Onward, la recensione magica

 

Quest’ultima fatica di casa Disney-Pixar che parla di fratellanza, magia, alleanza tra donne, cari che non ci sono più e di credere in se stessi stupisce per la sua semplice poesia.
L’adolescenza complicata del protagonista si confronta con la mancanza della figura paterna. Ma non monopolizza il racconto. C’è anche la storia di una donna e il suo diritto di viversi i propri sentimenti al di là del ricordo del coniuge defunto. Si parla anche di magia, la vera magia, quella che si esprime come forza interiore. La magia che diventa fiducia di sé e di coloro che ci vogliono bene. Magico è il momento in cui una lista diventa via per una presa di coscienza commovente.
Il tema dei cari che non ci sono più è trattato con una levità ed una delicatezza che non esclude ironia e affetto.  La trovata del mezzo corpo rende visibile esattamente questo, una presenza nel cuore che è allo stesso tempo una mancanza nell’anima. Ed una fantastica trovata per quantità di gagh che può generare.
Ma la storia parla anche dei sogni a cui si può tentare di rimanere in contatto con dei giochi di ruolo o con la speranza di compiere una grande impresa. I sogni che danno senso alla vita e alle sue difficoltà. Anche di fronte alle difficoltà del crescere.
Un mondo fatto di elfi troll e manticore senza più la magia ricorda un po il film “Bright” con Will Smith e pare quasi diventare un genere narrativo. C’è da sperare che non si esaurisca qui. Un mondo che ha bisogno di magia parla del nostro mondo che ha bisogno di senso e speranza, forza e obiettivi.
Fantastica l’idea di non risolvere la frustrazione della lontananza ( perchè non si risolve in effetti) nell’ultima scena, ma invita a trovare motivi per riuscire a sopportarla. 
E tutto questo senza andare a scomodare un super cattivo, un nemico maligno solo perchè è comodo alla struttura fiaba. I personaggi, tutti, si confrontano e superano le proprie frustrazioni usando la magia come elemento traghettante. 
Questo film ribadisce il potere dell’immaginario Disney su di noi, o meglio quello della Pixar sulla Disney che da Toy Story in poi ci sa far piangere per dei personaggi in 3D e per un furgone di nome Ginevra. 
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