L’artista piacentino tiene una mostra personale alla Casa della Cultura di Milano (7-22 aprile 2025).
Romano Bertuzzi nasce a Forno di Coli (Piacenza) nel 1956 (qui di seguito una sintesi, a volo d’uccello, dalla nutrita biografia redatta da Eugenio Gazzola per la monografia su Bertuzzi intitolata An Art of Devotion, 2024, curata dallo stesso autore).
Alcune note biografiche
Bertuzzi ha frequentato la Scuola d’Arte di Piacenza, e inizialmente si è misurato con le condizioni ambientali trovate, sia nella natura sia nella città, usando materiali industriali come il plexiglas e la resina plastica, elaborando opere esibite allo Studio Grossetti e alla Galleria Cenobio Visualità nel 1986.
Nel 1990 installa Arpa eolica su un pianoro del Monte Aiona, in Liguria. Sempre in quell’area, in una radura, l’artista pianta una piccola selva di tubi di plexiglas di varia misura con emissione di suono al soffiare del vento.
Dal 1991 si tuffa in un intenso rapporto natura e vita con performance e installazioni improntate alla sua biografia. Nel ’93 realizza il progetto Arca di Noè: una zattera di legno, con coppie di animali da cortile, la quale percorre il Po fino al delta adriatico per risalire a Venezia verso un posto già individuato per una mostra.
Da qui in poi i progetti mix natura-biografia saranno frequenti. Ad esempio, la produzione a mano di pasta in forma di maccheroni lunghi circa venti centimetri, performance presentata alla fondazione Mudima di Milano col titolo I maccheroni.
Nel 2007 è stato girato il film su Romano Bertuzzi “Le radici dell’opera” regia di Renato Bettinardi.In questa circostanza, Carmelo Strano ha scritto una testimonianza sul suo lavoro che qui di seguito pubblichiamo.
“Il suo essere e il suo essere artista hanno per epicentro la sua condizione esistenziale e mentale di contadino come denunciano particolarmente le sue performance. Sin da piccolo, ha intrattenuto senza sosta un rapporto intenso con la terra di madre natura e con i derivati da essa, come è il caso di ogni prodotto utile per il nutrimento per l’essere umano.
È figura segnata dalla generosità e dalla spontaneità. Più che verso l’essere umano, piuttosto a favore di un suo rapporto esistenziale con l’ambiente, col mondo esterno, ora con la città e i suoi materiali (le plastiche, ad esempio) ora verso la natura direttamente (specie a partire dal 1991. Nel secondo caso, si cala nel terreno antropologico affidando agli elementi della natura o situazioni ambientali taluni propri segni tutti da identificare ma che hanno la chiave di volta nella sua biografia, a partire dalla quotidiana vita in una famiglia votata all’agricoltura: da qui la sua formazione collegata ai riti e ai cicli di quel mondo.
Produrre il formaggio e pensare all’arte per lui è tutt’una cosa, non c’è soluzione di continuità. L’artefatto e il mungere la mucca sono caratterizzati dalla stessa pulsione e dallo stesso concetto. Ma sarebbe fuorviante pensare all’identificazione arte-vita che fu praticata in ambito decadentistico o al concettualismo alchemico di matrice duchampiana.
Bertuzzi è tutto natura nell’orizzonte del suo pensiero e del suo pensare l’arte, sicché i suoi gesti sono tanto generosi quanto decisi, fino all’accanimento che mette nei suoi disegni che sono conseguentemente e puntualmente mimetici. Dunque, indenne totalmente da ogni interferenza dei fenomeni artistici di piglio deviante che hanno allungato e arricchito il cosiddetto “secolo breve”.