Un Grand Hotel per Eugenio Scalfari

“Repubblica” come un Casinò (“ò” non “o”)

“Davvero il Casinò somiglia all’impaginazione di quel giornale che nel 1976 portò la vignetta di Forattini in prima pagina, affiancò ai testi le illustrazioni, le fotografie e i disegni, trattò gli spettacoli e la cultura come la politica, impose una scrittura alta ma divertente e divertita, tutto mescolando e dosando”.

L’economia tra Schumpeter e Keynes

Il primo è stato un magistrale studioso dei “cicli economici”, ancora di più per la nozione di “innovazione” che, mentre nei paesi di cultura araba e coranica è bit ‘a, un’eresia patente o azzardo pericoloso, per altri è alimento di crisi e, quindi, stato normale dell’economia e non solo dell’economia, “potenza dinamica del ciclo produttivo”. Il secondo è il teorico, fra l’altro, dell’effetto moltiplicatore della spesa pubblica in funzione anticiclica e animatore dell’inflazione irrispettosa dell’egoismo monetario della finanza che, in assenza di controllo, nel lungo periodo crea morti e pezzenti. E qui viene in soccorso l’esperienza, paterna e sua, del casinò “l’unico spazio dove il denaro non valeva nulla, perché nessun giocatore, tranne il baro, gioca per esso [e qui sembra voglia dare del baro al banchiere o all’avventuriero di Borsa], ma sempre gioca per il gioco, che anzi è la sola occasione dove il denaro viene offeso: già all’ingresso, il giocatore se ne libera e lo scambia in fiches”. La verità non esiste, è heisenberghianamente indeterminata, come i fatti che non sono separabili dalle opinioni, in quanto essi “sono tali come li vede un giornalista. Sono già influenzati dal suo punto di vista, dalle sue origini”. Sarebbero eventi insensati se non dopo essersi intrisi di teoria, messi in piedi dal soggetto che li narra, se li narra.

La bigamia con Serena e Simonetta è stata la soluzione di un lutto elaborato, quello della morte nel marzo del 1972 di Pietro, il padre: “Fu in quell’istante che divenni bigamo”. Un grande dolore da scacciare, da cui distrarsi con una grande scelta.

E poi venne il giorno di “Repubblica” con mille personaggi straordinari da Agnelli a Montanelli a Cefis a Gassman e così chiudo, salutando la vecchiaia dei novantenni. Vittorio Gassman alla domanda di Scalfari se la vecchiaia recasse in sé qualche pungente senso di colpa, rispose sostenendo che la scomparsa di ogni rimorso era il segnale che la vecchiaia è cominciata. “Fu il lampo creativo e provocatore di un grande attore”.