Berlino, riunificata ma ora bloccata

Davanti a un cielo azzurro solcato da nubi bianche si staglia un complesso architettonico composto da blocchi geometrici di colore bianco
Museo del Bauhaus, Berlino; photo: Werner Huthmacher

L’elenco dei collezionisti che vogliono lasciare Berlino è ormai numeroso. Vittima più vistosa la Friedrich Christian Flick Collection ospitata alla Hamburger Bahnhof. Flick alla notizia che il governo cittadino avrebbe permesso a un gruppo immobiliare austriaco la demolizione degli edifici, in origine ferroviari, ospitanti la collezione, ha semplicemente annunciato che avrebbe portato le opere in Svizzera. La Collezione Flick è un pezzo importante del sistema dell’Arte Contemporanea che permette a Berlino di competere su un piano di parità con gli analoghi di Londra, New York e Los Angeles.  È una spia del cambiamento che sigilla la chiusura dei magnifici trent’anni che hanno visto la riunificazione delle due Berlino, quella occidentale e quella della capitale della Repubblica Democratica Tedesca. 

Berlino è diventata una metropoli ormai indifferente alle ragioni che sono state alla base del suo successo e del suo fascino. Le tracce del passato sono sempre più esili. Su Berlino si è abbattuto come un tornado un boom immobiliare che ha cambiato completamente la struttura della ricchezza e dei patrimoni. Mentre i redditi da lavoro sono solo raddoppiati, il valore delle proprietà immobiliari è cresciuto negli ultimi quindici anni del quattrocento per cento. Vittorioso in questa gara di arricchimento quel dieci per cento della popolazione proprietaria di tre quarti di tutti gli immobili. 

Berlino è diventata la ricca capitale di una nazione affluente. Il copione è stato quello di New York quando, a partire dagli anni Settanta, Manhattan è stata gentrificata. Forse il momento significativo che ha segnalato questo cambiamento è stato il lungo colloquio tra Obama alla fine del suo mandato e Angela Merkel agli inizi del suo quarto. 

Il Grand Hotel Adlon a fianco della Porta di Brandeburgo mise a disposizione un’intera ala dove i due rimasero chiusi in un colloquio solitario della insolita durata di molte ore. Nello scarno comunicato finale il Presidente USA sembrava affidare le sorti del Multilateralismo e della Democrazia Liberale alla Cancelliera Angela Merkel. Un passaggio di consegne in una Berlino scintillante simbolo di democrazia e grande capitale in ascesa. 

Nella realtà Obama sottovalutava la forza straordinaria del capitalismo americano con la rivoluzione anarchica di Silicon Valley e dei gruppi tecnologici. Angela Merkel sopravvalutava la lucidità del capitalismo tedesco. Le storie di Volkswagen con i gas di scarico, o quelle mediocri della Thyssen, Siemens, Bayer, o l’incapacità della Deutsche Bank di uscire dalla crisi hanno diffuso un velo di delusione. 

Il successo incontestato è venuto solo dal più insospettato pilastro dello stato tedesco: il sistema sanitario che ha vinto con agio il Covid.