Milano continua ad offrire incontri con i grandi maestri dell’arte. Dal Marmottan di Parigi alle sale di Palazzo Reale, il maestro indiscusso della luce, Claude Monet, colui che ha saputo rappresentare il paesaggio non solo per qualità tecnica, ma anche per libertà inventiva, per luminosità cromatica e tocco spregiudicato, e per avere introdotto nell’arte uno straordinario rinnovamento.
Claude Monet, da Parigi a Milano
La mostra, promossa dal Comune di Milano e realizzata da Palazzo Reale e Arthemisia (aperta fino al 31 gennaio 2022), è a cura di Marianne Mathieu. Vi ha collaborato il Musée Marmottan Monet di Parigi (da cui proviene l’intero corpus di opere), l’Académie des Beaux Arts, l’Institut de France.
Tra le quaranta opere circa esposte: La spiaggia di Trouville (1870), Passeggiata vicino ad Argenteuil (1875), Il Parlamento di Londra (1904).
Il percorso cronologico
Interessante inoltre ricordare la presenza di Riflessi sul Tamigi (1905), Il ponte di Charing Cross (1899-1901), Le Rose (1925-1926) e alcuni degli ultimi dipinti mozzafiato dell’artista, le Ninfee. L’intero periodo creativo dell’artista è esibito in un percorso cronologico. Ci sono opere che l’artista non ha mai voluto vendere e che teneva gelosamente nella sua abitazione di Giverny. Michel Monet, il figlio, nel 1966 ha fatto una generosa donazione di opere al museo parigino, che prenderà proprio il nome di “Marmottan Monet”.
Claude Monet, le opere-chiave
Suddivisa in 7 sezioni, la mostra ci guida alla scoperta di una serie di opere-chiave sul tema della riflessione della luce, e dei suoi mutamenti di luce-colore. Fumo e nebbia; forme e masse architettoniche, profondità colorate, oscure e fantastiche, e ancora riflessi sulle acque del Tamigi che tutto avvolgono in una rarefatta astrazione, quasi cancellando l’oggetto rappresentato.
Ma, a mio avviso, l’apice è raggiunto con la serie delle Ninfee, frutto di un lungo studio. In esse l’acqua e i fiori rappresentati dall’artista ci fanno capire cos’è la pittura.
L’apice, le Ninfee
Nelle Ninfee l’artista annulla ogni riferimento prospettico e propone l’esperienza contemplativa di uno specchio d’acqua dove pochi fiori rosa, bianche o di un giallo pallido, spiccano nel rilievo dato da grandi pennellate. Tra il figurativo e l’astratto, ci si sente coinvolti dall’interno. Si assiste ad una visione di trasparenza e alla vibrazione di una natura in festa.
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