Claudio Longhi e il capolavoro “Ho paura torero” di Pedro Lemebel

Claudio Longhi e il capolavoro
ph © Masiar Pasquali, courtesy Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa

L’opera di Pedro Lemebel (1956-2015) è strettamente legata al periodo storico del Paese nel quale è nato e vissuto, il Cile. La biografia dell’autore è cruciale per le implicazioni culturali, sociali e politiche che hanno fatto di Lemebel ciò che è stato ed è ancora, un artista totale, non riconducibile a precisi canoni. Poeta, narratore, teatrante, performer, usa il suo corpo e la sua voce (è autore “Di perle e cicatrici”, raccolta di settanta cronache urbane, scritte per Radio Tierra).  Sono cronache degli anni Novanta che descrivono le ferite del Cile post-dittatura. Tutte e settanta andate in onda e ancora disponibili in rete.

Pedro nasce in una bidonville di Santiago da una famiglia di sostenitori di Salvador Allende. Presidente del Cile è Carlos Ibáñez del Campo, rappresentante del Partido Agrario Laborista, che termina il suo mandato senza risolvere i gravi problemi economici del Paese. Il Cile, sino alla fine degli anni Sessanta, si pone l’obiettivo di arginare il potere delle destre e nel 1970 Salvador Allende arriva alla Presidenza.

La storia di un Paese

Le interferenze americane, da sempre e ovunque tese a contrastare l’avanzata del comunismo, creano le condizioni adatte per un sovvertimento del potere. Così, nel settembre 1973, il generale Augusto Pinochet, capo di Stato Maggiore, mette in atto il suo golpe. Il Cile è scosso da disordini sociali con scioperi e manifestazioni. Siamo all’11 settembre: la Moneda è assediata e Allende, al suo interno, si suicida. È l’inizio della dittatura militare. Santiago è una grande città retta da un regime fortemente conservatore. L’inasprirsi delle disuguaglianze fomenta la crescita di movimenti dissidenti e le voci che si alzano contro il regime sono molte. La risposta dei militari è attuare pratiche disumane, sotterranee, tanto da rendere qualunque azione un atto di eroismo.

Gli studi e l’impegno politico

Pedro Lemebel, nonostante le umili origini, studia. Frequenta l’università e insegna nelle scuole del regime, attività che è costretto ad abbandonare a causa della sua chiara omosessualità, non tollerata dal sistema di Pinochet. Questo evento lo porta a frequentare ambienti culturali-artistici “dissidenti” e amicizie politicamente marcate, come quella con la scrittrice e poetessa Carmen Berenguer.

Il suo impegno culturale si amplia e inizia a scrivere e pubblicare i suoi testi manifesto con i quali dà voce agli emarginati sociali. Famosi Manifeste ou Hablo por mi diferencia. Pedro Lemebel da qui in avanti prende posizioni precise in campo sociale e politico attraverso azioni politico-artistiche, fulcro della sua opera per tutta la vita.

 “Ho paura torero”, dal testo di Lemebel alla scena

Nel 2001 scrive il suo unico romanzo “Ho paura torero” che Claudio Longhi mette in scena al suo Piccolo Teatro – Teatro d’Europa, con la complice, oltre che amichevole, responsabilità di Lino Guanciale. L’attore infatti ha un ruolo che va oltre quello del protagonista della storia di Lemebel, della quale è anche dramaturg.

Il testo del cileno non è stato adattato per ottenerne una riduzione teatrale. Longhi e Guanciale hanno preferito dare vita a un testo autonomo, per il teatro, avvalendosi del contributo di Alejandro Tantanian, sulla base del testo originale. La scrittura di Lemebel, molto interessante perché fluida, semplice ma al contempo ricca di parole, trasforma plasticamente il significato di ogni frase in qualcosa di pluridimensionale. Le parole sono scelte con tale perizia e precisione da assumere una forma che sollecita tutti i sensi.

