione Europea favorevole a parole, ma molto renitente nei fatti. In passato l’allargamento dell’Ue ha avuto costi enormi a causa delle sovvenzioni di cui i Paesi ex comunisti avevano bisogno per avvicinarsi al tenore di vita dell’Ovest.

Ed è stato, ed è, ancora più difficile, forse, convincerli a rispettare alcuni principi base delle democrazie, come l’indipendenza della magistratura, l’accettazione del dissenso, la libera espressione, la gestione dell’immigrazione, etc. Secondo la pianificazione messa nero su bianco dai trattati, Kiev potrebbe far parte dell’Ue solo a partire dal 2030. Nei prossimi anni il Paese dovrebbe combattere la corruzione che regna incontrastata nelle sue istituzioni, impegnarsi contro la criminalità, darsi un sistema giudiziario efficiente, etc.

Mosca teme il contagio democratico nelle piazze russe

Ma a Mosca la leadership di Putin ha scelto la linea dura, forse approfittando della disunione di cui soffre l’Ue e della sua dipendenza energetica. Probabilmente anche un altro potente fattore determina le scelte dello zar Vladimir. La libertà e la democrazia sono contagiose e affascinanti e attraggono in maniera sempre più massiccia i giovani che mai hanno visto il comunismo.

A Kiev si può protestare in piazza e a Minsk, la capitale della Bielorussia, Lukashenko, il più fedele alleato di Mosca, ha dovuto fronteggiare manifestazioni di massa. Per non parlare di quello che è successo in Kazakistan, dove si è reso necessario l’intervento dell’esercito russo per riportare la calma. Putin ha dichiarato che le democrazie hanno fallito, ma dalle sue iniziative si deduce che ne teme fortemente la diffusione. Le restrizioni di quelle poche libertà che esistevano in Russia gli permettono di mantenere un consenso fittizio, e probabilmente ritiene che tale sistema possa funzionare in quelli che una volta si chiamavano Stati satelliti.

La guerra fredda ha perduto la sua ragione ideologica e per tale ragione non può rivivere

In sintesi. Sembra rinascere la vecchia contrapposizione ideologica della guerra fredda, ma con una radicale differenza. Oggi la cultura viaggia sulle ali di internet ed è molto difficile indottrinare i cittadini senza essere ostacolati da molteplici fonti di controinformazione che nascono un po’ dappertutto.

Il vero pericolo per il Cremlino non è la Nato, che solo in un film di fantascienza potrebbe attaccare la Russia. Putin teme molto di più un’Ucraina democratica, benché russofona e ortodossa, che dimostri l’esistenza di una possibile alternativa all’autoritarismo postsovietico. Inoltre, per quanto si possa denigrare l’”occidentalismo”, il modello di vita più apprezzato dai popoli dell’Est è quello che è penetrato in varie forme nei modi di vita, nella mentalità e nelle abitudini importate dall’Ovest e influisce profondamente nella mentalità giovanile. Il nazionalismo esasperato, l’esaltazione della forza delle armi entusiasmano solo generazioni ormai mature, molto di meno i nati nel terzo millennio. Anche perché non c’è più un’ideologia da difendere contro l’imperialismo capitalistico.