Ricorrenza Mozart – Ancora a Vienna alla corte degli Asburgo (1768 – 1769)

Johan Nepomuk della Croce, dipinto, 1780-81. Mozart al clavicembalo a quattro mani con la sorella Nannerl; a destra, il padre Leopold regge il violino e l'archetto; nel tondo , ritratto della madre, Anna Maria, morta nel 1778.

GIOVANNI CARUSELLI

Ecco il terzo capitolo della monografia su Mozart scritta da Giovanni Caruselli, nostro redattore, autore di saggi, collaboratore di Einaudi, Rizzoli, Vallardi, Diakronia, e altri editori, per testi di storia e filosofia (materie che ha insegnato).
La pubblichiamo, capitolo per capitolo (sono dieci), nella ricorrenza dei 250 anni dalla presenza in Italia del genio della musica. Tanti i contatti, le commissioni, i riconoscimenti ricevuti. Tra questi, nel gennaio del 1771, appunto, la nomina quale Maestro di Cappella da parte dell’Accademia Filarmonica di Verona.

 

I preparativi a Salisburgo

Negli ultimi giorni del lungo viaggio di ritorno Leopold così confessava all’amico Hagenauer le sue intime soddisfazioni e i suoi timori per il futuro: «Dio (quel Dio troppo buono con me peccatore) ha concesso ai miei bambini tali capacità che, anche a prescindere dai doveri paterni, mi tenterebbero a sacrificare tutto per coltivarle nel modo migliore. Ogni attimo che perdo va perduto per l’eternità, e se ho sempre saputo quanto sia prezioso il tempo per i giovani, ora ne sono più persuaso. Lei saprà che i miei figli sono assuefatti al lavoro. Se essi dovessero lasciarsi andare all’ozio col pretesto di essere di impedimento l’uno all’altro, tutta la mia costruzione andrebbe in pezzi … Ma chissà cosa si vorrà fare di noi al nostro ritorno a Salisburgo! Forse ci accoglieranno in modo tale che riprenderemo di buon grado il nostro fagottello e ce ne andremo di nuovo. Io almeno, se Dio vuole, riporto in patria i miei figlioli. Se non li si vuole, io non ne ho colpa. Comunque non li si avrà certo per niente».
Il rientro a Salisburgo di Wolfgang fu seguito da lunghi mesi di studio di cui sappiamo poco. Ma essi posero in secondo piano il problema della ristrettezza di vedute dell’ambiente culturale salisburghese, che tanto angustiava Leopold. Probabilmente egli stesso si preoccupò della formazione dei figli, curando l’apprendimento delle nozioni fondamentali di geografia, storia, letteratura e matematica, disciplina quest’ultima in cui Wolfgang sembrava particolarmente versato. È presumibile che Leopold abbia curato con particolare attenzione lo studio delle lingue straniere, quasi indispensabile per le tournée. Per quanto riguarda la preparazione più strettamente musicale Wolfgang dovette studiare le tecniche contrappuntistiche. Ce ne restano tracce in un quaderno con appunti sia di Leopold che di Wolfgang. Essi si servirono di un testo didattico molto noto in quel tempo e cioè il Gradus ad Parnassum di Johann Joseph Fux.

Qualche tempo dopo il suo ritorno a Salisburgo Wolfgang diede prova delle sue capacità creative componendo la Licenza, cioè la musica che doveva accompagnare la celebrazione del V anniversario della consacrazione dell’arcivescovo. Questi, venuto a conoscenza delle capacità del ragazzo, decise di metterlo alla prova in un modo abbastanza inusuale. Gli fece comporre la prima parte di un oratorio in una rigorosa clausura, durante la quale gli era interdetta ogni comunicazione con l’esterno. La prova fu superata brillantemente e l’oratorio Die Schuldigkeit des ersten Gebotes (K 35, L’obbligo del primo comandamento), venne rappresentato presso la corte arcivescovile il 12 maggio 1767 con grande successo. Come l’intestazione dell’oratorio sottolinea, Mozart aveva allora solo dieci anni. Le altre due parti furono scritte dai due musicisti di corte, Johann Michael Heider e Anton Cajetan Adlgasser.

La composizione dell’oratorio costituisce il primo severo esame del Mozart musicista, che vi lavora rifacendosi all’antica tradizione tedesca, risentendo dell’influenza del padre e di Johann Ernst Eberlin, maestro di cappella salisburghese. Tuttavia altrettanto presenti sono gli influssi di Schobert e di Johann Christian Bach, di cui Wolfgang ha assimilato lo stile a Parigi e a Londra. Altra composizione di questo periodo è Apollo et Hyacinthus seu Hyacinthi Metamorphosis (K 38), cioè una breve opera (tecnicamente un intermezzo) che veniva eseguita fra i due atti di un dramma. Wolfgang la scrisse in occasione della rappresentazione che per tradizione gli studenti dell’università tenevano alla chiusura dell’anno accademico. Il testo del dramma, dal titolo Clementia Croesi, era in latino e la rappresentazione ebbe luogo con successo nel maggio 1767. Risalgono a questo periodo anche quattro Concerti per pianoforte in fa, si bemolle, re e sol maggiore (K 37, 39, 40, 41), tratti da originali di altri autori e probabilmente messi a punto in vista di un nuovo viaggio a Vienna. Dieci mesi di permanenza a Salisburgo probabilmente erano stati ritenuti da Leopold sufficienti a smaltire le fatiche fisiche e psicologiche del precedente viaggio e cosi I’11 settembre 1767 i Mozart erano ancora in cammino alla volta della capitale.

