Biarritz val bene una vacanza

fotografia, colori, esterno, castello bianco su sperone roccioso in riva al mare, alberi a destra, sfondo mare e cielo azzurri
Biarritz, Villa Belza, opera dell’ architetto Alphonse Bertrand (1880-1895)
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Biarritz, Villa Belza, opera dell’ architetto Alphonse Bertrand (1880-1895)

GIOVANNI CARUSELLI – Di revocare o ridurre le sanzioni all’Iran non se ne deve neanche parlare, dice Trump, al termine del G7 ai politici europei. Emmanuel Macron si affretta a presentare ai colleghi Mohammad Javad Zarif, ministro degli Esteri di Teheran, appena arrivato per perorare la sua causa. Ma neanche questo coup de théâtre sposta di un millimetro Donald e i suoi. Si rifiutano di parlargli. L’Iran non dovrà arrivare a possedere armi nucleari costi quel che costi, e su questo anche gli europei sono d’accordo. Trump ci tiene a chiarire che non ha conferito alcun mandato a Macron per trattare con l’Iran la questione e il Presidente francese è costretto a confermare. Anche perché la trattativa, in realtà, la stanno portando avanti inglesi e tedeschi.

Ma c’è di più. Il presidente a stelle e strisce inveisce contro i cinesi, che si permettono di rispondere colpo su colpo alla sua offensiva commerciale a forza di dazi doganali. Com’è sua abitudine, conclude, però, che anche i cinesi vogliono un accordo e quindi sarebbe possibile trovarlo. Ma si pente di non avere applicato dazi doganali ancora più alti. Due giorni prima ha invitato tutte le grandi aziende statunitensi a levare le tende dal territorio cinese, trovare un’alternativa o, meglio ancora, tornare a casa e dare lavoro agli americani. Twitta testualmente «Non abbiamo bisogno della Cina e, francamente, staremmo tutti molto meglio senza». https://it.reuters.com/article/topNews/idITKCN1VD1UL

I leader europei, in questo caso uniti, tentano di calmarlo. Loro vogliono la pace perché le barriere doganali rischiano di diventare disastrose per tutti, possono innescare un domino di crolli finanziari concatenati l’uno all’altro. Bisogna fare lavorare la diplomazia, stabilire obiettivi comuni, perseguirli con trattative articolate. Ma Trump non ha paura di eventuali conseguenze economiche della sua politica e, infatti, incoraggia pubblicamente Boris Johnson a concludere in un modo o nell’altro la trattativa per l’uscita del Regno Unito dall’Unione. Come al solito, il grande Donald non usa mezzi termini e, secondo la BBC, dichiara che con l’uscita dalla UE Londra «si libera dei ceppi che aveva alle caviglie». Johnson è l’uomo giusto e gli USA sono pronti a sottoscrivere trattati commerciali vantaggiosi per tutti con i cugini d’oltre Atlantico. Anzi, per dimostrarlo, coinvolge il primo ministro giapponese Shinzō Abe, facendogli attestare la convenienza del trattato bilaterale che Tokyo e Washington hanno appena abbozzato. Inoltre nega che gli USA siano vicini alla recessione e accusa i media del suo Paese di diffondere paure ingiustificate.

Si era anche detto che si sarebbe ipotizzato il rientro della Russia nel G7 – che così tornerebbe a essere G8 – ma anche qui niente da fare. Contraddicendo le sue precedenti aperture Donald dice che è troppo presto. Le trattative sulla questione della Crimea e dell’Ucraina devono andare avanti ancora un po’ per riabilitare Mosca di fronte ai governi occidentali. Sull’Amazzonia – almeno questo – tutti d’accordo: bisogna aiutare le popolazioni colpite, spegnere gli incendi, ecc.

Ci vuole una discreta riserva di ottimismo per non preoccuparsi del futuro. Anche perché fino ad ora non si è parlato ufficialmente dei dazi che colpirebbero l’Unione Europea, in particolare sui vini francesi e soprattutto sulle automobili tedesche. Non si è parlato neanche della contrarietà degli USA agli acquisti europei del gas russo e di tante altre questioni. I neoeletti alle cariche più importanti della UE dovranno se non contrastare il principio di un’America first, almeno evitare il pericolo di un’Europa last. Il G7 si era aperto con un imperativo slogan «Lotta alle disuguaglianze». Qualcuno ne ha sentito parlare?