Quando l’ho incontrata a Londra, a metà degli anni ’70, pochi si interessavano alla sua arte, meglio dire quasi nessuno. Ora, dopo tanto tempo, le vengono dedicate delle retrospettive. Inoltre, una bella monografia scritta da Nick Wadley rende giustizia alla sua ricerca pittorica e grafica.
É nata a Varsavia nel 1907, figlia di un pittore, Jakub Weinles. Dopo il liceo, studia all’Accademia di Belle Arti della sua città, diplomandosi nel 1931. Da studentessa fa la conoscenza di Stefan Themerson, che sposa proprio l’anno in cui si diploma. Il percorso di studi del marito è di tipo scientifico: studia prima Fisica e poi architettura al Politecnico di Varsavia. Poco dopo il matrimonio, girano una serie di filmati sperimentali: « Farmacia» (1930), « Europa, tratto da un poema di Anatol Stern» (1931-1932), «Corto-circuito» (1935), « Le avventure d’un cittadino» (1937). Nel 1938 si stabiliscono a Parigi. Franciszka si è dedicata alla pittura ma non si sa niente di quello che ha fatto fino al 1940. Quando scoppia la guerra, Stefan ha raggiunto le truppe polacche che combattono sul fronte francese. Quando la vittoria tedesca era diventata un fatto compiuto, Franciszka è partita subito per Londra. Stefan è rimasto bloccato dall’altra parte della Manica, e ha vissuto clandestinamente per due anni. Ha dovuto nascondersi da una città all’altra, a Parigi, a Tolosa, oppure nella campagna in una zona non ancora occupata dai Tedeschi.
Quando riesce finalmente a raggiungerla in Inghilterra, decidono di proseguire la loro ricerca cinematografica, girando due nuovi filmati, « Calling Mr Smith » nel 1943 e «The Eye and the Ear», remake di « Europa ». Dopo la fine della guerra, hanno creato una casa editrice chiamata « Gaberboccus Press ». Tra gli autori più famosi che hanno pubblicato, Alfred Jarry, Raymond Queneau, Guillaume Apollinaire e Bertrand Russell. Stefan pubblica anche i suoi romanzi, « Professor Mmaa’s Lectures», scritto durante il conflitto, e anche « Bayamus», nel 1945, illustrato da Franciszka, come tanti suoi libri.
Quando si era ritrovata da sola a Londra, Franciszka aveva soprattutto disegnato; questi lavori sono stati riuniti in un’antologia. Non abbandona mai il disegno e fa un grande numero di illustrazioni, ma allora si è messa a dipingere. I suoi primi quadri sono piuttosto di carattere figurativo, ma si avvicinano all’onirico e al surreale. Ama molto rappresentare gruppi di persone che camminano nelle strade. Queste figure sono spesso trasparenti o superespote. Non va nella direzione del realismo.
Nel ’47 cambia completamente l’orientamento e sceglie di comporre scene con personaggi che hanno un aspetto buffo e grottesco. Queste opere hanno una lontana vicinanza con i lavori di Jean Dubuffet e l’Art Brut. Tutte queste figure sono messe in scena dentro uno spazio che non riconosce più le leggi della gravità, ma sono poste in mezzo ad una relatività tutta personale. Di più, sono rinchiuse dentro una fina rete di tratti neri. Secondo il suo istinto e la sua fantasia, sono dei «concentrati di emozioni». Si definiscono al confine dell’arte figurativa, con notevoli defigurazioni, ma lei non ha desiderato andare oltre, cioè verso l’astrazione, allora dominante in Europa e negli Stati Uniti. In questo periodo (inizio degli anni ’50), ha già scoperto lo spirito della sua estetica. Ma non si fermerà mai a uno stile o ad un concetto formale: la sua opera è un movimento. La sua libertà grafica e cromatica è assoluta.
Poco a poco, ha scelto il colore bianco non solo come sfondo, ma anche come tinta di quasi tutti gli elementi delle sue composizioni, come i corpi o gli oggetti. Non è mai stata completamente monocromatica, ma c’era una vera tentazione. Questo si verifica spesso nel corso degli anni. Solo un esempio: nel 1960 ha dipinto un grande quadro su un fondo rosso chiamato un «Signore che è stato sviluppato dallo Stato», dove c’é una fortissima distorsione e derisione delle forme. Inoltre, usa numerose tecniche, sempre alla ricerca di formule diverse e anche contrastanti. Ogni lavoro che crea è una sperimentazione nuova. Aggiunge spesso alla matita e al colore del pennello, il collage e l’assemblage. Ma deve cambiare metodo in continuazione. E poi torna sempre al dominio del bianco, come si può vedere un un quadro intitolato «Napoleon as seen by Wellington, or vice-versa» del 1975.
Il gioco, l‘umorismo, il wit, sono stati sempre presenti nella sua riflessione plastica, a un livello più o meno elevato. Una delle sue opere più notevoli è stata il ciclo di disegni fatti per il celebre pezzo teatrale di Alfred Harry, «Ubu roi» quando è stato tradotto in inglese. Sono un grande numero di disegni in bianco e nero che sono stati stampati in un album. Poi ha creato i costumi per la rappresentazione dell’opera teatrale all’ICA di Londra nel febbraio del 1952. Ha espresso con talento inaudito il mondo delirante e anarchico dello scrittore francese nel suo mondo estetico. Ha prodotto un’altra realizzazione per il palcoscenico nel 1968 per il teatro di marionette di Stockholm: si tratta de l’Opera da quattro soldi di Bertold Brecht.
Non è facile riassumere qua tutti i pensieri che Franciszka Themerson ha potuto sviluppare nella sua opera: quasi tutto rimane da scoprire. In Inghilterra non è mai stata presa in considerazione, diversamente da tanti artisti, da Turner al gruppo del Bloomsbury, senza dimenticare Wyndham Lewis e i membri del gruppo vorticista. Con il bel libro di Nock Wadley e il lavoro di curatrice e d’archivista di Jasia Reichardt, è sicuro che troverà il suo posto nel pantheon dell’arte moderna del novecento. Franciszka Themerson, Nick Wadley, Franciszka Themerson Idea Books (Olanda).