Intrighi e successi sulle rive del Danubio
L’occasione era data dai festeggiamenti che dovevano tenersi per il matrimonio tra Maria Carolina, arciduchessa d’Austria, e Ferdinando, re di Napoli. Dopo due giorni di viaggio i Mozart giunsero nella capitale, ma gli eventi dovevano prendere una piega sfavorevole, se non drammatica. In quei giorni, infatti, una violenta epidemia di vaiolo colpiva la città e la stessa Maria Carolina ne restò contagiata. Benché Leopold prudentemente si allontanasse dalla città, Wolfgang e Nannerl si ammalarono egualmente mentre si trovavano a Olmütz. La malattia ebbe per ambedue un pericoloso decorso e Wolfgang perse la vista per nove giorni. Le cure generosamente offerte dal conte Leopold Anton Podstatzky, che li ospitava, salvarono la vita ai due ragazzi. Il rientro a Vienna fu possibile solo il 10 gennaio 1768. L’imperatrice Maria Teresa, che aveva saputo delle disavventure dei Mozart, li invitò subito a corte, mostrando un reale interessamento per la loro salute. Ma l’atmosfera lì era cambiata. Morto l’imperatore Francesco I nel 1765, il figlio Giuseppe II era stato associato al trono con la madre e aveva inaugurato una gestione economica piuttosto austera, tagliando le spese destinate alle attività artistiche. Lo stesso teatro di corte era stato dato in appalto e l’aristocrazia viennese, allineandosi al nuovo corso, aveva ridotto il numero dei concerti privati. Fatalmente si era determinata una forte concorrenza fra i musicisti, costretti a contendersi quel poco che restava. Altrettanto inevitabile e comprensibile era poi l’ostilità di questi ultimi verso gli artisti che arrivavano da altre citta.

Dalle parole di Leopold emerge quanto i Mozart abbiano sofferto per la nuova situazione creatasi. «Sono venuto a sapere che tutti i clavicembalisti e compositori di Vienna si oppongono a che noi facciamo strada, eccettuato il solo Wagenseil, il quale, però, costretto a casa da una malattia non ci può aiutare per niente o almeno può fare assai poco per noi. La parola d’ordine di questa gente è evitare in tutti i modi un incontro con noi, per non dover riconoscere le capacità del nostro Wolfgangerl. E questo perché? Perché alla domanda se hanno ascoltato il fanciullo e che cosa ne pensano possano sempre rispondere di non averlo udito e che comunque la cosa non può essere vera; che è tutta una ciarlataneria e una arlecchinata, che tutto è combinato affinché gli si dia da leggere solo musica che lui già conosce; che è ridicolo credere che egli sappia già comporre, etc. È per questo … che ci sfuggono … Uno di loro sono riuscito a intrappolarlo. Ci eravamo messi d’accordo con una certa persona che ci avrebbe avvisato quando quello fosse giunto; egli però sarebbe arrivato recando con sé un concerto di eccezionale difficoltà che noi avremmo sottoposto a Wolfgangerl. E cosi facemmo. E costui ebbe modo così di sentire il suo concerto suonato a prima vista da Wolfgang, come se lo sapesse a memoria. La meraviglia del compositore e clavicembalista, le espressioni e le frasi con cui egli si mise ad esprimere la sua ammirazione ci fecero intendere tutto ciò che … ho già detto. Infine egli disse: “Io non posso far altro che affermare sul mio onore che questo fanciullo è il più grand’uomo che viva oggi al mondo: parrebbe impossibile crederlo!”».

