Controcolonizzazione cinese, scacco all’Europa

In Africa sventola la bandiera cinese
In Africa sventola la bandiera cinese

GIOVANNI CARUSELLI –

I cinesi lavorano intensamente nel continente nero nel quadro di un vasto programma di cooperazione. I risvolti strategici e militari sono di primaria importanza.

Nel novembre del 2018, il presidente Xi Jinping ha invitato i leader di molti Stati africani a Pechino per fare una chiacchierata sul futuro comune. Sul tavolo c’erano 60 miliardi di dollari da distribuire ai presenti a titolo di prestito. Infrastrutture, strade, ferrovie e impianti industriali nel triennio 2019 – 2021. Più o meno la stessa cifra del triennio precedente. ma la novità è stata la destinazione preferenziale all’Africa Occidentale, che da sempre è un insieme di neocolonie francesi.

I cinesi si presentano con un biglietto da visita convincente. Loro non sono gli ex colonizzatori europei che continuano a sfruttare questi Paesi. Al contrario, vogliono procedere sul piano della cooperazione fra pari e per uno sviluppo comune. Nel 2017 Jinping aveva investito 110 milioni di dollari in Senegal per un megaprogetto industriale, e distribuito prestiti in altri Paesi africani. Washington e Parigi accusano Pechino di volere incastrare gli interlocutori in una specie di trappola del debito. Elargendo generosamente milioni di dollari a Paesi poveri, li si costringe poi a cedere quote di sovranità territoriale o risorse minerarie al creditore. Quando si è venuto a sapere che Gibuti stava trattando con Pechino l’uso del porto che controlla l’imbocco del Mar Rosso per i prossimi 99 anni, il gioco è stato scoperto. Gibuti doveva restituire 1,2 miliardi di dollari e così, a parziale copertura, ha ceduto il porto. Con manovre simili Pechino ha messo le mani sull’uranio e sul gas del Niger e sui pozzi di petrolio senegalesi appena scoperti. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute le esportazioni di armi cinesi in Africa fra il 2013 e il 2017 sono aumentate del 55% rispetto ai cinque anni precedenti. Sicuramente la cosa non è gradita a noi europei né agli americani. Pechino insiste sul fatto che non vi è nulla di neocoloniale in tutto ciò, ma nessuno ci crede.

È più che comprensibile che i Paesi africani vogliano affrancarsi dalla loro dipendenza neocoloniale nei confronti dell’Europa. È ancora più comprensibile è la loro speranza che i cinesi li riforniscano di tecnologie che noi abbiamo loro negato. Ma i leader di Pechino saranno tanto generosi?