Il progetto di Carmelo Rifici, i dieci anni del LAC
In occasione del decimo anniversario del LAC di Lugano, il direttore artistico della sezione teatro, Carmelo Rifici, cura la messa in scena di due capolavori della letteratura russa: Tre sorelle (1900) e Il gabbiano (1895) di Anton Čechov, uniti idealmente nel Dittico della bufera. Le due opere, sul palco del teatro sia singolarmente sia nella formula “maratona”, segnano un passaggio cruciale nella vita dello scrittore russo, in profonda crisi esistenziale, e per la Russia zarista, segnata da tensioni sociali.
Tre sorelle
Tre sorelle e Il gabbiano sono opere profondamente radicate nel contesto della Russia di fine Ottocento e inizio Novecento, periodo segnato dalla decadenza della nobiltà, dall’ascesa della borghesia, dalla crescente insoddisfazione sociale. Le due opere rappresentano la vita di provincia caratterizzata dalla monotonia quotidiana, metafora della crisi di valori e dell’incapacità di adattamento a nuove condizioni sociali. Tale aspetto è più marcato in Tre sorelle, opera più matura, nel quale non deve sfuggire che fra i temi affrontati vi sono il declino delle figure militari e l’ascesa di quelle femminili.
I militari di Tre sorelle sono colti, come il barone Tuzenbach – che Irina accetterà di sposare senza amarlo – uomo leale e moderno, che da ufficiale si fa borghese e avverte i cambiamenti in atto, personaggio al quale Čechov fa pronunciare “…verrà una bella, violenta bufera…”. Si passerà dalle armi al lavoro, poiché fra i popoli civili il duello non è più in uso. E proprio lui cadrà morto in un duello, cedendo all’irrefrenabile attrazione del rituale barbarico dal quale si vuole liberare.

Il gabbiano
Se in Tre sorelle si afferma che il mondo cambierà, diventerà meraviglioso fra due o trecento anni, con Il gabbiano il testo presentato al LAC è in larga parte riscritto superando l’auspicato cambiamento che non è avvenuto, come la Storia dimostra. L’attualizzazione del testo allarga il terreno sul quale Čechov si muove, mantenendo sullo sfondo le questioni d’amore e accorpando il tema della crisi del teatro nel dramma della società attuale, scossa da conflitti e disuguaglianze.
Venti giovani attori per un importante progetto
Carmelo Rifici e i suoi venti giovani attori nel Dittico della bufera affrontano Čechov con uno sguardo contemporaneo, chiedendosi come possano essere interpretati questi drammi, alla luce degli eventi storici e sociali attuali.
Per le messe in scena Rifici rimane fedele al proprio stile, raffinato e ricco di simbologia, ma decide di trattare diversamente le due opere, mettendo in dialogo l’interpretazione e la riscrittura.
Le due opere del Dittico
Nel Dittico della bufera, Tre sorelle viene rappresentato senza modifiche testuali, ma con una forte attenzione all’interpretazione. Il gabbiano è invece oggetto di riscrittura da parte dell’attrice Livia Rossi che inserisce riferimenti alla storia recente e dialoga con gli scritti di Anna Politkovskaja e Svetlana Aleksievič.
Politkovskaja, giornalista russa uccisa nel 2006, conosciuta per le sue inchieste sulle guerre in Cecenia e sulle persecuzioni dei dissidenti, è diventata un simbolo della lotta per la verità e la libertà di espressione. Aleksievič, premio Nobel per la letteratura nel 2015, ha raccontato nei suoi libri le tragedie dell’Unione Sovietica e della Russia post-comunista, subendo persecuzioni dal regime bielorusso di Lukašėnka.
Livia Rossi e la nuova scrittura di Il gabbiano
La nuova drammaturgia di Il gabbiano opera una mescolanza tra i dialoghi originali di Čechov e riferimenti alla recente storia di persecuzioni contro i dissidenti, come nel caso della Politkovskaja il cui scritto sulle violenze subite dai militari russi definisce il personaggio di Sorin. Egli nello spettacolo di Rifici non è un ex Consigliere di Stato, bensì un ex poliziotto e su una sedia a rotelle.
Livia Rossi inserisce inoltre numerosi rimandi a figure del teatro russo e internazionale perseguitate o censurate, come la celebre attrice Lyudmila Maksakova e il regista lituano Rimas Tuminas, costretto a lasciare la Russia nel 2022 a seguito di minacce e pressioni politiche e morto poi in Italia nel 2024.
Il Dittico, opera contemporanea
La scena in entrambe i lavori è ampia e profonda, con l’uso del sipario che accompagna la parte iniziale del “teatro nel teatro” de Il gabbiano. Ma è nel primo atto che si prendono marcatamente le distanze dal testo di Čechov: l’opera teatrale di Kostantin, figlio di Irina e drammaturgo in cerca di nuove espressività, è un pezzo rap, cantato dall’aspirante attrice Nina con un microfono autotune. In più, il testo è una aperta denuncia sociale che dà voce agli artisti emarginati dal sistema politico. È la Russia contemporanea a essere rappresentata, con dinamiche che ricordano quelle del passato.
Čechov e il Dittico
Nonostante i cambiamenti apportati al testo, nulla di Čechov è snaturato. Al contrario, Rifici e Rossi aggiungono elementi sociali più vicini a noi, ciò che rende l’intero progetto un riflesso del mondo reale. In entrambe le opere la cura dei tempi scenici e la continuità dell’azione non vengono mai meno, grazie alle capacità degli attori sempre a loro agio negli ampi spazi scenici del LAC. Ottima la direzione luci e delle sonorità, equilibrato e mai fuori luogo l’uso delle immagini.
Infine, il Dittico della bufera è senza dubbio di un lavoro che rompe con la tradizione, non tanto per una scelta scenografica o per l’assenza di costumi primo Novecento, quanto per il coraggio di leggere un classico russo attraverso una prospettiva contemporanea e storicamente consapevole.
Bravo il cast di giovani attori, nonostante alcune interpretazioni siano risultate meno convincenti o ancora acerbe, ma ben compensate dalla maturità di Catherine Bertoni de Laet, Marta Malvestiti e Jonathan Lazzini.
Tre sorelle di Anton Cechov
con (in ordine alfabetico)
Catherine Bertoni De Laet, Silvia Di Cesare, Daniele Di Pietro, Ion Donà, Sara Mafodda, Marco Mavaracchio, Davide Pascarella, Benedetto Patruno, Roberta Ricciardi, Edoardo Sabato, Jacopo Squizzato, Emilia Tiburzi
Il gabbiano di Anton Čechov, riscritto da Livia Rossi
con (in ordine alfabetico)
Giacomo Albites Coen, Alessandro Bandini, Matilde Bernardi, Silvia Di Cesare, Jonathan Lazzini, Marta Malvestiti, Alberto Marcello, Francesca Osso, Benedetto Patruno, Alberto Pirazzini
a cura di Carmelo Rifici
maestri Tindaro Granata, Carmelo Rifici
maestro per le scene Daniele Spanò
maestra per le luci Giulia Pastore
maestri per il suono
Brian Burgan,
Federica Furlani
maestro per il palcoscenico Giuseppe Marzoli
regista assistente Ugo Fiore
training e movimenti Leonardo Castellani
datore luci Giovanni Voegeli
scene realizzate da Matteo Bagutti presso il Laboratorio del LAC