Per un momento sembrò che ogni problema si risolvesse allorché l’imperatore commissionò a Wolfgang la composizione di un’opera, esprimendo anche il desiderio di ascoltarla sotto la direzione dell’autore. Così l’impresario del teatro di corte, Giuseppe Affligio, propose a Wolfgang un contratto che prevedeva un compenso di cento ducati. Ci si orientò su un soggetto comico, La finta semplice (K 51) di Carlo Goldoni, e si diede l’incarico di scrivere il libretto dell’opera al poeta fiorentino Marco Coltellini, che operava nella capitale da diversi anni. Ecco la trama dell’opera. Due anziani fratelli Cassandro e Polidoro ospitano un giovane ufficiale ungherese di nome Fracasso e il suo servitore Simone. Fracasso si innamora di Giacinta, sorella dei due padroni di casa, mentre Simone si innamora della cameriera Ninetta. Poiché Cassandro e Polidoro si oppongono alla relazione di Fracasso e Giacinta, interviene Rosina, “la finta semplice” sorella di Fracasso, che fa innamorare di sé i due. Ad essi è fatto credere che Rosina e Ninetta sono fuggite di casa con tutti gli averi e i due ricchi fratelli promettono la mano di Giacinta a chi riporterà a casa Rosina e Ninetta con la refurtiva. Ovviamente riescono nell’impresa Fracasso e Simone, che così possono raggiungere il loro scopo.
La composizione delle musiche procedette senza intoppi, ma questi si presentarono al momento della messa in scena, sia per la diffidenza dell’Affligio nei confronti dei Mozart, sia per l’ostruzionismo di cantanti e orchestrali. Con la consueta energia Leopold denunciò gli intrighi che si sviluppavano dietro le quinte della rappresentazione: «In breve non posso dire se non che tutto l’inferno musicale è insorto ad impedire che venga riconosciuto il valore di un bimbo. In questo periodo di tempo, tutti i compositori, Gluck alla testa, hanno lavorato sott’acqua quanto hanno potuto pur di ostacolare quest’opera, sobillando i cantanti, aizzando l’orchestra. I cantanti, i quali fra l’altro non sanno quasi leggere le note, dovevano dire che non potevano cantare le arie, l’orchestra che non gradiva di essere diretta da un ragazzo; e cento altre cose del genere. Per di più qualcuno saltò fuori a dire che la musica non valeva un ficosecco. Come lo seppi, informai gli ambienti musicali più autorevoli che il padre della musica, Hasse, e il grande Metastasio invitavano tali denigratori a recarsi da loro, per dire loro personalmente che a Vienna erano state rappresentate trenta opere delle quali non un solo pezzo poteva paragonarsi all’opera di questo ragazzo. Si disse allora che non il ragazzo l’aveva scritta, ma il padre. Feci perciò prendere un volume del Metastasio, il primo a portata di mano, e diedi a Wolfgang la prima aria che ci cadde sott’occhio, ad apertura di libro. Egli prese la penna e, alla presenza di molte ragguardevoli persone, senza pensarci su, la musicò, scrivendo anche la parte di molti strumenti, con sbalorditiva rapidità…».

Il magnetismo di Mesmer e quello di Wolfgang
Leopold parla poi di un palleggiamento di responsabilità per l’intera vicenda fra i cantanti e l’Affligio e manifesta la sua intenzione di ricorrere alla suprema autorità imperiale per avere giustizia. In effetti egli si recò il 21 settembre dal sovrano, il quale gli assicurò il suo intervento. Ma tale intervento, se vi fu, non ebbe esito perché l’opera non venne rappresentata. Fu, invece, rappresentata un’altra piccola opera composta da Wolfgang in quel periodo, Bastien und Bastienne (K 50). L’esecuzione avvenne nel teatro privato all’aperto di una celebrità dell’epoca, il dottor Anton Mesmer, teorico degli effetti terapeutici del magnetismo. La trama dell’opera, che ebbe grande successo, è molto semplice. Colette, una giovane contadina, si rivolge a un indovino perché il suo innamorato, Colin, l’ha abbandonata. L’indovino la tranquillizza dicendole che Colin è stato sedotto dalla padrona del podere, ma ama ancora lei e perciò ritornerà a cercarla. Colette, però, dovrà far finta di non volerne più sapere di lui, in modo da alimentare il suo amore. La ragazza promette e, quando il suo innamorato torna da lei, finge freddezza. Colin disperato si reca dallo stesso indovino per avere aiuto e consiglio. Questi gli promette che userà la sua magia per fare innamorare Colette, ma Colin, nel frattempo, dovrà fare di tutto per riconquistarla. Quando Colin, ormai privo di speranze per la freddezza di Colette, che gli ha fatto credere di amare un altro, sta per allontanarsi dal villaggio, lei lo richiama e gli rivela di amare solo lui. Segue la riappacificazione e la ricompensa dell’indovino in una atmosfera da festa paesana che fa da corona alla felice conclusione della storia d’amore.

A ripagare Wolfgang per le delusioni patite in precedenza, dopo il successo di Bastien und Bastienne, arriva l’incarico dell’imperatore di comporre una Messa solenne e un Concerto per tromba. L’occasione è l’inaugurazione della chiesa annessa all’Orfanotrofio che, a opera del suo direttore Ignaz Parhammer, era divenuto centro di qualificate attività musicali. L’esecuzione, alla presenza della corte, avvenne il 7 dicembre 1768, sotto la direzione dello stesso Wolfgang. Poco tempo dopo i Mozart ripartirono per Salisburgo dove giunsero il 5 gennaio del 1769. L’arcivescovo Sigismondo, che aveva avuto notizia dei successi mietuti e delle difficoltà incontrate da Wolfgang a Vienna, decise di fare rappresentare al teatro del palazzo arcivescovile La finta semplice. Nella locandina spiccava l’annotazione: “La Musica è del Signor Wolfango Mozart in Età di Anni dodici”. Sarebbero seguiti lunghi mesi di riposo e di preparazione ai futuri impegni.