Globalpandemia

L’èra del global. Tutto è global. Si tratta di un’èra, certo, che, nelle sue future ramificazioni e complicazioni, è forse destinata a coincidere con la fine del pianeta. L’ultima delle ère che nei millenni hanno ritmato la storia di tanti popoli e tante culture. La dimensione socio-esistenziale global dà a questa èra, nostra e futura, caratteri di assoluta novità. Tutto è inedito. Per nostra sfortuna, da questa rivoluzionaria novità si salva solo il comportamento umano, da sempre tendenzialmente malvagio, irresponsabile, guerrafondaio, autolesionista.

Oggi, come non mai: autolesionista. Non si rende conto che distruggere la terra è come dare fuoco alla propria casa dove dorme, mangia e fa figli. Ognuno, quando si guarda allo specchio, conclude: e io da solo che posso fare? È tutta la gente a farlo. Ma quelli che determinano la vita politica ed economica globale non lo fanno, perché non hanno tempo. Per loro davvero la vita è denaro. Non nel senso che serve (pensiero della gente), ma nel senso della moltiplicazione esponenziale del denaro. E la sosta allo specchio, ammesso che quel pensiero si affacci, sarebbe molto pregiudizievole per il progetto denaro-potere. Una spinta a vario grado connaturata, con la sola differenza che c’è chi può e chi non può. L’inedito è che questa spinta oggi non ha confini, né geografici, né etici, né politici, né antropologici, né culturali. E neanche civici, cioè niente azioni o reazioni civili dei cives, vale a dire, ormai, di tutti gli abitanti del pianeta. Che è poi è l’unica condizione in cui possiamo dirci, se proprio si vuole e beffardamente, nazionalisti.

Tutti solamente gente, senza più alcuna mediazione, né di classi sociali né di deterrenti occasionali o involontari. Il mondo è irreversibilmente diviso in coloro che possono e in coloro che non possono. Quelli che non possono sono tali in via definitiva a causa  dell’incontrollabile strapotere dei primi. Coloro che non possono vorrebbero che il denaro fosse funzionale alle proprie irrimandabili esigenze. Coloro che possono concepiscono solo il denaro per il denaro (come richiamato nella header di questa testata). Non bastasse, i Paperoni, gli dei dell’Olimpo, distruggono il pianeta. In che modo? Non occupandosene con opportuni investimenti e piuttosto dirottando su altro le ipocrite risorse a suo tempo stanziate. Non bastasse, la posizione di coloro che non possono si aggrava a causa del fatto che il pianeta è in via di distruzione, a causa dei disastri naturali e delle pandemie: tutto rigorosamente e inevitabilmente globale. Altro che nazionalismi, cari nazionalisti. Ti barrichi  a casa tua pensando così di proteggerti dal fuoco minaccioso che si propaga all’esterno.

E va da sé che una policy globale, di ben progettata e decisionista invasione socioeconomica del mondo, quale è quella cinese, è un’esperienza apicale fra le tante che incombono in fatto di pandemie in un’èra in cui siamo tutti incessantemente presenti, e non solo  “in rete”. Virus a filo doppio, nel mondo della fisicità e in quello della virtualità. Una sinergia demoniaca. E paradossalmente in qualche caso potrebbro presentarsi occasioni di dialogo “fraterno” fra globalpolicies, di sospensione di ogni tatticismo o ostilità. Questo, quando eventuali regimi forti stabilmente arroccati su se stessi, come appunto la Cina, adottassero una speciale costruttiva trasparenza (cosa non facile, certo) e disponibilità alla collaborazione scientifica.