Logotecnica

busto di Aristotele sulla cover di uno smartphone, politica oggi sulla rubrica Aristotele Digitale di Roberto Masiero

Il digitale, ritorna, riattiva, vive e riconosce la condizione originaria (senza tempo) del logos dove la verità è caso per caso, il discorso non necessariamente si risolve nella ragione e il fare non può che riconoscersi nella propria condizione “poeietica”.

Questo, a dispetto del fatto che molti continuino a pensare, sbagliando impauriti, che esso sia la realizzazione ultima del dominio della tecnica (e della ragione oggettivante) sul mondo.

Consideriamo la parola logos, che secondo alcuni starebbe all’origine della nostra cultura occidentale, come fosse un fossile linguistico, come se analizzassimo i resti di Lucy, un ominide di tre milioni di anni fa. Vi fa specie pensare che Lucy possa essere occidentale o orientale, nera o bianca o di pelle gialla?

Logos, sostantivo, deriva dal verbo lego che significa raccogliere e si pone in due aspetti a) la successione delle cose e la loro ripetitività e b) il giudizio in quanto cernita.

È parola sommamente inquieta. Un legare, annodare, tenere assieme, raccogliere, contare, discriminare, riconoscere, ordinare, misurare, proporzionare. Leggere, è un ascoltare per parlare. Ciò che permette di tenere assieme la diversità immane dell’esistente.

L’insieme di intenzione, gesto, pensiero, parola, discorso, verità. Identità e differenza. Il logos è ciò che l’uomo deve innanzi tutto ascoltare per poter a sua volta parlare e pensare.

Eraclito afferma che il logos raccoglie l’uno, tutto. Tutto significa l’infinita varietà di ciò che è. Il logos raduna tutto e lo dà a vedere come uno.

Logos non è un termine dell’epos preclassico. Compare solo due volte in Omero ed è altrettanto raro in Esiodo. Ne Le origini del pensiero occidentale R.B. Onians si chiede : “…in che cosa le nozioni omeriche relative ai processi fondamentali della coscienza si distinguono dalle nostre?” E risponde: Nel mondo omerico il “pensare” si definisce come un “parlare”, la cui sede è talvolta individuata nel cuore, ma più spesso nella frene nel “diaframma”. Un pensare che fa e un fare che pensa.

Tale concezione originaria del pensiero come parola, nell’unità tra pensiero e corporeità, tra percezione sensibile (aisthesis) e pensiero (nous), si risolve, in nome del dominio sul mondo, sulle cose, e sull’altro, nella autonomia della ragione rispetto al discorso, nell’autonomia della verità rispetto al mondo: nell’oggettivizzazione e matematizzazione del mondo. La logica si è trasformata in scienza, meglio in tecnica (he logikétèchné). Come e perché? Difficile a dirsi.