Africa Domani/ Parte 2 di 3, Il soft power russo

Africa Domani/ Parte 2 di 3, Il soft power russo
Ph: Ukrainian T-72AV with a white cross during the 2022 Ukrainian Kharkiv counteroffensive. Mil.gov.ua, CC BY 4.0
La lingua russa, obbligatoria in università

L’offensiva che i russi stanno portando avanti in Africa, in “amichevole concorrenza” con i cinesi, non è solo di carattere militare, ma anche culturale e ideologica. L’espressione soft power è ormai entrata nel linguaggio del giornalismo politico e sta a indicare l’influenza che un modello politico e sociale di una grande potenza può esercitare sulla popolazione di Paesi in via di sviluppo attraverso aiuti nell’ambito sanitario, in quello dell’istruzione e in quello dell’energia. Sorprenderà il fatto che in alcuni Stati del continente nero la seconda lingua che i giovani apprendono a scuola non è il francese o l’inglese, ma il russo e il cinese. Nella Repubblica Centrafricana (RCA) addirittura l’apprendimento della lingua russa è obbligatorio per qualunque corso di studi universitari.

Cultura e soft power

Insieme a generose elargizioni di grano, le iniziative nel mondo dello spettacolo e la cooperazione nell’organizzazione di manifestazioni sportive svolgono il loro ruolo in questa strategia di approfondimento di relazioni culturali. Quasi sconosciuti in Occidente sono gli Open Education Centers aperti dalla Russia in vari Paesi africani. In collaborazione con varie università locali essi sono finalizzati con successo alla diffusione della cultura e del sistema politico russi.

Corsi gratuiti di lingua e cultura russa si tengono in vari Paesi fra cui il Kenia, l’Egitto, lo Zimbabwe, l’Uganda, l’Etiopia, la Tanzania, la Tunisia e la Repubblica Democratica del Congo. Con il supporto dei mercenari  della ex Compagnia Wagner – ribattezzata Afrika Korps – i militari di Mosca sorvegliano la costruzione di infrastrutture progettate da ingegneri russi, tengono a bada gruppi antigovernativi, reprimendo la guerriglia continua che minaccia la sicurezza della popolazione e sostituiscono la presenza europea, soprattutto francese, che non ha dato certamente buona prova di se negli ultimi 50 anni.

Media, sotf power e propaganda

Lo sforzo propagandistico antioccidentale russo e cinese passa attraverso i social o reti radiofoniche, come Russian Time, e sembra conseguire risultati notevoli dal punto di vista del consenso diffuso che ottengono. E non c’è da stupirsi che sia così se consideriamo – ad esempio – che i russi stanno dando vita a strutture minime di tutela in ambito medico a favore di popolazioni costantemente minacciate da malattie epidemiche. La creazione di due Centri di Ricerca contro le malattie infettive nella Repubblica di Guinea e nella Repubblica del Burundi ha avuto grande risonanza nell’opinione pubblica di molti Paesi africani.

Gruppi mercenari e controllo dell’ordine pubblico

Il Mali e il Burkina Faso accolgono la presenza di mercenari russi per tutelare la popolazione dagli attacchi terroristici di varie organizzazioni estremistiche di stampo jihadista. Anche il Ciad e il Niger, Stati francofoni scossi di frequente da insurrezioni violente, stanno stringendo accordi di cooperazione con Mosca per instaurare un ordine pubblico che permetta qualche passo avanti in ambito economico.

Ovviamente Mosca ottiene da questa politica vantaggi politici e materiali. Circa metà dei Paesi africani si sono rifiutati di condannare pubblicamente l’invasione dell’Ucraina. Il sottosuolo di quasi tutti gli Stati in cui operano i russi è ricco di oro e diamanti, e di materie prime essenziali per la fabbricazione di merci in ambito telematico. Inoltre l’autorizzazione concessa da vari governi a Mosca riguardo alla costruzione di basi militari, tende a combattere la narrativa di una Russia isolata dal resto del mondo, imperialista e guerrafondaia.

È in questo ambito che i diplomatici del Cremlino incontrano le maggiori difficoltà, in quanto devono operare in Paesi in cui la legalità e il controllo del territorio sono stati, e sono, quasi sconosciute. I mercenari, poi, si lasciano andare a violenze non diverse da quelle degli antichi colonizzatori che si sono ritirati o sono stati espulsi, a cui la popolazione risponde con azioni di sabotaggio.

Il fallimento dell’Ue in Africa

L’Unione Europea assiste passivamente a questo fallimento di cui è in parte responsabile la sua classe politica. Interviene – con iniziative spesso discutibili – negli Stati rivieraschi mediterranei per difendersi dalle ondate migratorie che si muovono dal Sud al Nord. L’eurocentrismo è duro a morire e molto pericoloso per il futuro del continente