Milano e Torino lasciano la grande industria.

Lombardia coronavirus sulla rubrica Spazio Milano di Fyinpaper, logo con scritta e disegno del Duomo di Milano

I destini dei sindaci di Milano e Torino sono profondamente differenti.

Il primo, Sala, è erede di una trasformazione urbana di successo, la seconda, l’Appendino, di una trasformazione mancata e di parziale insuccesso anche al di là delle sue responsabilità. Le ragioni stanno nella storia delle due città e di quanto le condizioni concrete hanno reso facile l’abbandono dell’industrializzazione.

Il cambiamento è stato più agevole a Milano, dove il tessuto industriale era fatto di aziende grandi, piccole e medie e dove la classe dirigente era composita e molto articolata nelle ambizioni e opzioni politiche. Per Torino, la cui economia a un certo punto era dipendente per l’80% dal gruppo Fiat, il processo di separazione consensuale è stato spinoso. Un divorzio molto problematico. In più la classe dirigente era ristretta e incline a dar sempre ragione alla Fiat.

La diversità degli atteggiamenti si coglie anche nel mondo sportivo. La storia sportiva di Milano è simboleggiata dal più ricco editore e proprietario di media Silvio Berlusconi e dalla famiglia di petrolieri, i Moratti. Il primo padrone assoluto del Milan, i secondi dell’Inter. Ambedue vendono senza remore al miglior offerente i loro club di calcio. Sembra un abbandono definitivo, ma Berlusconi ricomincia zitto zitto con un altro club della vasta area metropolitana milanese, il Monza, comprato a prezzi stracciati. Miracolo della flessibilità! A Torino gli Agnelli, persa la corona della città dopo aver deindustrializzato ben 22 aree, trasformato in centro commerciale lo storico Lingotto e svuotato Mirafiori, hanno conservato la proprietà del club calcistico di famiglia, la Juventus. Hanno messo a capo un membro della famiglia Agnelli e hanno continuato come se niente fosse. Gli hanno fatto vincere quasi tutto mentre la Fiat perdeva tutto. Il Monza è stato comperato da Berlusconi associato a Galliani mentre era in serie C, ora è in serie B e il prossimo anno, dopo una parsimoniosa campagna acquisti, sarà in A. Potevano fare altrettanto gli Agnelli con l’Ivrea football club cedendo lo scettro della Juventus dopo aver perso quello della Fiat?

Le classi dirigenti rimangono diverse, più americana quella di Milano. Il modello USA è molto semplice: se perdi il controllo dell’attività economica di maggior rilievo della tua città devi lasciare anche il club sportivo.