Il debito, il risparmio e la precarietà

La foto mostra la parte anteriore di un'auto verde anni '50. la vernice è in gran parte sbiadita e la vettura si presenta in generale in condizioni pessime. Sullo sfondo è visibile un garage dal portone arruginito

Il quesito più inflazionato in questi mesi è sicuramente questo: cosa cambierà dopo il Covid? Probabilmente occorre una risposta che si articoli sul piano economico, politico e psicosociale.

Dal punto di vista economico i Paesi che sono costretti a fare molto debito pubblico per affrontare la crisi, dovranno poi recuperare più lentamente di altri, soprattutto se le esportazioni giocano un ruolo importante nel loro sistema.

Ma qui entrerà in gioco il clima psicologico creatosi nei mercati di consumo. Milioni di famiglie si erano abituate a indebitarsi sistematicamente per soddisfare le loro esigenze – non sempre necessarie – con la ragionevole sicurezza di potere fare fronte ai debiti.

Di colpo, con i licenziamenti, le chiusure di attività commerciali, la forte riduzione di quelle immobiliari, ecc. questa certezza è crollata ed è riemerso un vecchio concetto quasi dimenticato: il risparmio e l’importanza dei beni durevoli. Ma non si tratta solo di questo.

Fino a qualche mese fa era normale pensare al futuro con la prospettiva di una crescita – più o meno consistente – dei propri guadagni.

È probabile che in futuro si pensi più al consolidamento del benessere che alla crescita di esso.
Consolidamento significherà precauzioni contro la precarietà, stabilizzazione dei flussi del dare e dell’avere, razionalizzazione delle spese.

Le ventate di nazionalismo economico che spirano in queste settimane – per quanto pericolose – non sono del tutto ingiustificate. Gli europei e gli americani si chiedono perché devono comprare automobili giapponesi e coreane, dal momento che l’importazione di esse avrà pure un costo supplementare, e lo stesso faranno i giapponesi e i coreani.

Le catene di approvvigionamento di materie prime e manufatti non necessariamente dovranno essere così lunghe, costose e pericolose, dal momento che la tecnologia ormai può quasi azzerare la densità del lavoro umano che prima richiedevano certe lavorazioni.

In altre parole ci sarà forse un ripensamento sul consumismo esasperato e una rivalutazione; di quella moderata frugalità che è sempre stata un’assicurazione contro gli imprevisti. D’altra parte la situazione ecologica del pianeta richiede dei cambiamenti, nei confronti dei quali la sensibilità comune sembra lentamente crescere.