“L’eterno marito” di Dostoevskij al Parenti

ph Courtesy Teatro Franco Parenti

Fëodor Dostoevskij e “L’eterno marito”

Fëodor Dostoevskij (1821-1881) è stato uno dei caposaldi della letteratura russa ottocentesca. Egli non solo ha descritto la società del suo tempo con i tratti irriverenti del lucido osservatore, ma ha scavato nell’animo umano imprimendo ai suoi personaggi specifiche caratterizzazioni psicologiche. Dalla sua penna sono uscite figure come quella del principe Myskin, protagonista de “L’idiota” (tutto fuorché sciocco) e Stepan Trofimovič Verchovenskij, il padre pieno di colpe de “I demoni”.

Nel 1868 Dostoevskij riceve dall’amico Apollon Nikolaevič Majkov la richiesta di inserirlo nella lista dei collaboratori della nascente rivista “Zarja”. Lo scrittore, isolatosi dopo la morte della figlioletta Sof’ja e in difficoltà economiche, accetta di scrivere un breve testo che affronta fra la conclusione de “L’idiota” e l’inizio de “I demoni”. Nel 1869, in soli tre mesi, compone  così “L’eterno marito”, un racconto di undici fogli a stampa.

Il triangolo amoroso è smontato

La storia trae origine da fatti avvenuti: un triangolo amoroso, attribuito a personaggi realmente vissuti nel periodo siberiano di Dostoevskij. Il soggetto è tipico della letteratura ottocentesca e lo scrittore attinge a Molière, a Turgenev e, naturalmente, a Flaubert. Ma l’analisi del triangolo, tipico della società borghese del tempo, viene smontato da Dostoevskij che fa scomparire uno dei tre personaggi, quello dell’adultera. La visione del russo cambia completamente: nell’ “L’eterno marito” la perdita dell’oggetto del male (il soggetto adultero) fa emergere il male assoluto, il male metafisico, quello che, opposto all’essere (al Bene), si sostanzia nel non-essere (da qui l’assenza dell’adultera).

Gli intrecci amorosi, un canone tipico dei suoi scritti, mutano radicalmente e non sono più descritti in forma esplicita. Nel racconto “L’eterno marito” i legami si scoprono lentamente attraverso la destrutturazione del rapporto a tre. I personaggi sono introdotti prima che il loro rapporto si palesi, arrivando persino a eliderne uno dei tre, quello da cui si origina il male che vive negli altri due.

L’adultera non fa parte del racconto se non nei sogni, che nelle mani di Dostoevskij sono capolavori di scrittura, o come spettro o nella veste di un’ombra. Nonostante il cambio di passo, Dostoevskij rimane fedele alla sua scrittura nello sviluppo della storia: si tratta di una tragedia – come l’intera vita umana – nella quale non mancano elementi comici e la struttura circolare.

“L’eterno marito” in scena al Teatro Franco Parenti

Il Teatro Franco Parenti presenta un libero adattamento di “L’eterno marito” firmato da Davide Carnevali, un lavoro che riesce a creare le ambiguità di Dostoevskij, con l’aiuto delle ingegnose trovate di regia ben studiate da Claudio Autelli.

Come nel testo del russo, il personaggio femminile dell’adultera non c’è, ma è presente con le suggestioni create dal regista. I sogni, i chiari, i neri, i cambi di posizione degli interpreti sul palco (i magnifici Ciro Masella e Francesco Villano), lo studio delle luci e degli ambienti, nonostante il ristretto spazio del palco. Persino le zone più laterali e il retro del palcoscenico sono spazi dai quali Autelli ricava i luoghi nei quali si svolgono azioni incisive, attraverso giochi di luci, ombre, immagini.

Adattamento contemporaneo, personaggi nella tradizione di Dostoevskij

La contemporaneità è garantita dalla scrittura di Carnevali, attuale e fresca. I personaggi, Aleksej Ivanovič Vel’čaninov (Francesco Villano) – ipocondriaco quarantenne ottocentesco, amante di molte donne, che svolge affari legali, posto ai margini dell’alta società – e Pavel Pavlovič Trusockij (Ciro Masella) – l’uomo con il cappello e il crespo nero del lutto, marito tradito della defunta Natal’ja Vasil’evna – sono uomini del nostro secolo. Essi parlano il nostro gergo, persino con inflessioni dialettali. Sono, però, personaggi che possiedono le stesse tensioni interne di quelli di Dostoevskij: l’ansia di chi guarda alle proprie deplorevoli azioni del passato e spera in una redenzione, l’irrequietezza di chi desidera un riscatto e si scoprirà essere un crudele manipolatore.

La regia di Claudio Autelli introduce il meccanismo di introiezione dell’interprete nel personaggio, tanto che spesso si crea confusione fra i due e, nei dialoghi, i nomi dei personaggi sono sostituiti da quelli degli attori.

Passato e presente si intrecciano su una scena con pochi ma essenziali arredi, dietro ai quali una quinta funge da schermo sul quale sono proiettate le immagini riprese da una telecamera, spostata dagli attori. In questo modo, quando il pubblico non vede gli attori sulla scena assiste alla ripresa di essi mentre recitano dietro quella quinta.

La scena, dunque, si amplia e l’effetto finale è l’aggiunta di una felice contaminazione fra generi, che nel teatro è sempre più efficace perché rappresenta, per molti, una novità visiva. L’azione si muove fra più piani, gli attori appaiono e scompaiono, dal palco allo schermo e viceversa, conferendo movimento al lavoro.

Autelli inserisce qualcosa in più, ben presente nelle messe in scena tradizionali, facendo anche muovere gli attori fra la platea, dove hanno luogo alcune brevi azioni. Una soluzione che sorprende il pubblico ma che può indebolire la tensione scenica e narrativa.

Un racconto poco conosciuto, “L’eterno marito”

La scelta di questa pagina poco conosciuta di Dostoevskij merita di essere letta come Carnevali l’ha scritta e Autelli l’ha diretta: i grandi della letteratura devono essere diffusi anche fra le giovani generazioni, con un linguaggio semplice, diretto, attraverso lavori dinamici e interpreti, come Francesco Villano e Ciro Masella, poliedrici, preparati e meritatamente premiati dalla critica e dal pubblico.

L’eterno marito – Teatro Franco Parenti, fino al 18 febbraio 2024

da Fëdor Dostoevskij
libero adattamento Davide Carnevali
regia Claudio Autelli
con Ciro Masella e Francesco Villano
in video Sofija Zobina e Lia Fedetto
scene Maddalena Oriani
disegno luci Omar Scala
musiche originali e sound design Gianluca Agostini
costumi Margherita Platé
film-making Alberto Sansone
responsabile tecnico Emanuele Cavalcanti
assistente alla regia Valeria Fornoni
organizzazione Daniele Filosi e Dalila Sena
ufficio stampa Cristina Pileggi
produzione Teatro Franco Parenti / LAB121 / TrentoSpettacoli
con il sostegno di
NEXT laboratorio delle idee per la produzione e programmazione dello spettacolo lombardo,
edizione 2022/2023 | Regione Lombardia
Fondazione Caritro | Provincia Autonoma di Trento
Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento