Ricorrenza Mozart: Salisburgo e Vienna (1779 – 1781) – Vienna (1781-1782)

Ricorrenza Mozart: Salisburgo e Vienna (1779 - 1781) - Vienna (1781-1782)
Getreidgasse n.9, al terzo piano del palazzo nacque Mozart nel 1756. Vi dimorò fino al 1773. Oggi la casa è sede della Fondazione Internazionale Mozarteum

Qui di seguito i capitoli 7 e 8 della monografia su Mozart scritta da Giovanni Caruselli, nostro redattore, autore di saggi, collaboratore di Einaudi, Rizzoli, Vallardi, Diakronia, e altri editori, per testi di storia e filosofia (materie che ha insegnato).

La  pubblichiamo, ripartendola in capitoli (sono dieci), nella ricorrenza dei 250 anni dalla presenza in Italia del genio della musica. Tanti i contatti, le commissioni, i riconoscimenti ricevuti. Tra questi, nel gennaio del 1771, appunto, la nomina quale Maestro di Cappella da parte dell’Accademia Filarmonica di Verona.

Anni creativi a Salisburgo

Il viaggio di ritorno da Parigi verso Salisburgo fu assai lento a causa delle prolungate soste che rivelavano l’avversione di Wolfgang al rientro nella città natale. La prima tappa fu Strasburgo, dove Mozart conobbe personalmente il celebre costruttore di organi Gottfried Silbermann, e dove diede due concerti, dai quali però ricavò pochissimo. Il 3 novembre ripartì alla volta dell’amata Mannheim, dove andò ad abitare presso la signora Cannabich, che lo accolse insieme ai vecchi amici con molto calore. Nei venti giorni circa di permanenza nella città ebbe modo di ascoltare i melodrammi di Anton Benda di cui apprezzò molto la particolare innovazione della musica orchestrale che fa da sfondo al parlato e “che ha un effetto stupendo”. Wolfgang tentò anche di trovare un posto a Mannheim, ma fu duramente censurato per lettera dal padre che gli ordinò perentoriamente di affrettarsi a ritornare a Salisburgo. Obbedendo ai consigli di Leopold, Wolfgang il 23 novembre si rimise in marcia raggiungendo Monaco il 25 dicembre, dopo una sosta a Kaiserheim trascorsa nell’abitazione di un alto prelato. Nella città bavarese si affrettò a riabbracciare Aloysia, ma lo aspettava una cocente delusione. La cantante era divenuta una delle artiste più importanti del teatro di corte e si comportò con lui in maniera fredda e distaccata. In preda alla depressione, si trattenne a Monaco per qualche giorno per rientrare poi a Salisburgo a metà gennaio del 1779. Indipendentemente dalla gioia di rivedere il padre e la sorella, dopo un periodo tanto lungo di separazione, Wolfgang non poteva trovarsi bene a Salisburgo, sia per la monotonia delle prestazioni che gli erano richieste, sia per l’atmosfera di invidia e di ostilità che gli si era creata attorno immediatamente dopo il suo ritorno. L'arcivescovo aveva acconsentito ad assumerlo come organista del Duomo e della Corte, ma non manifestava simpatia per il musicista, il cui spirito critico nei confronti dell’alto clero e dei formalismi chiesastici era noto a tutti. Malgrado ciò i due anni trascorsi a Salisburgo, 1779-1780, furono segnati da una intensa attività creativa. Nella gran mole di opere prodotte in questo periodo vanno ricordate la Serenata in re maggiore (K 320), il Divertimento in re maggiore (K 334), il Concerto in mi bemolle maggiore per due pianoforti (K 365), la Sinfonia concertante per violino e viola (K 364) e le tre Sinfonie (K 318, 319, 338). Nell’ambito della musica sacra, alla quale Mozart doveva dedicare una parte cospicua del proprio tempo a motivo del servizio che svolgeva presso il Duomo, vanno ricordate le due Messe in do maggiore (K 317, K 337).

Nell’ambito teatrale, grande passione di Mozart, vanno menzionate le musiche di scena per il dramma Thamos, re d’Egitto (K 345) e quelle incompiute per Zaide (K 334). Il successo dell’Idomeneo e lo scontro con il Colloredo.

