The failure of the élites/ No populismi, il grande rifiuto

No élites, no populismi/ Il grande rifiuto

Smart commentators of contemporary society no longer have many doubts about the causes of the of public opinion’s involution in the last fifty years. Everywhere populist parties have gained mass support. It would be absurd to think of a temporal coincidence or, even worse, to pretend you have to face a “slide” of the triumphant democratic doctrines which lead us back to the French Revolution. Reality is much more complex.

The failure of the élite

We can begin by saying that the élites – to which people had given their consent – failed, be they right-wing or left-wing. They were not able to avoid new wars, nor the path towards neocolonialism, wild capitalism, the powerful finance, the planetary pollution, the growth of economic disparities, inequalities. Also they didn’t control the ideological and confessional conflicts, demographic collapses and explosions. In the nineties of the past century, the end of communism put aside even the most calm egalitarian claims together with the cold war. The new economic entities that have emerged exasperated the competition between states till forcing everyone to work harder and earn proportionately less, in a dustbin world floating in plastic and oils exhausted, while algorithms and markets decide the fate of millions of people.

From AI to populism

In addition, there is the unprecedented competition between man and machine which reaches its peak with artificial intelligences, very frowned upon not only by intellectuals and artists but also by social science and political studies. There was enough for a radical and story-telling refusal from which populism got its strength Go back to your cultural roots, simple and as clear as stupid slogans, defend oneself from those who are “different” in every way, cultivate conspiracy theories, denouncing the wealth of a few people without even knowing the reasons, denying even the science’s value. In short, a protest which is often irrational, superficial and worthy of the most fierce sports fans. Anyway at the moment, it is terribly effective immediately.

An effective law is that frustrations generate aggression. And the historical form of aggression is unfortunately called war. Maybe that’s the reason why military spending grows unlimitedly and alliances are consolidated preparation for a conflict?

 


I più acuti osservatori della società contemporanea, non hanno più molti dubbi riguardo alle cause dell’involuzione della pubblica opinione negli ultimi cinquanta anni. Quasi dappertutto i partiti populisti hanno guadagnato consensi a livello di massa. Sarebbe assurdo pensare a una coincidenza temporale o, peggio ancora, fare finta di dovere fronteggiare una “sbandata” delle trionfanti dottrine democratiche, a cui è riconosciuto ogni primato dai tempi della Rivoluzione Francese. No, la realtà è molto più complessa.

Stati, competizione, élite incapaci

Si può incominciare col dire che le élite – fossero di destra o di sinistra – alle quali i popoli avevano dato il loro consenso hanno fallito. Hanno evitato nuove guerre, ma non hanno mostrato alcuna capacità di affrontare il neocolonialismo, il capitalismo selvaggio, lo strapotere della finanza, l’inquinamento planetario, la crescita delle disparità economiche, i conflitti ideologici e confessionali, i crolli e le esplosioni demografiche.

La fine del comunismo negli anni Novanta ha azzerato insieme alla guerra fredda anche le più timide rivendicazioni egualitaristiche. I nuovi soggetti economici emersi hanno esasperato la competizione fra Stati. Il risultato: costringere tutti a lavorare di più e guadagnare proporzionalmente di meno. Tutto questo in un mondo pattumiera che galleggia nella plastica e negli oli esausti, mentre gli algoritmi e i mercati decidono della sorte di milioni di persone.

Dall’intelligenza artificiale ai populismi

A ciò si aggiunge l’inedita competizione fra l’uomo e la macchina che tocca il suo culmine con le intelligenze artificiali, molto malviste non solo da intellettuali e artisti ma anche da studiosi di scienze sociali e politici. Ce n’era abbastanza per un rifiuto radicale e da tale rifiuto traggono la loro forza i populismi.

Tornare alle proprie radici culturali, semplici e chiare come stupidi slogan, difendersi dai “diversi” in ogni modo, coltivare il complottismo, denunciare la ricchezza di poche persone senza neanche conoscerne le ragioni, negare perfino validità alla scienza. Insomma, una protesta spesso irrazionale, superficiale e degna delle più agguerrite tifoserie sportive. Ma nell’immediato terribilmente efficaci.

Un legame certo

Se c’è una legge che tutti i ricercatori ritengono valida è che le frustrazioni generano aggressività. E la forma storica dell’aggressività purtroppo si chiama guerra. Forse è per questo che le spese militari crescono illimitatamente e le alleanze si consolidano come in preparazione di un conflitto?

Dello stesso autore: Gaza sprofonda nella disumanità