Dentro lo spirito del voto

Autunno. Cadono le foglie. È una nota di romantica malinconia che però ti fa proiettare verso la primavera, quando tutto risorge, come emblematicamente si legge nella Venere del Botticelli. L’autunno dell’economia italiana e di molte altre, non fa vedere il futuro.

Diversi Paesi membri non hanno inteso giovarsi della possibilità di avere prestiti dall’Europa e si sono limitati ad accogliere i soldi a fondo perduto. L’Italia invece ha dato fiato alle fanfare per il grande prestito avuto da Bruxelles.

La congiuntura

Viviamo una congiuntura pesante: la tragica crisi climatica (che ormai si impone anche agli occhi dei potenti infingardi), quella energetica, tra energia elettrica e gas (i kilowattora hanno registrato impennate stratosferiche, fino a punte di 800 – ottocento – volte in più) nullificando ogni buona volontà delle imprese nel cercare di resistere e mettendo in gravi difficoltà le famiglie). Si aggiunga ancora l’impegno finanziario atlantista in una guerra (Ucraina) eminentemente strumentale sul piano geopolitico (iniziata nel 2014, continua e continuerà); il PNRR ancora in aria; Il lavoro sotto minaccia per chi ce l’ha e senza speranze per chi non ce l’ha, non ultimi i giovani ai quali è negato il futuro; la pandemia che – speriamo di no – incombe con i primi freddi, come negli anni precedenti.

Principi presunti o simulati

In rapporto a questa catastrofe in buona parte annunciata, cosa fa la politica impegnata nell’agone elettorale dopo avere vissuto un lungo periodo di detronizzazione? Ogni partito ha scritto il proprio menu del giorno giocando intorno a taluni propri principi.  Principi presunti o simulati, visto che di posizione ideologica netta e chiara nessuno vuol sentire, ammesso che ve ne sia qualcuna da qualche parte.

State sereni, compagni

Basti pensare che il Pd, dopo la sua destrizzazione ad opera di Matteo Renzi, ora, con il nuovo corso (nuovo?) di Enrico Letta, ha preferito diventare polivalente, fiducioso di prendere voti di qua e di là, e dicendo agli elettori di sinistra “state sereni, compagni”. A parte qualche partitino, è Giorgia Meloni la leader che esibisce decisionismo e “vecchia” coerenza e inoltre fa sua, unico caso ormai, la spinta populista superstite che, per naturale processo revisionistico, il M5S e la Lega hanno perso.

L’elettore è stanco. Stanco di non vedere mai una policy seria, stanco di vedere sbandierare, nella campagna elettorale, meri slogan ribolliti, arrabbiato per vedere assottigliarsi sempre di più ogni speranza di recovery. Ma I partiti continuano a confidare nel fatto che la gente è distratta, capisce poco, si affida all’umore al momento del voto, magari influenzata da chi ha gridato più forte o è stato più presente in televisione.

I pomodori in faccia

Non è più così. Piuttosto la minaccia della scalata della povertà, anche presso ceti sociali insospettabili, potrebbe comportare un ritorno ai tempi in cui particolarmente la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista distribuivano pane e pasta agli elettori. Questo richiamo non vuole essere un suggerimento alle sigle in lizza perché subirebbero il linciaggio a base di vettovaglie, come i pomodori, così come accadde a Filippo Tommaso Marinetti e ai suoi futuristi.

Non è più l’elettore di un tempo

L’elettore è diventato maturo e responsabile e non tollera più le filastrocche della nonna. Chiaro, il riferimento è all’elettore laico, quello che non milita fideisticamente, con l’azione o col semplice convincimento, in un partito in lizza. L’elettore maturo vuole progetti responsabili e non sbandieramenti di promesse. Questa acquisita maturità lo porta a diffidare dei programmi tutti rose e fiori capaci di far sorgere il sole anche la sera. Il nuovo elettore vuole soprattutto sapere circa la copertura finanziaria delle azioni in cartellone, vuole capire il rapporto fra entrate e uscite, ha consapevolezza che l’aumento del debito non è una buona premessa per mantenere le promesse.

Se  l’esasperazione prende la via dell’estroversione

È da considerare irresponsabile o dotato di scarso senso civico l’astensionista mosso dalla piena consapevolezza che nulla cambierà a proposito della politica autoreferenziale? Che tale è perché è in grande crisi di credibilità e quindi deve pensare alla propria sopravvivenza, quasi fosse corpo avulso da quello degli amministrati. Che è anche la sopravvivenza dei singoli parlamentari-impiegati preoccupati per il loro posto di lavoro altamente remunerato in barba a chi non ne ha alcuno e per nutrirsi deve ricorrere alle organizzazioni caritatevoli. Se non si cambia, forte è il rischio che l’esasperazione prenda la via dell’estroversione con conseguenze imprevedibili. E fra queste è da considerare il regime non democratico sempre in agguato, e poco importa che sia di destra o di sinistra.

Finalmente votare, ma è un piacere amaro

Astensionismo annunciato, purtroppo. Certo, votare è un dovere civico. Magari pensando al meno peggio, a dispetto del tarlo che nulla cambierà. Certo, dopo anni di astensionismo coatto, sarà purtroppo un piacere amaro infilare la scheda nell’urna. Come fosse un’urna funeraria.