Humboldt Forum a Berlino

Fotografia della facciata barocca interna dell'Humboldt Forum, museo a Berlino
Humboldt Forum, foto Alexander Schippel, fonte Facebook @humboldtforumberlin

Il museo, ricco contenitore

Lo ospita una ricostruzione, copia perfetta dello Stadtschloss che fu residenza degli Hohenzollern. Su tre lati è in stile barocco e su un quarto in stile centro congressi razionalista. Ospiterà un museo della storia della città ma soprattutto le collezioni di Arte Asiatica, delle Americhe, dell’Oceania e dell’Africa. Più di cinquecentomila pezzi esibiti a rotazione che, nel corso degli anni, verranno digitalizzati e corredati da storia e provenienza.

La lentezza delle procedure hanno però provocato le dimissioni della storica dell’Arte Bénédicte Savoy. 677 milioni di euro il costo fino ad ora, ma con le spese di riordino delle collezioni e digitalizzazione, si potrebbe arrivare nel giro di pochi anni a un miliardo di euro.

É qualcosa di molto diverso dai Musée du quai Branly a Parigi e British Museum a Londra. Il primo, inaugurato nel 1995, è una creatura tipicamente novecentesca, il secondo è nato nella seconda metà del Settecento. Non è solo una questione di dimensioni delle collezioni, 8 milioni di pezzi quella del British, poco meno quella del museo parigino, ma sono gli anni dopo la crisi del 2008 che contano.

L’inaugurazione digitale dello Humboldt Forum

Di mezzo, dopo venti anni di globalizzazione, c’è l’ascesa del mondo postcoloniale e la presa d’atto delle sue aspirazioni, del suo voler esserci, della libertà dei suoi giudizi sul mondo industrializzato e ricco. L’inaugurazione digitale dello Humboldt Forum ha toccato il tema dell’arte rubata “Raubkunst” e di #blacklivesmatter. Il filmato dell’abbattimento della statua di un commerciante di schiavi ma anche benefattore della città di Glasgow e il suo successivo trascinamento da parte della folla nelle acque del porto della città inglese, ha costituito parte dell’atto di battesimo di questa nuova istituzione culturale.

Il sito è quello dell’isola dei Musei bagnata dalla Sprea, luogo principe della tradizione classica e neoclassica europea. Ma è al mondo postcoloniale figlio della globalizzazione a cui la Germania, massima potenza esportatrice e baricentro dell’Europa, guarda e dove ha trovato un nuovo posto nel mondo. Se la valenza è questa, risulta spiegabile la presentazione agile, senza retorica, tutta improntata all’idea di una ricerca comune con altri partecipanti e culture, nessuno in posizione subordinata.

Dal ristorante all’ultimo piano di questa criticatissima copia di palazzo barocco si scorge non lontano la cupola trasparente del Reichstag e appena più in là, lungo la Sprea, l’ospedale della Charitè dove è stato ricoverato e salvato Aleksej Naval’nyj, l’uomo politico russo avvelenato in Siberia. Questa ricostruzione sulle ceneri del palazzo imperiale e poi su quelle del Republik Palast, sede del parlamento della DDR, demolito senza pietà, vuole essere un atto di sfida anche all’establishment dei musei di Etnografia.

 

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