Balli di guerra

Balli di guerra
Jacopo Tissi

La cultura è sempre stata dalla parte della pace. Basti ricordare alcuni episodi che suscitarono forti reazioni.

La presenza del Bolshoi Ballet a Londra nel 1956, primo tour dei russi in Occidente durante la guerra fredda con una preparazione diplomatica degna di un incontro tra Capi di Stato al massimo livello, e con una sorveglianza minuziosa dei servizi, fece uno scalpore memorabile. Altrettanto il ritorno del geniale coreografo georgiano George Balanchine in Russia come ambasciatore della cultura americana, alla testa del suo New York City Ballet, nel 1962, subito dopo la crisi dei missili a Cuba.

E pure clamorosa fu la decisione di restare all’Ovest del tartaro Rudolf Nureyev, perla del Kirov di Leningrado. Infatti nel 1961, all’aeroporto parigino di Le Bourget, spiccò il famoso salto verso la libertà tra le braccia dei poliziotti francesi per non salire sull’aereo che l’avrebbe riportato in patria.

Le fughe continuarono quando Mikhail Baryshnikov e Natalia Makarova, della stessa casa madre, ne seguirono le orme chiedendo asilo artistico-politico, lei a Londra nel 1970, lui in Canada nel 1974.

Fatti archiviati nella memoria, fonte di leggenda e di propaganda, tornati a galla prepotentemente adesso. La Russia di Putin mostra ora il suo volto aggressivo nell’attacco verso l’Ucraina, mettendo a rischio gli equilibri geopolitici del dopoguerra e innescando il pericolo di una russofobia. Anche contro i suoi artisti, che ancora una volta devono scegliere.

Mikhail Baryshnikov

Il più perfetto, duttile, intelligente ballerino di scuola pietroburghese, nato a Riga nel 1947, figlio di un ufficiale dell’esercito sovietico, si è dato voce per portare aiuto alla pace e per scongiurare la penalizzazione della grandezza dell’arte russa.

Balli di guerra
Mikhail Baryshnikov in “The White Helicopter” di Alvis Hermanis

Baryshnikov negli USA ha scelto New York per vivere, lavorare, aprire il suo BAC, Baryshnikov Arts Center. Durante una carriera luminosa, classica, moderna, contemporanea, non è mai tornato in Russia.  nel 2020 la sua città natale lo ha visto interprete della pièce The White Helicopter di Alvis Hermanis nel ruolo di Papa Benedetto XVI, il Papa dimissionario con tutti i suoi dubbi e i suoi tormenti.

Il 25 marzo il Papa Emerito, insieme a Papa Francesco, aveva in programma la consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria in San Pietro.

Baryshnikov si dice stupito di come ci siano russi che seguono Putin e americani che seguono Trump. “Questo ci insegna che l’ignoranza della Storia e il fervore nazionalistico non sono esclusivi di nessun paese” ha scritto in una lettera. Aggiungendo che intende fare ciò che è in suo potere “aiutare quanti più profughi possibile”.

Con lo scrittore Boris Akunin e l’economista Sergei Guriev ha dato vita al fondo True Russia per il soccorso umanitario a chi soffre.

Si è anche espresso chiaramente dichiarando: “Do non punish Russian artists and athletes for war”. Ha precisato che bisogna comprendere le differenti prese di posizione. Anche il silenzio, da parte di chi può subire dure conseguenze per sé e per la famiglia. La repressione sulla cultura è un danno collaterale della guerra.

Ballerini

Artem Datsishin, Primo ballerino dell’Opera nazionale di Kiev è morto in ospedale a Kiev in seguito alle ferite riportate nei bombardamenti russi.

Olga Smirnova, dicendosi contro ogni guerra, ha lasciato il Balletto del Teatro Bolshoi di Mosca per Het Nationale Ballet ad Amsterdam e partecipa attivamente ai Gala in favore della pace.

Anche Bruna Gaglianone, David Motta Soares e Victor Caixeta, brasiliani, hanno abbandonato la capitale russa, dove certo per gli stranieri la vita si è fatta più difficile.

Sergei Polunin, ucraino putiniano, ha annullato i suoi prossimi spettacoli a Milano per un infortunio fisico.

Roberto Bolle e i suoi Friends a Dubai hanno esposto cartelli con la scritta Peace nei saluti finali. L’Emiro non ha gradito.

Compagnie e coreografi per la pace

I Ballets de Monte-Carlo e il Ballet Angelin Preljocaj raccolgono fondi per le vittime ucraine.

Jean-Christophe Maillot, direttore a Monte-Carlo, ha sospeso l’autorizzazione a rappresentare la sua Mégère apprivoisée nata per il Balletto del Bolshoi nel 2014, anche se il direttore Vladimir Urin è schierato per la pace.

Il Principe Carlo d’Inghilterra, uno dei patron del trust per supportare il Marinsky Ballet di San Pietroburgo, ha lasciato la sua posizione e il Charity Trust ha chiuso le porte.

Gala per la pace

Ivan Putrov, ucraino di Kiev, con Alina Cojocaru, romena, hanno prodotto Dance for Ukraine al Coliseum di Londra.

Alessio Carbone, erede di una dinastia di ballerini italiani, Premier Danseur all’Opéra de Paris, ha organizzato Ballet for Peace al San Carlo di Napoli con ballerini di grandi compagnie, tra cui russi e ucraini insieme.

Il Teatro per l’Ucraina si chiama l’iniziativa del Comunale di Ferrara che ospita l’Ukrainian National Ballet, composto da danzatori di più città, rimasti bloccati in Francia e per ora attivi all’Ovest, in Giselle e nel Lago dei cigni, e la compagnia di circo-teatro Elysium di Kiev in Alice in Wonderland.

Al Teatro degli Arcimboldi Pace for Peace, iniziativa del Comune di Milano e di Croce Rossa Italiana, raduna stelle di nascita russa e ucraina e accoglie Jacopo Tissi che, appena nominato étoile, ha dovuto lasciare il Bolshoi.

Sullo stesso tema leggi anche: La danza della guerra tra defezioni, rimostranze e silenzi

ELISA GUZZO VACCARINO 87 Articoli
Laureata in filosofia, ha insegnato storia ed estetica della danza in università italiane e straniere e alla scuola di ballo della Scala di Milano. Si occupa di danza per Quotidiano Nazionale, periodici e riviste specializzate, scrivendo anche libri. Collabora con la Biennale Danza di Venezia e il Premio Carla Fendi di Spoleto. È membro del Consiglio Superiore dello Spettacolo presso il Ministero dei Beni Culturali.