Il capoluogo lombardo si trasforma

Il capoluogo lombardo si trasforma

Milano, in trasformazione, è diventata molto simile ad alcune grandi capitali europee come Parigi, Londra, Amsterdam, quindi deve organizzare la sicurezza in modo adeguato a questa nuova realtà.

Il cambiamento della popolazione

Segue il capitolo andamento della popolazione. I residenti diminuiscono anche se di poco, aumentano i single ma, se queste sono le tendenze, tutti i discorsi sulla crescita della popolazione e sul trend positivo di Milano innescato nel dopo Expo sono completamente da rivedere. Milano rischia di perdere anziani, senza guadagnare coppie giovani. Un bilancio critico.

Trasformazione Milano, l’inflazione

Poi il tema inflazione. A livello nazionale è intorno al 5%. A Milano non è stata misurata ma sicuramente è molto superiore.

La scelta di vivere nell’hinterland

Questo spinge molte famiglie ma anche tanti giovani a soluzioni differenti da quella di risiedere a Milano. Appena fuori dal capoluogo lombardo c’è l’area metropolitana e poi tutta l’area esterna in cui servizi e abitazioni costano molto meno e in cui la pendolarità con il centro città non è così onerosa, sia dal punto di vista economico che del tempo impiegato. É una decisione obbligata e largamente prevista. I redditi da lavoro dipendente e gli stipendi di esordio anche per i laureati in materie tecnico scientifiche non sono saliti. Gli affitti a Milano, oltre che scarsi, sono molto cari, non stanno certo sotto il 30% dei redditi da lavoro.

Trasformazione Milano, il problema della povertà

Milano conta circa 140.000 famiglie in difficoltà che stentano ad arrivare a fine mese e a pagare affitti per le spese delle abitazioni. Aler e MM ne sanno qualcosa. In più si aggiunge la crescita della disoccupazione e dell’occupazione precaria nel settore dei servizi, gravemente colpito dalla desertificazione di molte attività commerciali colpite dagli effetti del Covid.

Le rigenerazioni urbane

Il sindaco Sala risponde con la città a 15 minuti proponendo un piano che ha, al proprio centro, le rigenerazioni urbane nelle aree ex industriali e ferroviarie e il tentativo di farsi finanziare il maggior numero possibile di opere attraverso i fondi del Pnrr. Tra questi si contano miglioramenti alla rete dei trasporti ma anche case popolari, biblioteche e musei. Il capitolo delle rigenerazioni urbane è quello che solleva, però, più perplessità. Alla fine, rispetto ad operazioni similari in altri Paesi dell’Unione Europea, le entrate fiscali che queste generano sono veramente basse. Poca tassazione, quindi poche entrate per Milano da convogliare poi nel finanziamento dei servizi. Gli accordi a loro tempo presi con le Ferrovie dello Stato, proprietarie di gran parte delle aree oggetto di rigenerazione, mostrano la corda. Sono accordi che si rivelano poco fruttuosi e anche lesivi dell’autorità comunale. Quello che al momento è entrato nella percezione collettiva è che il loro valore è cresciuto, arricchendo i promotori delle rigenerazioni in modo spropositato e conferendo loro un potere che solo negli anni d’oro del boom economico gli industriali avevano potuto ottenere.

Alla fine grazie alla libertà di azione concessa dall’attuale strumento urbanistico adottato a Milano il PGT consente ai rigeneratori e promotori immobiliari guadagni incomparabili a quelli mai realizzati nella storia della città. Infine, ultimo capitolo il suolo urbano. La ricerca della densità a ogni costo ha fatto sì che sia diventato troppo costoso per ospitare qualsiasi attività industriale anche sofisticata. Strano destino per una città ex industriale e anche un’ipoteca pesante sul futuro.