Sindrome di Leonardo, la recensione in crisi creativa

Un romanzo grafico sincero

Mettiamo ad un tavolino di una osteria della vecchia Milano un gruppo di amici che giocano a carte. Jack Kirby, Eisner, Pazienza, Crumb, Spiegelman e molti altri. Le carte sono dei tarocchi in cui sono rappresentati sogni e incubi, cruda realtà e fervida immaginazione. C’è la carta della crisi e della ricerca, l’insopprimibile bisogno di realizzazione, la storia personale e familiare, le tappe di una crescita e di una maturazione, il  sogno di essere all’altezza dei propri paladini e delle aspettative. 

Dialogo interiore

Il protagonista, accompagnato dalle proprie voci interiori, percorre vicoli ciechi e si perde tra mille possibili racconti, alcuni più solidi ed altri meno. Intanto la vita va avanti e gli affetti cercano di comprendere il suo stato senza riuscirci. Quanto può perdersi un esploratore che insegue suggestioni, immagini, fili logici, simboli. Vene di una miniera invisibile come è quella della narrazione. Il foglio bianco, peggio di una storia di cui non individuiamo un finale credibile. Un blocco che è più umano che creativo. Un stop nella vita di un uomo adulto ma che convive con tutti i fantasmi della propria infanzia (ed è li che si ritorna a cercare l’aiuto, un link). Metterli su carta è un bisogno non un gioco.

Uno stile unico

Il tratto di Maurizio Rosenzweig è riconoscibile e godibile. La sua capacità di tornire immagini e personaggi stupisce e tanto più il protagonista arranca nella propria ricerca più noi percepiamo uno spaccato di verità nel tormento umano, troppo umano, di un autore di fumetti.

Leggi anche
Il libro

Altri articoli
Pedivella