“Il Misantropo” di Andrée Ruth Shammah

Il Misantropo di Andrée Ruth Shammah
Foto: Courtesy Teatro Franco Parenti

Il Misantropo diretto da Andrée Ruth Shammah  arriva a Milano al Teatro Franco Parenti, dopo il successo ottenuto a Firenze. Un grande testo affrontato con rigore e poche libertà che la regista assume per se stessa e per l’intero cast. Il testo, il più significativo di Jean-Baptiste Poquelin – in arte Molière – è stato rispettato dalla regista che ha anche mantenuto la metrica in versi. Valerio Magrelli, da poeta, ha tradotto dal francese aderendo fedelmente all’originale. Il lavoro della Shammah è intriso della personalità e della vita di Molière, a dispetto del fatto che, abitualmente, non si fissi sui dati biografici degli autori.

Un Misantropo attento alle parole

L’attenzione al testo, alle parole, è massima. La Shammah si affida all’originale prosa in rima, suscettibile di scivolare in nenia melodica e noiosa. Ma questo non accade grazie alle eccezionali capacità della regista, che privilegia l’essenziale, e del traduttore.

La regista,  con i suoi attori, è riuscita a leggere fra le pieghe della storia, in modo che anche i silenzi e i passaggi da una scena all’altra non appaiano vuoti e insignificanti. L’intero spettacolo è caratterizzato dall’azione e dalla parola senza interruzioni. Dunque, un lavoro privo di discontinuità. Tutto è perfettamente rappresentato come copia della realtà con un’espressività spontanea che non richiede artifici verbali per essere attuale. Il testo è contemporaneo in sé, per i contenuti. L’adesione alle parole di Molière, senza troppe concessioni agli interpreti, restituisce un Misantropo pulito, senza fronzoli. Questo concept di Andrée Ruth Shammah può apparire estremo, ma è il suo tributo al primato della parola sull’immagine.

Il cast

Il cast è nuovo per la regista: un gruppo variamente composto, interpreti alla prima esperienza con lei e fra loro o già presenti in altre produzioni del Teatro Franco Parenti. I caratteri dei personaggi e gli interpreti sono in piena sintonia, spiccano quelli maschili risultando tendenzialmente più incisivi rispetto a quelli femminili, forse per una scelta della regista. Nell’insieme il lavoro è molto bilanciato, la regia è studiatissima ma sfugge all’occhio del pubblico grazie all’intesa fra gli interpreti.

Le figure femminili

I personaggi femminili sono uno sfondo attivo, la base per la costruzione del Misantropo della regista. Non gridano, si esprimono con tono pacato ma non sono mai ai margini. Célimène (Marina Occhionero), Eliante/Eliana (Maria Luisa Zaltron) e Arsinoè/Orsina (Emilia Scarpati Fanetti) sono gli elementi necessari della storia che con le tre donne prende forma e della quale esaltano i dettagli. La regista mette a frutto i colori leggeri dei personaggi femminili adagiandoli sui loro costumi e presenta le tre protagoniste della pièce così come Molière le ha pensate.

La pura Eliante, la gelosa Arsinoè (che con la Shammah perde i caratteri di donna falsa) e la giovane e fresca vedova Célimène incarnano l’appartenenza al genere femminile. Ogni atteggiamento civettuolo o ironico è bandito dalla rappresentazione per dare spazio alla sola realtà attraverso la parola. Le tre donne rappresentano l’indipendenza femminile, la libertà di scelta che Molière conosceva e subiva. L’immanenza dell’autonomia delle donne, che le tre brave attrici rendono con leggerezza, era un peso ieri come oggi.

Le figure maschili

Alceste è il baritono Luca Micheletti, il personaggio principale, forte nella vocalità, nell’interpretazione e nei movimenti scenici. Egli imprime al suo Alceste una forza estetica (impatto visivo) che si distacca dai canoni tradizionali, con i suoi caratteri accesi, così come i chiaroscuri di un uomo che non è in grado di vivere il sentimento nella vita. Emerge la natura dell’uomo che è destinato a un’esistenza solitaria, nel deserto evocato dal testo, incapace di accettare le altrui volontà e i compromessi. Micheletti estremizza, senza mai esagerare, tutti i caratteri di Alceste. La voce, che egli domina essendo anche cantante lirico, e l’indovinato costume nero, esaltano i caratteri ombrosi del personaggio.

Oronte è Corrado d’Elia. Perfettamente nel ruolo, l’attore è il personaggio negativo maschile della storia, rappresenta il potere. D’Elia è capace di trasformare la parola in materiale malleabile, non trabocca mai e sulla scena usa la comunicazione verbale e fisica, messi in perfetto equilibrio. Il suo Oronte è sottile perfidia e umana nevrosi che traspaiono dalla mimica delle mani e del viso. Il suo personaggio è vestito di trine, fiocchi e lunghi capelli ondulati, tanto da apparire una grottesca figura attuale.

Il Misantropo di Andrée Ruth Shammah
Foto: Courtesy Teatro Franco Parenti

Philinte/Filinte è interpretato da Angelo Di Genio, attore dalla recitazione sobria e chiarissima. Egli è l’amico saggio di Alceste e suo consigliere il cui ruolo è fondamentale sin dall’inizio della pièce. Il suo peso nel racconto non perde mai intensità, così come la capacità dell’attore di riunire in sé i caratteri migliori dell’uomo.

I due marchesi, interpretati dai bravi Filippo Lai e Vito Vicino, sono lontani dall’eccessivo e dal ridicolo delle abituali messe in scena, sebbene non manchino di strappare risa.

Le scene di Margherita Palli

Il cast, che si completa con Andrea Soffiantini nel ruolo dell’assennato servitore Basco, Pietro De Pascalis, Matteo Delespaul e Francesco Maisetti, anima le bellissime scene che Margherita Palli ha realizzato su suggerimento della regista, dando ad esse un’ambientazione analoga a quella della sala Testori del Parenti. Fra grandi aperture e una finestra su un giardino, sorgono due pilastri. Accanto ad essi si raccolgono due tendoni di velluto rosso, funzionali alla scena, sui quali Alceste chiude Il Misantropo, in solitudine.

Andrée Ruth Shammah compie un grandissimo, eccezionale lavoro. Un punto di arrivo come lei stessa ha dichiarato: un’enorme ricerca che ha restituito attualità a un testo del 1666.

 

Il Misantropo

di Molière

progetto e collaborazione alla traduzione di Andrée Ruth Shammah e Luca Micheletti
regia Andrée Ruth Shammah
traduzione Valerio Magrelli

con Luca Micheletti e con (in ordine alfabetico) Matteo Delespaul, Pietro De Pascalis, Angelo Di Genio, Filippo Lai, Francesco Maisetti, Marina Occhionero, Emilia Scarpati Fanetti, Andrea Soffiantini, Vito Vicino, Maria Luisa Zaltron
e la partecipazione di Corrado D’Elia

scene Margherita Palli
costumi Giovanna Buzzi
luci Fabrizio Ballini
musiche Michele Tadini
cura del movimento Isa Traversi

scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
costumi realizzati da LowCostume in collaborazione con la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni

produzione Teatro Franco Parenti / Fondazione Teatro della Toscana

Al Teatro franco Parenti fino al 3 dicembre 2023

Dello stesso autore: Al Parenti “Pizzeria K”, dal libro dell’israeliano Keret