Duchamp e De Chirico, coincidenze

leggere tutta quell’intervista (Minimum Fax, 2013), è di trent’anni fa, ma si attaglia perfettamente alla situazione nel mondo dell’arte visiva dei nostri giorni: non voglio storpiare il suo pensiero più di tanto, ignorando il messaggio di uno che non ce l’ha fatta più contro “i giganteschi meccanismi di mercificazione che tolgono peso e colore anche alle innovazioni più radicali” e alla fine si è messo un cappio al collo (2008). La situazione da allora non è cambiata, se mai peggiorata. Cosa ci stiamo a fare?

l'immagine è una riproduzione del quadro "Le Muse inquietanti" dell'artista metafisico Giorgio De Chirico. Una piazza silenziosa circondata da alcuni edifici con alcuni manichini e statue composte in primo piano

Terapia

Un’occhiata alla storia è sempre utile. All’epoca di Duchamp, in Italia Valori Plastici raccoglieva il pensiero di menti sveglie come quella di De Chirico, Carrà , Bontempelli, Venturi Discutevano di eredità barocca nell’arte italiana, proprio mentre il francese faceva piazza pulita dei “valori retinici”.

Esiste un bivio? E’ mai esistito? Barocchetto o Orinatoio? Del discorso precedente di David Foster Wallace mi limiterò a sottolineare una parola, destinazione. Forse scatterà in altri il suo famoso “clic”.

 

Le Muse inquietanti, 1917:

“ Oh sacrosante Vergini, se fami/ freddo e vigilie io per voi soffersi/cagion mi sprona a che mercé vi chiami. /Or convien ch’Elicona per me versi/e Uranì m’aiuti col suo coro/ forti cose a pensar mettere in versi”.