Nell’ottobre del 1780 Wolfgang ricevette dal principe Karl Theodor l’incarico di scrivere una nuova opera per il carnevale di Monaco. L’arcivescovo non se la sentì di negargli il permesso per il viaggio, e così ancora una volta a Wolfgang si presentava l’occasione di uscire dal chiuso ambiente salisburghese, sia pure per pochi mesi. Il soggetto dell’opera richiestagli, Idomeneo, era già stato musicato da André Campra e rappresentato a Parigi nel 1712. Idomeneo, re di Creta, di ritorno dalla guerra di Troia, viene colto da una violenta tempesta che minaccia di farlo naufragare. Egli fa allora voto a Nettuno di sacrificargli il primo essere umano che vedrà appena avrà toccato terra sano e salvo. Appena approdato, però, egli incontra il figlio Idamante, la cui vita dovrà quindi essere immolata sull'altare del dio. Idamante, ama, ricambiato, Ilia, figlia di Priamo, prigioniera a Creta, ed è amato da Elettra, figlia di Agamennone. Idomeneo vuole evitare il sacrificio del figlio e gli ordina di lasciare l’isola insieme ad Elettra, ma Idamante non può farlo poiché un terribile mostro marino apparso improvvisamente glielo impedisce. Idomeneo decide quindi di immolare Idamante, ma Nettuno, all’ultimo momento, scioglie il re dal nefasto voto a patto che ceda il trono al figlio. Mentre Elettra disperata si toglie la vita, Idamante sposa Ilia, ereditando il trono paterno. Il libretto era stato già messo a punto dal cappellano di corte di Salisburgo Giambattista Varesco in ottobre, quando Wolfgang iniziava a comporre la musica. In novembre partì per Monaco, dove doveva completare il lavoro e curare la messa in scena. L’accoglienza del principe fu cordiale e incoraggiante e tutti coloro che erano al corrente della cosa davano per certa la riuscita dell’opera.

Anche Wolfgang era ottimista, come attesta il tono di una lettera inviata al padre gli ultimi di novembre, benché non mancasse qualche piccolo problema con i cantanti. L’amico Raaf, che avrebbe interpretato la parte del protagonista, era giudicato da Mozart assai bravo, ma anche legato alla tradizione, e il tenore Dal Prato era dotato di scarsa tecnica. Le prove tenute nel dicembre confermarono le rosee previsioni di tutti, mentre Leopold non cessava di fornire consigli epistolari al figlio sia sul modo di trattare l'orchestra (“cerca di adularla e di tenerla dalla tua lodandola”), sia sulla necessità di presentare al pubblico una musica che potesse piacere anche ai non esperti. Leopold si adoperò anche per convincere Varesco ad apportare alcune modifiche al libretto, secondo le indicazioni del figlio. All’ultima prova era presente anche il principe che elogiò senza riserve Wolfgang: “Non si penserebbe mai che una testa così piccola possa contenere cose tanto grandi”. La prima rappresentazione dell'opera dopo alcuni rinvii era stata fissata al 29 gennaio e, essendo partito l’arcivescovo Colloredo per Vienna, Leopold ebbe la possibilità di recarsi a Monaco insieme a Nannerl per essere presente il giorno della prima. Ma di essa non abbiamo notizie dettagliate. Wolfgang poté prolungare la sua permanenza a Monaco di qualche tempo, in quanto l’arcivescovo, che si trovava a Vienna in seguito alla morte dell'imperatrice Maria Teresa, tardava a rientrare a Salisburgo.

Dopo circa un mese, però, ricevette dalla capitale austriaca l’ordine di raggiungere il Colloredo e il 12 marzo fu costretto ad abbandonare la città bavarese. La cosa non doveva dispiacergli troppo, dal momento che la vita musicale viennese certamente era preferibile a quella salisburghese, ma il trattamento che gli avrebbe riservato l’arcivescovo doveva ancora una volta metterlo in contrasto con l’alto prelato. Mozart si lamenta più volte col padre di essere trattato alla stregua di un semplice servitore, senza alcun riguardo per la sua dignità di artista, e per giunta di essere pagato assai poco per le sue prestazioni, essendogli, fra l'altro, proibito di esercitare una autonoma attività. Leopold, svolgendo l’ormai abituale funzione di moderatore nei confronti dei figlio, tentava di evitare che facesse nuovi colpi di testa. Oltretutto, il fatto di trovarsi ancora una volta a Vienna, faceva rinascere in Wolfgang vecchi progetti, come quello di farsi strada alla corte imperiale per ottenere un impiego di prestigio adeguato al suo valore. “Il mio maggiore progetto è ora di arrivare con le buone maniere all’imperatore, perché voglio assolutamente che mi conosca”. Fidando sulla competenza in fatto di musica di Giuseppe II, Wolfgang sperava di poter proporre alla sua attenzione qualche suo lavoro. Al tempo stesso tentava di dare qualche concerto alla presenza del sovrano, ostacolato in questo dai veti dell’arcivescovo. Malgrado ciò il 3 aprile, strappato il permesso al Colloredo, riuscì a dare un concerto organizzato dall’istituto per vedove e orfani di musicisti, ottenendo un grande successo.

Sembrava che gli si offrisse ancora una volta la possibilità di farsi conoscere negli ambienti aristocratici della capitale, quando l'arcivescovo, ostile alle iniziative personali del suo Konzertmeister, decise di rimandare a Salisburgo lui e gli altri musicisti che lo avevano seguito a Vienna. Wolfgang questa volta era fermamente convinto della necessità di non obbedirgli, anche se ciò gli fosse costato il posto. Leopold era di opinione diversa, spaventato dalle incerte prospettive che si aprivano al figlio, nel caso di una rottura con l'arcivescovo. In un primo momento Wolfgang sembrò piegarsi alla volontà del padre, ponendo però come condizione la concessione del permesso di tornare a Vienna per il successivo carnevale, e accompagnando tale richiesta con la velata minaccia di farlo comunque.

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Ma la situazione precipitò il 9 maggio, a seguito di un ulteriore scontro con l’arcivescovo, descritto dettagliatamente da Mozart al padre.

Le cose erano andate così. Dopo aver ricevuto l’ordine di mettersi in viaggio, Wolfgang aveva rinviato di qualche giorno la partenza per mettere da parte il denaro necessario. Tale decisione aveva irritato l’arcivescovo che aveva intenzione di affidargli un pacchetto da portare a Salisburgo. Wolfgang qualche tempo dopo si era recato dal Colloredo per giustificare la sua decisione, ma quest’ultimo lo aveva trattato in maniera offensiva e ingiusta. “… mi sputa addosso tutto d’un fiato che sono il tipo peggiore che lui conosca, nessuno lo serve peggio di me, mi consiglia di partire oggi stesso, altrimenti scriverà a casa che mi ritirino lo stipendio. Mi ha chiamato straccione, ragazzaccio, malandrino”.

La reazione del musicista all’esplicito invito del Colloredo – “si levi dai piedi se non mi vuol più servire come si deve” – fu la richiesta di dimissioni dal servizio presso la corte arcivescovile. Prevedendo il dissenso del padre, Wolfgang si preoccupò di rassicurarlo in ogni modo. Sia dal punto di vista economico “Le manderò un po’ di denaro per convincerla che non muoio di fame”, sia dal punto di vista delle prospettive professionali, “… adesso comincia la mia fortuna, e spero che la mia fortuna sia anche la Sua”, sia, infine, sulle falsità che certamente erano state messe in giro sul suo conto.

Accanto alle rassicurazioni egli invitò il padre a considerare l’insostenibilità della situazione in cui era venuto a trovarsi, lamentando ironicamente il trattamento riservatogli, peraltro non inusuale per i musicisti in quel periodo: “Non sapevo di essere cameriere e quest'ignoranza mi è stata fatale”. È chiaro comunque che il conflitto tra Wolfgang e l’arcivescovo era solo la causa occasionale della scelta di svincolarsi dal servizio a Salisburgo e Wolfgang stesso lo confessava al padre in una successiva lettera. Indipendentemente dagli insulti del Colloredo, egli dice, restare a Vienna era assai opportuno dal momento che negli ultimi tempi era riuscito a entrare nelle grazie di molti influenti e ricchi aristocratici dai quali avrebbe potuto ricevere ben più dei quattrocento fiorini dell'impiego salisburghese. Leopold non credeva troppo alle rosee prospettive descritte dal figlio e gli rimproverava la sua incapacità di amministrare saggiamente il denaro.

Egli si preoccupava, inoltre, per un paio di motivi. Da una parte temeva una eventuale ripresa delle relazioni con i Weber, dal momento che il figlio, fin dai primi giorni del maggio, era andato ad abitare in casa della vedova di Fridolin Weber, che insieme alle tre figlie, Josepha, Konstanze e Sophie, si dava da fare per aiutare il giovane musicista. Aloysia nel frattempo si era sposata con un attore, Joseph Lange, e aveva raggiunto il successo come cantante. Dall’ltra lo lasciava perplesso la “moralità” del comportamento di Wolfgang. Mozart si difese dalle accuse in maniera via via più decisa e, infine, respinse fermamente la richiesta del padre di ritirare la proprie dimissioni. Anzi, dal momento che la prima richiesta in tal senso era stata ignorata, ne presentò una seconda, che non fu sottoposta all’arcivescovo, e quindi una terza con l'intento di fargliela avere di persona poco prima che partisse da Vienna. Ma quando il musicista si presentò al’arcivescovo, ancora prima che potesse vederlo, il conte Arco, gran maestro della corte, dopo averlo più volte insultato, lo scaraventò fuori con un calcio.

Wolfgang decise di vendicarsi di tale offesa confidando al padre il proposito di restituire al conte quanto aveva da lui ricevuto alla prima occasione che si fosse presentata. Leopold non doveva essere molto d’accordo, ma negli ultimi tempi il rapporto fra i due era mutato. Wolfgang era uscito definitivamente dalla tutela paterna che per lunghi anni aveva accettato totalmente, sia per l’oggettiva stima che egli nutriva per Leopold, sia per l'incidenza che l’operato di questi aveva avuto sulla sua formazione e sulla sua carriera. La decisione di restare a Vienna era stata presa chiaramente contro la volontà del padre. Oltre che alle lezioni di musica da dare e ai concerti da organizzare, Wolfgang pensava a qualcos’altro. L’anziano maestro di cappella Giuseppe Bonno sarebbe prima o poi venuto a morte e quasi certamente sarebbe stato sostituito da Antonio Salieri. La funzione di

Salieri sarebbe stata svolta da Starter, il quale avrebbe reso libero un posto a corte.

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A tale posto mirava certamente Mozart. In ogni caso, se fosse andato male questo progetto, Vienna restava il luogo più adatto per un musicista di genio che volesse conquistarsi un posto di riguardo. Questa era la convinzione di Wolfgang, convinzione ottimistica che ripetutamente egli cercava di trasmettere al padre nelle sue lettere.

CAPITOLO 8

VIENNA (1781-1782)

Libero artista a Vienna

Durante l’estate del 1781 Mozart fece i suoi primi passi da libero artista a Vienna, frustrati in parte dal fatto che l’aristocrazia della capitale nei mesi caldi si trasferiva nelle residenze di campagna. Ciò faceva diminuire sensibilmente la frequenza dei concerti e delle lezioni, su cui i musicisti di solito contavano. Le cose dovettero migliorare all’inizio dell’inverno, come mostra l’aumento del numero degli allievi, fra cui la contessa Thun, la contessa Rumbeke, Therese von Trattner, Josepha Auernhammer, la contessa Josepha Palfy e la contessa Zichy. Benché non amasse l'attività didattica, Mozart vi si dedicò con un certo impegno, suddividendo le ore della sua giornata fra le lezioni, la composizione e i trattenimenti musicali, e concedendosi pochissimo riposo. L’intenso ritmo di vita tuttavia non gli impedì di partecipare alla vita artistica viennese, soprattutto per quanto riguarda il teatro che continuava ad essere la sua vera passione.

L’imperatore Giuseppe II in quest’ambito aveva operato con una certa efficacia per la nascita di un teatro nazionale, sia per la prosa sia per l’opera, incoraggiando l’interesse di settori sempre più ampi della nuova borghesia viennese. “Vorrei che tu potessi assistere a una tragedia qui! La più piccola, la più insignificante delle parti è affidata a rotazione a due attori bravi”, scriveva Wolfgang a Nannerl, manifestandole la sua voglia di cimentarsi con le composizioni teatrali. L’occasione non sarebbe mancata.

