Cobra kai, la recensione marziale

recensione loop

Serie approdata su Netflix di recente che, agli occhi di molti, si trascina dietro un peccato originale che qualcuno non riesce a perdonargli e che ne pregiudica la visione.

Il peccato originale è essere la prosecuzione di un film smaccatamente anni ’80. Karate Kid simbolo di un periodo storico. Con tutti i suoi cliché e i suoi scivoloni benpensanti. Film in cui si parteggia smaccatamente per il protagonista tanto bidimensionale quanto favorito da una fortuna più che pilotata.

Ed ecco la sorpresa, questa serie sembra voler andare a rimediare agli errori e orrori del film. A più di 30 anni di distanza ritroviamo gli stessi personaggi (e gli stessi attori) che ci mostrano l’altro lato della storia. 

Non solo, quello che credevamo il cattivo rivela motivazioni ben più profonde del protagonista, ma pian piano intraprende un percorso di redenzione che lo porteranno ad ammettere con se stesso molte cose.

Entrano in campo anche i figli dei due rivali che faranno da detonatore di una storia lasciata in sospeso.

Con questa operazione narrativa viene affermato più che un cambio di stile, una filosofia diversa nel vedere la realtà, non più in bianco e nero ma piena di sfumature. Questa, tra l’altro è chiaramente dichiarata da Johnny Lawrence ed è proprio il punto di arrivo della sua metamorfosi.

Ma non pensiate sia solo un racconto incentrato sulla redenzione del cattivo, ci viene anche svelata la banale perbenista vita di Daniel Larusso. Padrone di una concessionaria traditore dello spirito semplice e genuino del suo maestro.

Immerso nel lusso tronfio di una vittoria, conseguita (con un colpo proibito), in un torneo di 34 anni prima. Anche lui dovrà, con fatica, fare i conti con le cose che aveva dato per scontato.

Per questo, nonostante inevitabili scivolate nella commedia romantica adolescenziale, non è una serie da licenziare con superficialità. Rimaniamo in attesa della terza stagione con una positiva aspettativa.