Comunicazione e danza
Ogni paese promuove i suoi protagonisti della danza e della performance contemporanee a modo proprio, sostenendone l’impegno creativo, la presenza nelle reti internazionali, la presentazione in tournée, le coproduzioni, la comunicazione. Sono molteplici le iniziative sul campo, come www.madeintheweb.com nei paesi scandinavi, o come la rete Dancecrossing che include varie associazioni e partner internazionali, come Nimit in Polonia e South East Dance nel Regno Unito.
In evidenza anche le piattaforme internazionali che radunando i potenziali “compratori” intorno a vetrine di opere e lavori selezionati.
Le piattaforme in Europa
Le principali sedi di promozione della nuova danza in Europa includono l’Opera Europa Next Generation, finanziata dal programma Europa Creativa, che supporta artisti emergenti dal 2025, il festival ImPulsTanz a Vienna, che è il più grande in Europa, con performance e workshop, e il progetto An Ideal City promosso dalla Fondazione Nazionale Danza/Aterballetto d’intesa con la Grecia e il Belgio, cofinanziato sempre da Europa Creativa, che porta la danza contemporanea in spazi pubblici di diverse città.

ImpulsTanz, Wien. Ph: https://simskultur.eu/en/impulstanz-2025-vienna-international-dance-festival/
Aerowaves, a hub for dance discovery in Europe, è approdato quest’anno a Gorizia-Nova Gorica, città europea della cultura 2025.
Le piattaforme in Italia
Quanto all’Italia, se il balletto classico ha i suoi santuari, di recente a Vicenza (Youth Grand Prix Europe e a Padova, Premio Sfera d’oro), la NID Platform è la piattaforma nazionale per la danza contemporanea, nata da un’idea della R.T.O. (Raggruppamento Temporaneo di Operatori) e sviluppata in collaborazione con AGIS e ADEC, con il MiC, Ministero della Cultura, e con le Regioni e “favorisce lo scambio tra coreografi e programmatori del settore”. La nona edizione si è svolta a Civitanova Marche in ottobre.
NID, la selezione
Fervono dibattiti e discussioni intorno a ogni edizione della NID, fin dalla nascita; ogni volta la vetrina cambia regione e giuria/commissione artistica, ma i temi cruciali non cambiano, quando la grande “famiglia contemporanea” si ritrova numerosa e festante.
La questione cruciale, ovviamente, ruota sempre intorno a chi ha scelto e come ha scelto, sia gli spettacoli già in essere rappresentativi del panorama italiano, sia gli Open Studios, embrioni di lavori considerati promettenti, in cerca di partner per crescere fino ad assumere un formato completo. Le residenze internazionali, ad esempio con Norvegia e Canada sono un buon esito dell’impregno della NID.
NID, macchina complessa
Sulla scorta di più anni, elogiando l’opera meritoria degli organizzatori di una macchina piuttosto complessa su più spazi e più teatri in contemporanea, è evidente che il fervore di opinioni contrastanti circa i nomi selezionati con titoli già noti interessa solo, o principalmente, i sommersi e i salvati.
Manca una aperta autoanalisi, un’autocritica consapevole, da parte dei protagonisti, sulla “spendibilità” effettiva dei lavori prescelti. Le proposte, quanto agli osservatori professionali, sono tutte ugualmente valide e tutte ugualmente discutibili, non essendo apparse nel tempo, attraverso le varie edizioni della NID, rivelazioni in grado di fare la differenza, di spiccare, di emergere con prepotenza dal cartellone.
Lo scontento, che serpeggia da sempre, forse necessario e inevitabile comunque, e forse persino sano, come si incanala? Sarebbe forse più sano, se diventasse motore creativo, spinta inventiva, creatività controcorrente, specie nelle tempeste che la geopolitica mostra con prepotenza ogni giorno.
NID, i formati
Un altro punto nodale è quello dei formati, soli, duetti, formati piccoli, certo giustificati dalla fragilità del sistema danza in Italia, sottofinanziato e sottostimato. Ma quello che manca davvero dopo più edizioni della NID è la sfida, l‘asticella che si alza, la proposta di osare andare oltre alla propria confort zone circoscritta.
Chi dovrebbe offrire una chance per crescere? Teatri, festival, programmatori, compagnie, in cerca di idee e nuovi stimoli. Di fatto non accade. Non ci si fida; non si vuol correre il rischio. Le sale vanno riempite, preferibilmente a colpo sicuro.
Un esempio di ricerca, Ravenna
Solo a Ravenna Anticorpi XL, che ha compiuto 25 anni, cerca di far incontrare coreografi/e impegnati/e nella propria ricerca con compagnie professionali di medio numero che operano con qualità nel campo del balletto contemporaneo, come MM o Balletto di Roma o Nuovo Balletto di Toscana, nel ciclo Prove d’autore, che si è confermato una scommessa di buon esito.
Più agevole portare la danza nei musei, con performance, come le MicroDanze di Aterballetto, che possono sforare i tempi canonici dello spazio white box, in luoghi “altri” dal teatro, dove la danza è opera in movimento tra le opere, con un pubblico fluttuante in moto anch’esso, “non annoiabile”.