L’allora maestro di scena del Burgtheater di Vienna, Gottlieb Stephanie, aveva avuto modo di ascoltare Zaide restandone entusiasta, ed eguale effetto aveva avuto sul conte Rosemberg, direttore del teatro, un’audizione dell’Idomeneo. Così il primo agosto del 1781, probabilmente anche per interessamento dell’imperatore, Stephanie poteva consegnare al musicista il libretto di Belmonte e Costanza ovvero Il ratto dal serraglio, tratto da una commedia di Christoph Friedrich Bretzner,

commerciante di Lipsia. Mozart avrebbe dovuto musicarla in brevissimo tempo, perché l’opera doveva andare in scena a metà settembre, in occasione della visita a Vienna del granduca Paolo di Russia. Wolfgang apportò alcune modifiche al libretto, e i rimaneggiamenti da lui proposti furono accettati da Stephanie, che mostrò in questo senso una grande disponibilità. Alla fine di agosto il primo atto era già stato scritto, ma per una serie di contrattempi di vario genere la prima del Ratto dal serraglio avrebbe avuto luogo solo l’anno seguente, il 16 luglio del 1782, riscuotendo un buon successo, comprovato dalle quindici repliche che seguirono. Nel 1783 l’opera fu rappresentata a Praga e in molte città tedesche. Lo stesso Gluck, insieme ad altre eminenti personalità, fra cui il principe Kaunitz, volle complimentarsi personalmente con Mozart. Il barone von Riedesel, ambasciatore prussiano, gli chiese una copia del lavoro, volendo farlo rappresentare a Berlino.

Mozart scrisse allora al padre, che si trovava in quel momento in possesso della partitura, e gli chiese di farla ricopiare in tutta fretta a Salisburgo, ma ciò avvenne con un certo ritardo, tanto che il musicista fu costretto a scusarsi con il barone.

Il soggetto dell’opera, secondo una diffusa moda del tempo, era turco. Belmonte, giovane gentiluomo spagnolo, ama Konstanze, la quale, però, è prigioniera del pascià Selim, signore di un immaginario paese orientale, che tenta invano di conquistarla. Presso la corte di Selim si trova anche Pedrillo, ex domestico di Belmonte, che per seguire la sua amata Blondchen, anch’essa nelle mani del

pascià, è entrato al servizio di quest’ultimo. Belmonte tenta una prima volta con l’aiuto di Pedrillo di rivedere Konstanze, ma viene sorpreso e allontanato dal guardiano Osmin. Elusa la sorveglianza di quest’ultimo, le due coppie di amanti tentano di fuggire ma Osmin li fa inseguire e catturare.

Belmonte, Konstanze, Pedrillo e Blondchen sono quindi portati al cospetto del pascià, il quale in un primo momento decide di condannarli a morte, poi, mosso a pietà, dà ordine che siano liberati e che siano fatti partire con il suo perdono.

La disfida con Muzio Clementi e l’incontro con Haydn.

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Benché fosse entrato abbastanza facilmente nelle grazie dell’aristocrazia viennese, Mozart non riusciva comunque a ottenere dalla corte imperiale incarichi di grande prestigio che lo mettessero al sicuro dai possibili rovesci che l’alterna fortuna riservava ai liberi artisti. Per un po’; di tempo, durante la composizione del Ratto dal serraglio, aveva sperato, anche attraverso i buoni uffici del suo antico

protettore, l’arciduca Massimiliano, fratello minore di Giuseppe II, di essere nominato insegnante di musica della principessa Elisabetta del Wuttemberg. Il sovrano però, pur stimando Wolfgang un grande pianista, gli preferì Antonio Salieri, che già ricopriva a corte l’incarico di Kapellmeister.

Quando Salieri, impossibilitato a impartire alla principessa le lezioni affidategli, preferì passare l’incarico allo sconosciuto Georg Summer piuttosto che fare spazio a Mozart, certamente i rapporti tra i due musicisti ne risentirono.

Una ulteriore conferma della stima di cui godeva Wolfgang a Vienna come pianista, fu data il 24 dicembre del 1781 dall'invito rivoltogli da parte dell’imperatore a misurarsi in una specie di sfida (evento per altro abbastanza frequente in quel tempo) con il grande virtuoso della tastiera Muzio Clementi. Il confronto si svolse di fronte al sovrano, che si sarebbe poi pronunciato a favore di Wolfgang. Il giudizio di Mozart su Clementi, contenuto in una lettera al padre, suona lapidario e, forse, ingeneroso. “Il Clementi è un bravo pianista. Con questo si è detto tutto. Egli suona con molta agilità per quanto riguarda la mano destra. Non ha un po’; di sentimento e di gusto. Diverso è il giudizio ammirato espresso con grande onestà da Clementi su Wolfgang. Se Salieri e Clementi non godevano della stima di Mozart, una calda ed affettuosa amicizia legò invece Wolfgang a un altro grande personaggio del mondo musicale dell’epoca, Joseph Haydn.

