Le persone allo EY Capri Digital Summit

Fotografia dell'economista e professore bengalese Mohammad Yunus mentre parla all'uditorio di EY Digital Summit 2019. Yunus indossa abiti tradizionali del proprio paese, pantaloni lunghi chiari sotto una tunica celeste e un gilet chiaro.
Muhammad Yunus, Nobel per la Pace, al Summit di Capri (foto di Sabina Conserva)
Fotografia dell'economista e professore bengalese Mohammad Yunus mentre parla all'uditorio di EY Digital Summit 2019. Yunus indossa abiti tradizionali del proprio paese, pantaloni lunghi chiari sotto una tunica celeste e un gilet chiaro.
Muhammad Yunus, Nobel per la Pace, al Summit di Capri (foto di Sabina Conserva)

CARMELO STRANO – Innovazione, Tecnologia, Persone. Sono i temi oggetto della XII convention EY Capri Digital Summit 2019 (in svolgimento fino a domani 6 ottobre). I temi di specialisti internazionali di vari settori (tra gli altri, Umberto Vattani, Massimo D’Alema, Jaron Lanier, Parag Khanna e l’amministratore delegato EY Italia Donato Iacovone) finiscono col ruotare intorno alla filosofia informatica e alla sua innovazione.

E lo sguardo si volge da una parte verso le imprese e dall’altro verso il rapporto di esse con le risorse umane. Si direbbe meglio: degli individui che vi lavorano e che sono destinatari di progetti sempre più affinati e aggiornati. Progetti di educazione e di formazione, giustamente. E su di essi nel pubblico e nel privato si dovrebbe investire sempre più estesamente e fortemente. Un interrogativo capzioso è stato diffuso: “se l’innovazione saprà essere amica e ancella della prosperità”.

È ben chiaro che i due processi sono in rapporto direttamente proporzionale. L’innovazione favorisce la produzione, e non solo nel senso della maggiore rapidità. E l’incremento della produzione favorisce la prosperità. Ma la visione globale che ormai abbiamo di ogni cosa ci fa pensare alla gente, quelli che lavorano e quelli che consumano, come elemento da cui partire per qualsiasi investigazione o progetto, economico, finanziario, culturale, sociale, ecc. Solo rarissimamente è stato così nella storia dell’uomo. Oggi è una necessità. Essa è collegata col principio, ineludibile nel nostro tempo, della visione olistica.

Finora, l’insensibilità eventuale da parte di un motore di denaro (gruppo o individuo) aveva ripercussioni verosimilmente negative sulla gente. Ma non così era per il dante causa. E questo perché l’elemento geografico era determinante, essendo circoscritto. Sicché gli spostamenti della prosperità potevano essere appannaggio di una nazione (specie a seguito di guerre) e a scapito di un’altra. Ma ora, rotti i confini, l’economia si è mondializzata (così il concetto è più chiaro che non dicendo globalizzata). E la gente è diventata un sogno che può generare mostri per chi produce. Specie in considerazione dell’aumento costante della povertà.

La gente diventa allora il consumatore da adulare quasi, e comunque da curare. Tra le personalità invitate alla Convention, Muhammad Yunus, il teorico del Microcredito e della Microfinanza, Premio Nobel 2006 e fondatore della Grameen Bank (1983). Un credito “grameen”, “del villaggio”, un diritto umano e non una concessione protetta del credito da parte della banca.

Anche questo è un esempio dell’idea che si debba partire dalla gente. Sembra che in qualche modo, o indirettamente, ne tenga conto lo strillo EY, quando sottolinea un futuro delle aziende “basato sull’intelligenza che non sull’artificiale”. E non fanno parafrasi di Nietzsche e del suo saggio “Umano, troppo umano”, quando chiosano laconicamente: “Sempre umano”. A questo modo, sicuramente le aziende possono diventare “driver di cambiamenti positivi”.