Testimonianze per Germano Celant

Una Povertà per la ricchezza del biologico e dell’essere umano 

MARILENA VITA

Figura centrale nel mondo dell’arte, Germano Celant, da sempre associato al concetto di arte povera, che ha reso pubblico in una mostra inaugurata nel 1967 alla Galleria La Bertesca di Genova, dal titolo: ”Arte povera – Im spazio”, con gli  artisti: Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini. 

Una mostra di senso archeologico, metaforicamente espresso nella particolare attenzione ai cosiddetti “materiali poveri”. 

L’utilizzo di carbone, caffè, acciaio e lana non sarà banale sperimentazione di materiali non utilizzati nell’arte, ma allusione alla memoria delle tradizioni di area mediterranea. 

L’arte Povera, sin dai suoi esordi, si è presentata come movimento libero che ha  giocato sul processo del fare, e non cercando di attenersi alle similitudini formali dei colleghi americani. La ricerca dello spazio, fu un’altra caratteristica innovativa che fin dall’inizio  contraddistinse il lavoro dei protagonisti. Un movimento che poteva nascere solo in Italia e da artisti italiani.

Una nuova plasticità prese vita attraverso materiali come il gesso, il bronzo, il vetro, il legno e qualsiasi altra materia che poteva creare una poetica tra l’opera e lo spazio. Celant, ha proposto in quegli anni il ritorno dell’arte a un’essenzialità di materiale e lavoro nel contesto di un’Italia nel mezzo della trasformazione economica.

L’uomo viene prima, e poi il sistema, era così nei tempi antichi”. Oggi, tuttavia, la società afferma di produrre esseri umani preconfezionati e pronti da mangiare “. Così Celant  alla fine degli anni Settanta continuava  a deplorare la mercificazione dell’arte, difendendola  da una condizione lontana dall’essere umano. 

Questo segnò l’inizio della lunga avventura di un movimento che identificò l’arte italiana della seconda metà del XX secolo e contribuì alla sua diffusione internazionale già alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70, con una particolare mostra “Conceptual Art, Arte Povera, Land Art” alla Galleria civica d’Arte moderna a Torino (1970). Il critico da allora curò molti altri eventi, come quello dedicato, nel 1999, al ballerino e coreografo Merce Cunningham che ha girò l’Europa.

Negli anni ’80, Celant continuò a curare mostre sull’Arte Povera all’estero con (“The Knot Arte Povera su PS 1“, New York, 1985; “Del arte povera“, Madrid, 1985),“Identità italiana, Arte in Italia dal 1959 ”(Museo Nazionale di Arte Moderna, Centro Georges Pompidou, Parigi, 1981), “ La metamorfosi italiana, 1943-1968 ”(Museo Solomon R. Guggenheim, New York, 1994) . 

Nel 2011 fece ritorno in Italia dagli Usa, e organizzò “Arte povera 2011”, mostra presentata contemporaneamente in diverse città italiane, otto musei e istituzioni culturali a Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli e Bari.

Con la mostra Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italy 1918-1943 , a Milano nel 2018, presso la Fondazione Prada, metteva in risalto un momento storico artistico ancora tutto da studiare, che partiva dal poema visivo di Marinetti per poi esplorare la ricerca culturale e artistica italiana tra le due guerre.

L’iniziativa consisteva in una stimolante riflessione attraverso l’uso del documento archivistico per rivisitare la creatività in Italia nel bel mezzo del periodo fascista. L’iniziativa era preceduta dalla rievocazione della memorabile mostra storica di Harald Szeemann Quando gli atteggiamenti diventano forma, Berna 1969. Questa rievocazione era stata realizzata da Celant nel 2013, iniziativa della Fondazione Prada, a Venezia.

L’ultima mostra da lui curata, nel 2019, Fondazione Prada a Venezia, era dedicata a Jannis Kounellis (1936-2017), di cui  percorreva i cinquant’anni di attività. 

Non si è trattato di una retrospettiva tradizionale, Germano Celant ha scelto di mostrare in ogni stanza fotografie provenienti da vari archivi, sicché il visitatore poteva seguire come Kounellis avesse trasformato alcune opere nel corso degli anni. 

Una mostra studiata tenendo conto del rapporto tra le opere e la particolare architettura di Ca’Corner della Regina. Ha ipotizzato, infatti, che ogni stanza ci fosse una mostra di Kounellis. 

Il processo di trasformazione nel tempo era testimoniato da un’installazione con il fuoco (Senza titolo,1971) o da Il Muro d’oro, Tragedia civile, 1975). 

Con questa sua ultima mostra, ancora una volta Germano Celant ci ha sorpreso avendo rotto con la tradizione della presentazione cronologica. 

 

Stima e ammirazione

AGOSTINO FERRARI

Pur avendo frequentato poco Germano Celant, ci tengo a dire che ho sempre stimato molto la sua illuminata capacità nel lanciare l’Arte Povera e Concettuale italiana nel mondo.