Sweet tooth, la recensione ibrida

Suicide squad 2, la recensione suicida - The suicidal review

 

Vi state chiedendo cosa succederebbe se una pandemia ci portasse alla disperazione?

Vi state chiedendo se la natura ci lascerebbe affondare senza donarci una via d’uscita?
Vi state forse chiedendo se una serie televisiva di
Netflix nata da un fumetto della Vertigo possa essere un piccolo cult?

Potreste trovare risposta in questa prima stagione di otto puntate che, con una fotografia ben curata, si allontana dall’estetica del fumetto per accalappiare la nostra attenzione.
Peccato per la brevità che lascia un po’ in sospeso lo spettatore.

Temi sensibili per questo periodo storico, uomo e rispetto per la natura, ibridi indifesi, ricerche scientifiche sfuggite di mano, ferite profonde che cercano una cura.

Come una vera catarsi, la finzione cerca di elaborare il tema della pandemia che crea distanza e timori. La fantasia corre in nostro aiuto, ci fa conoscere Gus, l’uomo grande e la bambina orso. Una famiglia stranamente composta e impegnata in una esplorazione di un mondo alla deriva.

Una serie che parla di virus e di come la natura sia imprevedibile, di come gli umani si mostrino più bestie del bestiame.

Vi sono chiari riferimenti alla letteratura americana (The Adventures of Huckleberry Finn) nella strana coppia. Poi ci sono elementi femministi nella figura di “orso” e multietnici nel dottore indiano. Piacevole e accurata. Ci sono delle scivolate verso l’implausibile ma sopportabili.

Interessante la figura degli ibridi che, similmente in “i figli degli uomini” sembrano sancire la fine della razza umana.

Ibridi non sempre diplomati all’accademia di arte drammatica, a volte immobili e dolci come pupazzetti di peluches. Molte le domande rimaste in sospeso. Rimane ancora inspiegato il motivo per cui molti ibridi non abbiano il dono della parola, che relazione ci sia tra afflizione, fiori e mutazioni e come questi destini incrociati possano cambiare il mondo.

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Sweet tooth, the hybrid review

Are you wondering what would happen if a pandemic drove us to despair?

Are you wondering if nature would let us sink without giving us a way out?

Are you wondering if a Netflix TV series born from a Vertigo comic could be a small cult?

You may find an answer in this eight-episode first season that, with a well-curated photograph, moves away from the aesthetics of comics to grab our attention.

Too bad for the brevity that leaves the viewer a little in suspense.

Sensitive themes for this historical period, man and respect for nature, defenseless hybrids, scientific research that got out of hand, deep wounds looking for a cure.

Like a true catharsis, the TV series tries to elaborate the theme of the pandemic that creates distance and fear. The imagination helps us and introduces us to Gus, the big man, and the little bear girl. A strangely composed family engaged in exploring an adrift world.

A series that talks about viruses and how nature is unpredictable, how humans show themselves more beasts than cattle.

There are clear references to American literature (The Adventures of Huckleberry Finn) in the odd pair. Then there are feminist elements in the character of “bear” and multiethnic elements in the Indian doctor. Pleasant and accurate. There are slips towards the implausible but still bearable. The figure of the hybrids is interesting: similarly, in “the sons of men” they seem to sanction the end of humanity.

Hybrids are not always graduated from the academy of dramatic art, sometimes as motionless and sweet as stuffed animals. Many questions remained pending. It still remains unexplained why many hybrids do not have the gift of speech, what relationship there is between affliction, flowers and mutations and how these crossed destinies can change the world.