Questi, che era più anziano di Mozart di ventiquattro anni, svolgeva la funzione di maestro di cappella a Esterhàz e di frequente si recava nella capitale dove conobbe, non si sa esattamente quando, il salisburghese, restando entusiasta della sua musica. Così esprimeva nel 1785 la sua ammirazione per Wolfgang a Leopold Mozart: «Vi dico, di fronte a Dio, da galantuomo, che vostro figlio è il più grande compositore che io conosca, di nome e di persona. Ha gusto e possiede al più elevato livello la scienza del comporre”. “Al caro amico Haydn” Mozart dedicò i sei quartetti scritti fra il 1782 e il 1785 (K 387, 421, 428, 458, 464, 465). Un’importante svolta nella vita di Mozart fu il matrimonio con Konstanze Weber. Si è già visto come i primi difficili momenti della sua permanenza a Vienna fossero stati resi meno aspri dall’affetto di cui lo circondarono la vedova di Fridolin Weber, Cäcilie, e le tre figlie Josepha, Konstanze e Sophie.

Leopold Mozart non vedeva di buon occhio il riavvicinamento del figlio ai Weber, tanto più che erano giunte alle sue orecchie varie voci circa la presunta intenzione di Wolfgang di sposare una delle tre ragazze. Questi negava recisamente quanto gli veniva attribuito. “Mai in vita sono stato così lontano dall’idea del matrimonio come ora! Se, infatti, potessi fare fortuna con un matrimonio (e non c’è nulla che mi auguri meno di una moglie ricca!) non potrei occuparmi di ciò, avendo tutt’altre cose per la testa. Dio non mi ha dato il mio talento perché lo sacrifichi a una donna e a una vita oziosa. Solo ora comincio a vivere e dovrei rovinarmi da solo? Non sono contrario al matrimonio, ma per il momento per me sarebbe un danno. Ora, dal momento che non ho alternative, devo, anche se non c’è nulla di vero, salvare le apparenze, benché tali apparenze non siano altro che il fatto di abitare lì”.

Konstanze Weber entra nella vita di Wolfgang Cedendo alle insistenze del padre, Wolfgang decideva, quindi, di trasferirsi in una nuova abitazione ma, al tempo stesso, non faceva più mistero con lui della sua simpatia e del suo affetto per Konstanze.

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Nel dicembre 1791 gli comunicava la sua intenzione di sposarla. «Per il momento mi preoccupo di procurarmi qualcosa di sicuro, benché, con l’aiuto degli incerti possa vivere benissimo e sposarmi! Questa idea vi spaventa? Vi prego, caro e ottimo padre, ascoltatemi! Ho dovuto confessarvi il desiderio che mi sta più a cuore, ed ora permettetemi di spiegarvene anche i miei motivi, i miei ben fondati motivi. La natura si fa sentire in me come in chiunque altro e forse anche più che in certi tangheri grandi e grossi. Non posso assolutamente vivere come vive oggi la maggior parte dei giovani. In primo luogo perché sono troppo religioso, secondo, perché amo troppo il prossimo e ho sentimenti troppo onesti per prendere in giro una ragazza innocente e, terzo, perché tengo troppo alla mia salute per farmela con donne di malaffare. Posso quindi giurarvi di non aver mai avuto nulla a che fare con donne di questo genere. Se ciò fosse accaduto non ve lo nasconderei. Col mio temperamento portato più a una vita tranquilla e casalinga che al disordine, e abituato fin da giovane a non occuparmi della biancheria, dell’abbigliamento e di altre cose del genere, non riesco immaginare nulla di più necessario che una moglie. Ora però qual è l’oggetto del mio amore? Non vi spaventate neppure su questo punto, vi prego. Non sarà per caso una Weber? Si, proprio una Weber!

