Vax, una osservazione di parte

Corteo di vaccinati
Vax, una osservazione di parte

Cosa resterà di questi anni venti?

Vax. La portata dei fatti che stiamo attraversando non è, al momento, facilmente valutabile. Come se ci trovassimo al centro di un ciclone, dobbiamo aspettarne la fine per calcolarne i danni. Dal 2019 siamo impegnati in una specie di guerra sanitaria e psicologica. Un logorio di nervi che cerchiamo di ignorare. Analisi e previsioni di amici, parenti, giornalisti, esperti e scienziati formano una foschia annebbiante che impedisce di ragionare correttamente. Le abitudini, le frequentazioni, gli spostamenti ed anche le semplici pratiche amicali sono soggette a sospetto, timore, tensione e discussioni snervanti.

Andrà tutto bene, se andrà

Essendo ora in uno stato di isolamento preventivo, mi trovo nella condizione di basculare in uno stato che stento a capire. Tra allarmismi e scetticismi non intravedo chiaramente responsabilità o negligenze specifiche. Il nemico invisibile e impalpabile potrebbe essere passato da un abbraccio come da un oggetto inanimato, da un ambiente chiuso o da un gesto di amicizia. Come poter criminalizzare un passaggio in macchina, una salita in ascensore o un parente anziano che istintivamente ti porge la mano?

I dati di chi?

Inutile fare i conto di quanti post e messaggi whatsApp e articoli e tabelle grafiche abbiamo spulciato. L’invito costante di affidarsi ai dati è diventato fin da subito un labirinto interpretativo che falsifica ogni posizione di intransigenza. L’interpretazione dei dati e l’elaborazione di una relativa strategia diventa una specie di gioco di ruolo collettivo che “complessifica” ogni scambio di opinioni. Le ragioni dell’economia contro le ragioni della salute pubblica, le ragioni di chi parla di libertà personale e quelle di chi parla bene collettivo. La tentazione di rispondere con decisioni draconiane da dittatura e quella di intonare il “si salvi chi può!”. 

Riconsiderare la forma dell’uomo

Se riuscissimo a prendere ed elaborare questa inedita situazione (la pandemia) e volessimo trarne qualche concetto chiave potremmo arrivare ad alcuni punti di interesse. Il primo è certamente la comprova della inesorabile interdipendenza tra gli abitanti del globo. Il fatto che l’ultima variante conosciuta (Omicron) abbia agevolmente attraversato l’Africa e gli oceani come se avesse un lasciapassare diplomatico è molto eloquente. “L’essenziale è invisibile agli occhi”, incredibilmente evidente oggi la frase di Antoine de Saint-Exupéry , anche se in un contesto forse molto lontano da quello da lui inteso. L’invisibile brodo di umori e micro particelle in cui l’uomo naviga assume importanza capitale e ci ricorda che non siamo fatti di soli dati. Forse, quindi, andrebbe ristrutturata la nostra stessa concezione dei confini del nostro corpo che non sono affatto come li immaginiamo ora. Comprendono anche ciò che respiriamo, ciò di cui ci cibiamo e anche ciò che apprendiamo. L’impatto globale del problema, poi, ci parla di quanto sia necessario e urgente far fronte comune per affrontare questo come anche altri gravi problemi globali a venire. Il recente fallimento della “Cop 26” (The 2021 United Nations Climate Change Conference) evidenzia chiaramente il ritardo in cui ci troviamo.

La storia la scrivono i vincitori e qui di vincitori non se ne vedono

Di uno stato di allerta bellica si è parlato molto. Un generale, d’altronde, coordina gli interventi vaccinali in Italia. Ed ogni guerra sottende anche una guerra psicologica. Questa è evidente nei media e nei social col termine di “Infodemia”, il proliferare di informazioni, meme e opinioni che inquinano la percezione di ciò che sta veramente accadendo. Solo alla fine potremmo dire qualcosa di sensato, ora siamo ancora troppo coinvolti. E, come in ogni dopoguerra, solo se saremo disposti ad ammettere una percentuale di colpa, di pregiudizio, di stupidità e di miopia.

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