L’ibrido animatronico nelle Camille di Marta Cuscunà

Le Camille di Marta Cuscunà allo Strehler
Foto di Guido Mencari

La tecnologia, la sopravvivenza, le Camille

Undici miliardi, un numero che nei millenni ha trasformato il nostro pianeta Terra. Tanti siamo sul pianeta. Il risultato non è incoraggiante: piante, fiori, animali hanno subito l’evoluzione dell’organizzazione umana. La tecnica e la tecnologia hanno favorito la crescita economica con vantaggi per la sola specie umana. Ma oggi rappresentano l’estremo limite alla sopravvivenza dell’uomo stesso e di molte altre specie viventi.

Donna Haraway (1944), filosofo, Distinguished Professor presso il Dipartimento di storia della coscienza e il
Dipartimento di studi femministi all’Università di California, femminista e già autrice del Cyborg Manifesto (1984), nel suo testo Staying with the Trouble (2016) descrive la sua idea con cruda realtà. La sopravvivenza è garantita dalla promiscuità: persone e altre specie possono e devono “mescolarsi” per garantirsi un futuro. In una parola: fine dell’Antropocene.

La tecnologia consentirà la creazione di esseri cyborg i cui geni saranno un melting pot tra specie diverse. L’organizzazione sociale fra le colonie di questi nuovi esseri sarà rigida. Essa dovrà allentare e quasi misconoscere l’atto d’amore a scopo riproduttivo, salvo casi di necessità. In più la nascita di nuovi esseri potrà avvenire secondo modalità varie ma pur sempre tipiche delle specie da cui gli esseri provengono. Fine della copulazione tipicamente mammifera.

In tale situazione estrema gli umani saranno ai margini, spettatori inadatti a comprendere i linguaggi e le tendenze sociali delle colonie miste create ad hoc, per scongiurare l’estinzione. Uomini superati persino dall’AI (Artificial Intelligence) che, con tutti i limiti che le derivano dall’essere di indiretta origine umana, desidera lasciare un segno del suo passaggio, un figlio.

Le Camille di Marta Cuscunà

Marta Cuscunà porta finalmente a Milano, al Teatro Strehler, lo spettacolo Earthbound ovvero la storia delle Camille, nato e creato durante la pandemia, che ne ha rallentato l’uscita. Una storia di isolamento forzato secondo un rigoroso sistema organizzativo tecnologicamente controllato, ma dalla dirompente forza comunicativa: l’apparenza inganna.

L’aspetto sgraziato, le forme inconsuete dei corpi delle Camille, che sono conseguenza della riproduzione regolamentata e geneticamente modificata, tradiscono l’ingenua meraviglia e la profonda gentilezza d’animo che le pervade in tutto il loro essere cyborg. Le Camille abitano Earthbound 63, una colonia dove vivono in piccoli comunità, destinate a riprodursi, ove possibile, dopo quarantuno anni, e ciò per evitare il rischio di estinguersi.

L’ibridazione necessaria

“Create legàmi, non bambini” è il mantra che giustifica la loro esistenza mirata ad essere inconsapevole – ma necessario- oggetto di esperimento di laboratorio. É in quest’operazione laboratoriale  che il desiderio fisico troverà il proprio posto. Essa sarà pervasa dal principio di amore per l’altro, secondo la syn-poiesis  (creare/fare con) di Donna Haraway, contrapposta all’auto-poiesis (crearsi, autocrearsi).

Le Camille di Marta Cuscunà allo Strehler
Foto di Guido Mencari

Una coraggioso principio che mette all’angolo anche gli attuali dibattiti sulla “gestazione per altri”. Attraverso la mescolanza di specie, la riproduzione è possibile anche grazie al vento, all’opera di un’ape al poggiarsi su di un colorato fiore.

Marta Cuscunà, con i suoi straordinari esseri animatronici, ci catapulta in un futuro distopico nel quale gentilezza, educazione, rispetto, amore e solidarietà fra diversi è la chiave per non sparire.

Uno spettacolo meravigliante nel quale la Cuscunà conferma tutte le sue doti di performer e interprete lontana da ogni schema precostituito, con lavori originali sotto l’aspetto dell’interpretazione, della direzione, sempre caratterizzati da molteplici chiavi di lettura.

 

Earthbound ovvero le storie delle Camille

liberamente ispirato a Staying with the Trouble di Donna Haraway (© 2016, Duke University Press)

di e con Marta Cuscunà 
scena, progettazione e realizzazione animatronica Paola Villani
assistente alla regia e alla realizzazione animatronica Marco Rogante
scultura creature animatroniche João Rapaz (Oldskull FX) 
dramaturg Giacomo Raffaelli 
disegno del suono Michele Braga 
disegno delle luci Claudio “Poldo” Parrino
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Etnorama 
con il sostegno di São Luiz Teatro Municipal 
con il supporto di Istituto Italiano di Cultura di Lisbona, i-Portunus, A Tarumba – Teatro de Marionetas, i cittadini e le cittadine che hanno aderito al progetto #iosonoMecenate
in collaborazione con Dialoghi – Residenza delle arti performative a Villa Manin 2018/2020
Dal 27 al 30 aprile 2023, Teatro Strehler, Milano

 

Dello stesso autore: L’Earthbound di Marta Cuscunà con un occhio a Donna Haraway