I curdi muoiono, una non fredda guerra mondiale potrebbe farsi strada

fotomontaggio raffigurante Recep Tayyip Erdoğan, la bandiera degli Usa e quella della Turchia, su fondo rosso

fotomontaggio raffigurante Recep Tayyip Erdoğan, la bandiera degli Usa e quella della Turchia, su fondo rosso

GIOVANNI CARUSELLIL’attacco turco alla Siria ha fatto esplodere una serie di ambiguità e contraddizioni che si accumulavano nella confusa politica estera della Ue e degli Usa negli ultimi anni. Ankara ha ospitato tre milioni e seicentomila profughi, in buona parte siriani, in fuga dalla guerra. Questo guerra, iniziata come un ultimo colpo di coda delle primavere arabe, ha visto l’intervento degli Stati Uniti intenzionati, formalmente, a rovesciare il regime del dittatore Hassad e a neutralizzare i gruppi terroristici dell’Isis.

Hassad è stato sostenuto validamente dalla Russia e ha mantenuto il controllo della situazione, sia pure tra mille difficoltà. Quanto all’Isis è stato combattuto e sconfitto dai curdi che rivendicano la costituzione di un loro stato nazionale fra Siria, Iraq e Turchia dai tempi della prima guerra mondiale. Gli Usa, accusati dai media di rifornire clandestinamente di armi i gruppi vicini all’Isis per abbattere Hassad, non avendo raggiunto il loro scopo, hanno giocato la carta dei curdi, i quali hanno versato molto sangue per liquidare tali gruppi.

Nel fare questo, gli Usa si sono scontrati inevitabilmente con i turchi, peraltro loro alleati nella Nato. Da sempre Ankara combatte duramente l’indipendentismo dei curdi, perché la nascita di un loro stato comporterebbe il sacrificio di una parte non piccola del territorio nazionale nella penisola anatolica. Il pericolo che ciò avvenga è avvertito sempre più minaccioso da quando, a seguito dell’aggressione Usa all’Iraq, nella parte settentrionale di questo Paese si è costituito, per la prima volta nella storia, uno Stato curdo di fatto, non riconosciuto ufficialmente dalla comunità internazionale.

La Ue ha condannato le aggressioni turche di questi giorni, ma niente di più può fare. Una delle ragioni è che il premier  ha minacciato di mettere in libertà i profughi siriani che si dirigerebbero verso l’Europa, creando una crisi migratoria senza precedenti. Può essere considerato un ricatto, ma la realtà è che la Turchia ha ospitato i profughi nel momento più critico del conflitto e rivendica ora il diritto di lasciarli liberi di tornare in Siria, in quella parte di territorio del Paese ora occupata dai curdi. Tanto più che gli europei hanno assistito economicamente la Turchia solo in maniera parziale senza versare ad Ankara tutte le risorse promesse.

In sintesi. L’Ue è sotto scacco e paga il suo ambiguo comportamento nelle lunghe trattative per l’entrata della Turchia nella Ue. Gli Usa, non sapendo come salvare la faccia per aver abbandonato i curdi, per bocca dell’ineffabile Trump si giustificano. Come? Dichiarando di non essere stati aiutati dai curdi in Normandia nel 1944. Ma i membri del Congresso, più ferrati in geografia rispetto al loro presidente, si dissociano da lui. Intanto, decine di migliaia di nuovi profughi abbandonano la loro terra in Siria. La devastazione del Medio Oriente da parte dell’Occidente continua a fomentare odi etnici e religiosi e a far lavorare le industrie di armi.