Biennale Venezia: alla ricerca degli stati membri dell’arte

Nel Padiglione Lituania, allestito grazie a Lina Lapelyte, Vaiva Grainyte e Rugile Barzdziukaite e premiato con il Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale, siamo in una spiaggia senza mare illuminata artificialmente con comparse che fanno i bagnanti sdraiati su asciugamani colorati. È la messa in scena dell’assurdità. Il Lussemburgo, con un mare di libri aperti, Written by Water di Marco Godinho, al di là degli attuali fatti contingenti, ragiona sul Mediterraneo e sulle relazioni ambivalenti che l’umanità intrattiene con il mare. E anche per Malta i tre artisti, partendo dall’Odissea e dalla parola fenicia Maleth che si traduce in Haven / Port, vanno alle radici storiche e culturali dell’isola.

L’Olanda vive in un mondo geometrico mondrianeo. Incentrato sul problema dei cambiamenti climatici il Padiglione dei Nordici, mentre in quello della Polonia un aereo rivoltato come un calzino da Roman Stanczak, mostra all’esterno il suo interno.

Un inquietante lago nero invade gli spazi del Padiglione Romania, mentre Marko Peljhan, per la Slovenia, con In Here we go again… SYSTEM 317, lavora sugli sviluppi tecnologici nella comunicazione, nel trasporto, nella sorveglianza, sui sistemi di potere politico, economico e militare con una specie di nave pirata.

Per la Spagna Itziar Okariz e Sergio Prego riflettono sul silenzio definito da Susan Sontag un’arco di tempo perforato dal suono. Per l’Ungheria Tamas Waliczky, rifacendosi alla storia della fotografia del suo paese, costruisce 23 macchine fotografiche inventate per ragionare sui meccanismi della visione. Tradizione, storia, transnazionalità, cambiamenti climatici, tecnologia, silenzi, nuove visioni, quotidianità e, ovviamente, il mare Mediterraneo. Tutto questo ci sarebbe in un eventuale Padiglione Europa.