Difficile andare oltre, anche in linea con il disegno Ministeriale che tende a valorizzare gli spettacoli “accessibili” – al di là dei lavori di ricerca più ostici e talvolta non proprio riusciti nella drammaturgia che non corrispondono realmente ai presupposti “alti” a cui mirano –, in grado di richiamare un pubblico numeroso.
NID, la danza italiana
La percezione delle obbligazioni disciplinari, la discussione sui linguaggi, sulla cultura e sulla storia riguardo alla danza non sembra essere una priorità. Si privilegia “l’eccezione italiana”, il pluralismo come valore e come vocazione rivendicata.
Nella tradizione italiana del ballo come alto artigianato, “di servizio” nei teatri d’opera, e nel passaggio alla danza contemporanea d’autore anni ‘80, libera e varia, come svolta-rivolta rispetto alla tradizione, si è saltata la fase dell’impianto di una “danza danzata” rigorosa.
Dopo la fase modernista delle pioniere centro-europee e l’era di un coreografo dal linguaggio “misto” come Aurel Milloss, lo sviluppo di un humus contemporaneo è fiorito sulla scorta soprattutto dell’impatto diretto di Carolyn Carlson, maestra ispirata, e quello indiretto di Pina Bausch, amata e imitata per la sua narratività teatrale.
La danza pura, la coreografia pura, non ha goduto del favore che avrebbe meritato. Il postmodern USA, quello di asciutta costruzione logica – un nome per tutti, Trisha Brown – non ha messo radici in Italia. L’interdisciplina e l’a-disciplina, sapienti o pretestuose, hanno occupato rapidamente il campo, saltando il passaggio fondamentale del magistero geometrico-costruttivo del postmodern americano, salvo il caso di Michele Pogliani, a lungo con Lucinda Childs a new York.
Adriana Borriello, già con le prime Rosas minimaliste di Anne Teresa De Keersmaeker in Belgio, si è poi volta al suo Sud, impegnandosi in una ricerca narrante.
La danza pura, rara, alla NID 2025 ha potuto contare su Jacopo Godani (per Spellbound Contemporary Ballet), di scuola tecnicamente ed esteticamente netta, nata nel contatto creativo con William Forsythe a Francoforte.

NID, le generazioni
Se in Francia, da sempre capofila di nuove correnti, brillano (La) Horde, Maud Le Pladec, Konstantinos Rizos, i nomi forti della generazione Z, che pescano dalla Ballroom, dal Vogueing, dal Clubbing, per fare arte dalla protesta, dalla rivolta, dalla frustrazione, dalla rabbia, alla NID è Sofia Nappi nel suo Pupo a presentare il volto italiano di questo fenomeno, partendo con un vigore incisivo, con danzatori di bella personalità, salvo volgersi poi a una sorta di teatro di maschere, che abbassa la temperatura.
Le seconde e terze generazioni di nuovi italiani ancora non sono approdate alla ribalta. Altri festival, vetrine, centri coreografici europei sono stati più pronti nel generare opportunità agli artisti dell’”altrove”.
NID, le tematiche
Sintetizzando: troppo teatro per la danza, troppa cultura – si sente spesso e volentieri il bisogno di un principio di autorità, di una ascendenza colta, di riferimenti alti per giustificare la danza, di qui troppa parola, troppa occasionalità – di celebrazioni, anniversari, premi – troppa autobiografia-autoanalisi-identitarismo. Non manca mai l’eros, l’ossessione, l’eccesso, come in Venere versus Adone di Enzo Cosimi con Alice Raffaelli e Leonardo Rosadini. Eros, corpo, danza, vanno insieme dagli albori dell’umanità; qui, una certa ironia aiuta a declinare un tema obbligato.
Non di rado, nelle dichiarazioni degli artisti in programma, si vuole coinvolgere il pubblico dettandogli le regole per essere partecipe: una lotta tra scena e platea. Spesso i propositi degli autori e delle autrici vengono espressi con un paralinguaggio “nobilitante” piuttosto oscuro, “visionario”, che interroga la comprensione. Si tratta di sentire più che di capire, nelle questioni artistiche, certo. Nessuna censura e libertà di espressione sono d’obbligo, sono il respiro vivificante, purché non autoritario ed elitario.
NID, il mercato e la cultura
Non ci sono dati esaurienti sulle ricadute della vetrina di produzioni italiane quanto alle scelte di eventuali compratori soprattutto stranieri, in tempi di tagli di budget, di guerre, di cambiamenti normativi.
Più di 300 operatori, giornalisti, direttori di festival, e più di 30 compagnie si sono incrociati a Civitanova, un crocevia benefico anche per incoraggiare gli artisti più giovani a lanciarsi nella mischia del “mercato” della danza contemporanea, quanto meno europea.
Negli USA, intanto, che anticipano spesso la vecchia Europa, l’attenzione si appunta sulle ricadute, in quelle Università che contano su studi e pratiche di danza, delle politiche del capitalismo globale che mira a sostenere le discipline STEM a sfavore degli studi umanistici, minandone la visibilità, e conducendo una guerra culturale interna al paese di riferimento nel mondo occidentale.
Come reagirà la danza in Europa? Come sarà la prossima NID, prevista a Torino a settembre 2026? Lavori commerciali o “commerciabili”? Artisti versus pubblico? Cultura versus mercato?








