I concerti delle ospedaliere, Rousseau e altri viaggiatori

Una fotografia del Ponte dei Mendicanti a Venezia
Il Ponte dei Mendicanti, a Venezia

Fra il Seicento e il Settecento, a Venezia, accanto ai segni ostentati di una ricchezza derivata dai commerci e dalla buona amministrazione, c’è anche il volto di una città affollata di orfani, trovatelli, bambini illegittimi e abbandonati che trovano assistenza solo nelle istituzioni caritative locali, sorte già nel XIV secolo. Si tratta degli Ospedali che, come anche a Napoli e a Palermo, non hanno solo la funzione di curare i malati, ma più in generale quella di assistere varie categorie di emarginati.

Nelle scuole che vi sono annesse si studia assiduamente musica perché le funzioni sacre dei giorni festivi sono normalmente accompagnate da un coro e da strumentisti. Molti musicisti, fra cui Galuppi, Hasse, Legrenzi e Scarlatti hanno insegnato in tali ospedali. In quelli riservati alle fanciulle (la Pietà, gli Incurabili, i Mendicanti, l’Ospedaletto), si eseguono veri e propri concerti domenicali, anche perché il noleggio delle sedie contribuisce a rinsanguare le casse degli istituti stessi, che di solito godono solamente di un certo appoggio pubblico e delle donazioni dei fedeli. I concerti delle “ospedaliere” diventano famosi e non vi è straniero in visita a Venezia, che lasci la laguna senza averne sentito uno.

L’inglese Edward Wright che si trova nel 1720 a Venezia, così descrive ciò che ha visto e udito: le ragazze “si trovano in una galleria e sono rese quasi invisibili da una grata di ferro. L’esecuzione è eccezionale: molte di esse hanno una voce bellissima, e il fatto che siano nascoste alla vista, rende la cosa più affascinante”. Secondo le parole di un altro occasionale ascoltatore, il filosofo conte Charles de Brosses, le ragazze “cantano come angeli e suonano il violino, il flauto, l’organo, l’oboe, il violoncello, il fagotto: non vi è strumento che le metta in soggezione”.

Molto più dettagliato, e decisamente più divertente, è il racconto di Jean-Jacques Rousseau, in visita all’Ospedale dei Mendicanti, nel 1743. Così scrive nelle sue “Confessioni”: “Ogni domenica nelle chiese delle quattro scuole vengono eseguiti durante le funzioni del vespro dei mottetti per grande coro e per grande orchestra, scritti e diretti dai più grandi musicisti italiani, eseguiti in gallerie nascoste, esclusivamente dalle ragazze, la più vecchia delle quali non ha ancora vent’anni”. Ma Rousseau era fortemente incuriosito dalle ragazze nascoste, e non crede alle sue orecchie quando l’amministratore della Casa, il signor Le Blond, gli consente di pranzare con le ospedaliere, con questa conclusione: “Quasi tutte avevano un qualche grave difetto. Il carnefice rideva della mia crudele sorpresa. Tuttavia due o tre mi sembravano normali, ma non erano altro che delle coriste. Ero affranto. Durante il pranzo si animarono e diventarono allegre. La bruttezza non esclude la grazia ed esse ne avevano. Io pensavo: non si può cantare così senz’anima: ed esse ne hanno. Alla fine mi abituai talmente alla loro vista, che me ne andai da lì innamorato di quasi tutte quelle bruttezze”.