Festival di Sanremo 4, sotto il segno di Malika

nella foto a colori si vede il volto in primo piano della cantante Malika Ayane con i capelli corti mossi di colore biondo e nero
La cantante Malika Ayane

Non è certo un nome nuovo, e il successo le arride da tempo. Ma si tratta di una voce e di un volto nuovi di una nuova generazione. Spigliatezza fino al punto da sembrare non-chalance. Fonde melodia post-Ariston fino a risultare ben poco italiana. Non a caso nel 2009 ha cantato al Blue Note di Milano, città dove Malika Ayane è nata nel 1984.

Non è certo la sua prima volta al Festival di Sanremo (e premi importanti non le sono mancati), ma l’ormai internazionale cantante e autrice (spesso con Ferdinando Arnò; Feeling Better le dà subito amplissima notorietà) rappresenta il messaggio di novità che viene dalla riviera ligure, pur nel clima “innaturale” che la pandemia conferisce al palco dell’Ariston.

Non stiamo dicendo che sia la voce più bella in assoluto, ma bella e originale lo è di sicuro se si considera l’età, la qualità professionale (a partire dalla sua formazione in conservatorio e dalla sua presenza, da ragazza, nel coro delle Voci Bianche della Scala). E questo fino ad essere cooptata o richiesta da icone della pop, Paolo Conte, Andrea Bocelli (che a chi scrive non piace molto, ma questo non è rilevante), Francesco De Gregori (che non mi ha mai entusiasmato, ritenendolo uno dei cantautori “profeti”  – lo dico con riferimento al tono diciamo “biblico”).

Malika modula il timbro profondo tondo pieno caldo della sua voce con naturalezza e sorprendente efficacia. Questo anche nel senso che non facilmente puoi prevedere dove quel preciso andamento approderà, o “si risolverà”, come si dice in musica. Un’esperienza non facile nell’universo canoro dove il trasgredire le aspettative è demonizzato. Cadenza, ritmo e comportamento (naturalmente flessuoso e dolce) colludono armonicamente, e catturano l’orecchio e l’occhio. Virtualmente, e quasi a mo’ di sinestesia, gli altri sensi sono sollecitati, perché percepisci un senso di “bello” (di proposito non dico bellezza, per enfatizzare con maggiore sicurezza un valore eminentemente estetico).

Per il resto, vecchi grandi nomi, sempreverdi, spettacolarizzazioni kitsch, la prevalenza inevitabile di ritmi scontati provenienti da voci-format. E l’Ama-Fiore in avanspettacolo per risollevare lo spirito.