Ironia e leggerezza

L’ironia con la quale Lemebel ha vissuto per tutta la vita è palpabile nel testo e Claudio Longhi è riuscito perfettamente svilupparla nella sua messa in scena che ha il pregio di ripercorrere senza censure la storia della Fata dell’Angolo; inoltre, restituisce, in uno spazio piccolo come quello del Teatro Grassi, i luoghi e i tempi descritti da Lemebel. La città di Santiago, protagonista silenziosa,  è presente nei murales che decorano parte delle pareti del Grassi. La si rivede nelle brevi e incisive immagini d’archivio che scorrono – mai invadenti – sul fondo del palcoscenico.

Santiago, la città

Santiago è raccontata attraverso Carlos (interpretato da Francesco Centorame) militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez ma anche dalle figure che ruotano attorno alla Fata dell’Angolo, come il bellissimo personaggio della Lupe (il bravo Daniele Cavone Felicioni) assieme alle altre amiche di travestiti. I luoghi di Lemebel sono anche raccontati attraverso i viaggi in auto verso il mare o i festeggiamenti di compleanno. Santiago e il Cile sono anche rappresentati con i colori che Claudio Longhi ha voluto dare a Augusto José Ramón Pinochet Ugarte e a sua moglie Doña Lucia, due sciocchi e irresponsabili personaggi che contrastano con la povera gente cilena che vive di nulla, di espedienti, nelle polverose periferie.

Posizioni nette

Longhi e Guanciale non scendono a compromessi: Longhi è impietoso nello stabilire una netta cesura fra i personaggi principali (la Fata e le sue vecchie ed affezionate amiche travestite, Carlos e i suoi colleghi rivoluzionari) e quelli di contorno (Pinochet, sua moglie e i suoi accoliti). Il regista, seguendo il racconto di Lemebel, traccia i segni chiari del carattere delle dittature. Longhi, sostenuto dalle grandi capacità di Arianna Scommegna nel ruolo di Doña Lucia e di Mario Pirrello in quello del generale Pinochet, tratteggia i caratteri del potere con vividi colori macchiettistici e assume una posizione trasparente rispetto ai regimi.

Una splendida Fata dell’Angolo

Claudio Longhi e il capolavoro "Ho paura torero" di Pedro Lemebel
ph © Masiar Pasquali, courtesy Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

Lino Guanciale è la Fata dell’Angolo, in un’interpretazione misurata e ironica. Uscita dalle parole di Lemebel, la protagonista sembra farsi carne e sentimento nell’attore. Guanciale è privo di eccessi, sempre contenuto nei limiti indicati dall’autore cileno. Perfetto, con i suoi occhi languidi e azzurri, con le delicate movenze, con la “teatralità decorativa” che Lemebel assegna alla “checca più tonta del mondo”. L’attore è quell’essere dietro al quale si nasconde un corpo che, lontano dai rigidi inquadramenti che la genetica gli ha destinato, rompe lo schema e porta Carlos con sé alla ricerca del “desiderio alato e impossibile”.

Claudio Longhi è alla sua prima regia al Piccolo Teatro, da quando ne è diventato direttore artistico. Il debutto avviene con un testo intimo e profondamente politico. Il regista segue un sentiero preciso, quello che sin dall’inizio connota la sua direzione: il teatro come atto politico, oltre che culturale, come già dimostrato con i progetti-denuncia di Christiane Jatahy, ospite del Piccolo Teatro nelle scorse stagioni.

Sono atti coraggiosi, necessari, a futura memoria.

Ho paura torero di Pedro Lemebel
traduzione di M.L. Cortaldo e Giuseppe Mainolfi
trasposizione teatrale Alejandro Tantanian
regia Claudio Longhi
scene Guia Buzzi
costumi Gianluca Sbicca
luci Max Mugnai
visual design Riccardo Frati
travestimenti musicali a cura di Davide Fasulo
dramaturg Lino Guanciale
assistente alla regia Giulia Sangiorgio
con Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, Lino Guanciale, Diana Manea, Mario Pirrello, Arianna Scommegna, Giulia Trivero
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. Fino all’11 febbraio 2024