Ma non Josepha, non Sophie, ma Konstanze, quella di mezzo. Non è brutta, ma neppure bella, tutta la sua bellezza consiste in due piccoli occhi neri e in una bella figura. Non possiede un’intelligenza vivace ma è fornita di un buon senso sufficiente a farle svolgere i suoi compiti di moglie e di madre. Non è vero che ami il lusso ma anzi è abituata a vestirsi male poiché quel poco che la madre ha fatto per le figlie lo ha fatto per le altre due e non per lei. È invece vero che le piacerebbe vestire in maniera pulita e graziosa ma non elegante. Quasi tutto ciò che occorre a una ragazza essa sa farselo da sola ed è in grado di pettinarsi da sola e di reggere una casa ed ha il più buon cuore del mondo. Poiché io l’amo e lei mi ama con tutto il cuore, ditemi se potrei augurarmi una moglie migliore?».

Il vecchio Leopold non era d’accordo con il figlio, più che per il matrimonio in sé per la scelta fatta da Wolfgang. Non nutriva alcuna stima per i Weber, e soprattutto per la vecchia che accusava di essere un’ubriacona disonesta e intenzionata a sfruttare economicamente Wolfgang a matrimonio fatto.

Questi si difendeva caparbiamente dalle pressioni paterne comunicandogli, tra l’altro, di essersi impegnato per iscritto a sposare Konstanze. Ciò era avvenuto ad opera del tutore delle tre Weber e cioè il funzionario del Teatro Nazionale Johann Thorwarth. Questi, probabilmente d’accordo con Cäcilie, aveva richiesto e ottenuto un colloquio con Wolfgang allo scopo di proibirgli di continuare a vedere Konstanze senza aver preso un impegno matrimoniale scritto. Così Mozart narra il seguito: «Misi per iscritto che mi impegnavo a sposare M.lle Konstanze Weber entro il termine di tre anni, se dovesse accadere l’impossibile cioè che io cambiassi idea, essa riceverebbe da me trecento fiorini all’anno». Poco dopo, comunque, Konstanze, a riprova del suo amore disinteressato, avrebbe strappato quel documento, alimentando così il forte sentimento di stima che Wolfgang nutriva nei suoi confronti.

Permaneva, comunque, il rifiuto di Leopold di accettare la scelta del figlio, malgrado questi tentasse in ogni modo di convincerlo, facendo intercedere a tale scopo anche Nannerl. La situazione peggiorava di giorno in giorno dal momento che la vecchia Cäcilie Weber, mettendo in mostra gli aspetti peggiori del suo carattere litigioso, incominciò a polemizzare con Konstanze e Wolfgang creando conflitti familiari e dissapori intollerabili. Konstanze, quindi, accettando uno specifico invito della baronessa von Waldstatten, si trasferì nel luglio 1782 a casa della nobildonna. Essa era un’apprezzata pianista, ed essendo restata colpita dalla genialità di Wolfgang, aveva preso a proteggerlo e ad interessarsi della sua tormentata vicenda sentimentale. La Waldstatten godeva, però, di una reputazione quanto meno dubbia per la vita licenziosa che conduceva dopo essersi separata dal marito, e quindi anche il buon nome di Konstanze, che ne aveva accettato l’ospitalità, rischiava di essere compromesso. La situazione precipitò ancora quando la vecchia Weber, facendo intervenire per la seconda volta il Thorwarth, minacciò di far riportare a casa la ragazza dalla polizia.

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A questo punto Wolfgang in tono quasi supplichevole chiese ancora al padre di acconsentire al matrimonio, ma Leopold, malgrado la notizia del successo riportato dalla prima rappresentazione de Il ratto dal serraglio, non volle benedire le nozze che il figlio e Konstanze si apprestavano a celebrare.

Dopo un ultimo tentativo di mediazione da parte della Waldstatten, il matrimonio ebbe luogo il 4 agosto nel Duomo di Santo Stefano. La baronessa ebbe cura di organizzare la festa nuziale che Wolfgang definì in una lettera al padre più principesca che baronale. Il consenso di Leopold, tanto desiderato dal figlio, arrivò il giorno dopo il matrimonio, accompagnato però da fredde parole che facevano intendere il suo ostinato atteggiamento di rifiuto. Wolfgang era pienamente soddisfatto per l’esito della vicenda e rispose al padre pochi giorni dopo manifestandogli tutto il suo affetto, la sua gratitudine e l’intenzione.