Guido Ballo e la Sicilia poetica

Guido Ballo, la Sicilia in un libro
Da destra: Guido Ballo, Carmelo Strano, Pierre Restany. Ph: www.istitutoeuroarabo.it
Un libro di Guido Ballo
Guido Ballo Sicilia Controcanti: un libro da leggere!!!

Mi è stato benevolmente amico ed era, come si dice, più grande di me. Aveva l’età di mio padre, anzi un anno di più. Ma credo sia meglio dire, anche se alcune volte mi ha invitato a casa sua, che mi ha solo concesso di frequentarlo. E suppongo per due motivi molto precisi: perché ero siciliano come lui e perché mi occupavo in modo diverso, non da lui, ma in generale delle stesse cose di cui lui, storicamente ed in modo eminente, si è occupato per tutta la vita. Monumentale, così la definirono i relatori del premio di poesia “Vann’Antò” nel 1971, la sua opera su Boccioni pubblicata nel 1964. Leggevo naturalmente i suoi scritti storico-critici sull’arte e molto ho appreso perché è stato un grande maestro. Professore a Brera di storia dell’arte e commentatore sui giornali, in particolare il Corriere della Sera e L’Avanti.

Quando l’ho conosciuto era un uomo maturo ma con un fisico ancora asciutto, giovanile ed elegante. Incuteva rispetto ma non timore. Nei rapporti personali aveva un eloquio sempre ironico, giocava con le parole (era un poeta, verrebbe da dire) e concludeva quasi sempre il suo saluto con una battuta caustica. Scriveva con una prosa limpida, chiara ed efficace. Non ho mai nutrito uno spiccato campanilismo, ma ero certo contento di conoscerlo e frequentarlo, anche perché, appunto, era siciliano.

Tutti pensano che la Sicilia sia solo la più grande isola del Mediterraneo e che di conseguenza, come la natura decide tutti quelli che nascono in quel territorio, sono naturalmente siciliani. In verità è così, ma non solo. Personalmente credo che la Sicilia sia come un minuscolo continente. Lo è per per le sue peculiari condizioni atmosferiche che possono variare dal temperato al tropicale, per l’altissima biodiversità della sua vegetazione, tra le più ampie in Europa. E lo è per l’incredibile varietà biologica dei suoi abitanti umani che sono la sintesi, il risultato genetico-storico di più di ventiquattro invasioni avvenute negli ultimi 2500 anni.

Vi chiederete perché sto scrivendo di questo. Ve lo dico subito. Ho sempre pensato che Guido Ballo fosse un siciliano di Palermo, ma solo da poco tempo realizzato che invece era di Adrano, un paese alle pendici dell’Etna. Di fatto un catanese e non un palermitano. E dov’è il problema vi chiederete, anche perché a Palermo Guido Ballo aveva frequentato l’università e lì si era laureato in filosofia. Resta il fatto, per nulla irrilevante, che Adrano, che è una piccola città in provincia di Catania, ha una storia molto antica. È stata fondata dai greci che erano sbarcati a Naxos (uno dei primi insediamenti dei greci in Sicilia) nel sesto VI o V secolo a.C., ma forse è persino più antica perché probabilmente fondata dai Siculi e poi conquistata e sviluppata da quei greci che avevano fondato Naxos. Un imprinting originario che, malgrado le successive ed innumerevoli invasioni, ha lasciato una caratterizzazione umana ancora palpabile tra chi nasce in quei luoghi. Il caso di Palermo è molto diverso, fondata dai Fenici, più o meno nello stesso periodo, il VII secolo a.C., e sviluppatasi rapidamente grazie ad un porto naturale “molto felice”, tanto che già al tempo delle guerre puniche era diventata una delle città più fiorenti della Sicilia.

Antropologicamente due linee evolutive diverse contraddistinguono Adrano (Catania) e Palermo, con due comunità diverse per lingua, tradizioni e costumi. Quello che voglio dire è che sì, siamo tutti siciliani, ma allo stesso tempo molto diversi l’uno dall’altro, e credo che questa sia anche la ragione, non ultima, che ha frenato lo sviluppo di questo territorio. A questa Sicilia, ancora frammentata e divisa, Guido Ballo, da grande intellettuale, ha voluto dedicare un libro di poesie e non solo, che è bello e straordinario anche per esser stato pubblicato dall’editore Guanda nel 1975, nella collana Fenice (sezione poeti) con il titolo Sicilia Controcanti. È un libro molto importante, soprattutto per i siciliani, per alcune ragioni che spero di sapere evidenziare. È un libro di poesie, ed era questo sicuramente il primo motivo della sua pubblicazione, ma ha anche, come vedremo, pagine in prosa dedicate alla Sicilia che si rivelano come grandi finestre aperte su questo mondo, illuminandone le contraddizioni che lo appesantiscono e lo ritardano, così come le opportunità potenziali che lo arricchiscono. In poche pagine Guido Ballo traccia un affresco impareggiabile di questo nostro territorio sia dal punto di vista storico, sia economico, sia sociale, sia culturale, sia politico. sia religioso. Come ho già evidenziato, il libro prioritariamente è un libro di poesie suddiviso in sette sezioni, ognuna delle quali contiene una nota dell’autore, dedicata alla Sicilia, uno specifico componimento poetico intitolato proprio Sicilia 1, Sicilia 2, 3, 4, 5, 6, 7. Ne trascrivo una intitolata La Fierezza.

 

Il siciliano è come un gatto
in apparenza domestico
mite
 quasi tutte le cose i suoi occhi socchiusi
 con distacco
 diventino provvisorie
 (non vale affatto prendersela)
 as-sopirsi
semmai
a sentire
il brusio del reale che va
se tu
attratto
lo lisci dunque
per il verso del pelo
la sua fierezza
resta quieta
fèrus fera: belva (sonnolenza)
ma
se tu
per caso
lo lisci contropelo
dhvàr
dhvaràti
offendere
nuocere
thàr thrà: ferire
s’inasprisce a un tratto
per saltarti addosso
inferocito negli occhi nelle unghie
phèr.teros
tur-vàti e
distruggerti

 

Con la pubblicazione di questo testo poetico entriamo nel vivo delle ragioni della sua pubblicazione, che in verità l’autore stesso introduce con una breve nota, all’inizio intitolata Chi legge e che io con piacere vi ripropongo per la sua esemplarità.

Chi legge queste pagine forse chiede qualche cenno orientativo. Dopo Radicario, pubblicato in Mâd, e Alfabeto solare, era naturale che nella ricerca delle radici della parola, per rimuoverla e renderla come nuova, mi riaccostassi sempre più alle mie radici: all’isola dove sono nato e vissuto, alla Sicilia che uno si porta dentro quando vive in altre terre. Ma su questa via non ci sono stati, almeno in modo diretto e intenzionale, richiami e abbandoni nostalgici: la necessità – come spinta interiore – di un dialogo, e quindi di una riscoperta, di una indagine senza preconcetti, ha fatto sorgere a poco a poco, nella struttura, quasi un ritratto, spettrale, ritratto d’amore anche se spietato a volte o caustico, “una nuova guida dell’isola” (questo infatti avrebbe potuto essere il sottotitolo di Sicilia controcanti). Le pagine di prosa, tra le poesie, mentre richiamano un’antica tradizione italiana, servono da pause: ma offrono dati, soprattutto di costume, che rendono più concreta la spinta per questo viaggio alle origini. Le varie trasformazioni di voci – dal sanscrito al greco al latino all’arabo agli sviluppi neolatini ad altre lingue indo-europee (che interessano l’isola) – convivono questa volta col dialetto-lingua di Sicilia, spesso come strappato dall’inconscio: in nota, a fine pagina, sono tradotte soltanto le frasi o le parole siciliane. Altre volte ho affermato che la poesia scritta è un po’ simile a uno spartito musicale, accenti e pause debbono risultare in modo chiaro. Qui gli accenti sono posti sulle parole soltanto in funzione fonetica e le pause sono segnate dagli stacchi in bianco: l’andamento della lettura richiede cadenze spesso larghe, da canti e controcanti elementari, con improvvisi tagli sincopati.

Che dire del suo percorso poetico? Il suo modo di usare le parole è non solo autonomo, ma totalmente singolare. Lavora sull’etimo come nessun altro, come notano alcuni insigni commentatori. Può sembrare un’ovvietà perché tutti i poeti lavorano sull’etimo, cioè sulla parola.

Ma Guido Ballo non si limita a questo perché scava e cerca all’interno di ogni parola come fosse un archeologo, un ricercatore, uno scienziato della parola. Non è solo una nuova forma di scavo etimologico, peraltro accuratissimo. Il suo tuffarsi all’indietro evidenzia una necessità filosofica di capire, di raggiungere e ricongiungersi all’origine di ogni cosa. Per analogia ho pensato all’azione di un altro grande protagonista della ricerca artistica del secolo scorso, il pittore giapponese Kazuo Shiraga che negli anni ’50 si tuffava in una montagna di fango, la materia, nel tentativo di raggiungere lo stesso risultato, ricongiungersi con l’origine di ogni cosa.

Certo, Guido Ballo è stato immemore di quanto un altro, molto insigne siciliano come lui, Gorgia da Lentini (che ricordiamolo dista solo 61 km da Adrano, luogo Natale di Ballo) aveva sentenziato, 2450 anni fa circa, a futura memoria con le sue famose tre tesi: nulla esiste, se anche qualcosa esiste non è conoscibile, se anche fosse conoscibile non è comunicabile agli altri.

Guido Ballo meno nichilisticamente è convinto di poter cercare, attraverso il suo metodo di ricerca e di comporre poesie, quelle risposte alle domande che gli umani continuano a porsi, malgrado Gorgia. “Ritrovare i primitivi significati, costituire un ritorno alla prima creazione” ha scritto Luciano Cerchi in un suo testo dedicato a Guido Ballo.

Abbiamo visto che l’autore divide il contenuto in sette sezioni. Vorrei far notare che sette è uno dei numeri simbolicamente più importanti. La Genesi ci racconta che Dio ha creato tutto in sette giorni, che sette sono i peccati capitali (ira, invidia, superbia, avarizia, gola, accidia, lussuria). Ed è soprattutto per questa ragione che il 7 è il simbolo della completezza e della perfezione.

Non stupisce l’affermazione dell’autore che i componimenti poetici siano del tutto simili e comparabili con quelli musicali, e guarda caso sette sono le note musicali, perché la poesia ha quasi sempre un valore fonetico: deve essere anche suono. Ebbene, io penso che Sicilia Controcanti di Guido Ballo sia uno spartito di altissimo valore.